Una fotografia di Ettore Majorana in Venezuela negli anni ’50, chiude per sempre un mistero che ha appassionato gli italiani poco prima della Seconda Guerra Mondiale

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Ettorie Majorana

Un vecchio caso di cronaca è stato in parte risolto, dopo che dal 27 marzo del 1938, ogni traccia era svanita nel nulla, con mille supposizioni a seguito.
La foto è inconfondibile (nonostante la vecchiaia), lo stesso figlio lo ha riconosciuto: è Ettore Majorana, il celebre scienziato scomparso agli albori del secondo conflitto mondiale, chiaramente presente In Venezuela(precisamente a Valencia), alla fine degli anni ’50.

Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani ha accertato che è proprio lo scienziato, l’uomo fotografato con l’immigrato meccanico Francesco Fasani: Majorana (che si faceva chiamare Bini) fu immortalato mentre stava erogando un prestito a Fasani.

Questa è la dichiarazione di Laviani:

I risultati della comparazione, hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei particolari anatomici di Majorana (fronte, naso zigomi, mento ed orecchio) con quelle del padre. A conferma di quanto accertato, anche una cartolina che Quirino Majorana (zio di Ettore e altro fisico di fama mondiale) scrisse nel 1920 ad un americano, W.G. Conklin, fu trovata dallo stesso Fasani nella vettura di Bini-Majorana.
Il fatto conferma ancora di più la scoperta:” la vera identità di costui come Ettore Majorana, stante il rapporto di parentela con Quirino, la medesima attività di docenti di fisica e il frequente rapporto epistolare già intrattenuto tra gli stessi, avente spesso contenuto scientifico”.

Il documento conferma che lo scienziato visse in Venezuela dal 1955 al 1959: sembra che Majorana si fosse reso conto delle pericolose scoperte atomiche e avesse deciso di fuggire.

Chi era Ettore Majorana?

Uno scienziato che decise di collaborare con Enrico Fermi e quel gruppo di giovani geni, conosciuti come “I ragazzi di via Panisperna”.
Nipote d’arte (suo nonno fu anche un ministro), proveniva da una famiglia di laureati e istruiti: dotato di una passione non comune per la matematica, s’iscrisse in ingegneria, ma in seguito si laureò in fisica, giacchè conobbe Enrico Fermi.
Nel 1933 andò in Germania: fu colpito dalla magnificenza del regime nazista, al punto di creare perplessità in Enrico Fermi ed Emilo Segrè (il primo aveva una moglie ebrea e il secondo era lui stesso di origine semita), a causa di frasi contraddittorie e talvolta antisemite.

E’ giusto ora analizzare il Majorana uomo.

Di natura lo scienziato aveva un carattere distaccato, critico e scontroso, al punto di essere definito “il grande inquisitore”.
Ecco la descrizione che ne da Laura Fermi, la moglie di Enrico.

« Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea. »

Il soggiorno in Germania poi lo mutò improvvisamente, deteriorando definitivamente il carattere: curò sempre meno l’aspetto fisico (facendosi crescere barba e capelli), frequentò saltuariamente il team di Enrico Fermi, non ricevette visite e neppure corrispondenze (scrivendo sulle buste un macabro messaggio che annunciava la morte del destinatario) e cominciò a studiare argomenti misteriosi.
I suoi stessi famigliari ne davano testimonianze preoccupate ma, nello stesso tempo, ipotizzavano un dramma famigliare che lo avrebbe sconvolto:

« Majorana aveva continuato a frequentare l’Istituto di Roma e a lavorarvi saltuariamente, nel suo modo peculiare, finché nel 1933 era andato per qualche mese in Germania. Al ritorno non riprese il suo posto nella vita dell’Istituto; anzi, non volle più farsi vedere nemmeno dai vecchi compagni. Sul turbamento del suo carattere dovette certamente influire un fatto tragico che aveva colpito la famiglia Majorana. Un bimbo in fasce, cugino di Ettore, era morto bruciato nella culla, che aveva preso fuoco inspiegabilmente. Si parlò di delitto. Fu accusato uno zio del piccino e di Ettore. Quest’ultimo si assunse la responsabilità di provare l’innocenza dello zio. Con grande risolutezza si occupò personalmente del processo, trattò con gli avvocati, curò i particolari. Lo zio fu assolto; ma lo sforzo, la preoccupazione continua, le emozioni del processo non potevano non lasciare effetti duraturi in una persona sensibile quale era Ettore. »

Nel 1937, si sposta improvvisamente a Napoli, ove continua i suoi studi, più che mai appartati e misteriosi: ed è da Napoli che improvvisamente scompare.
La sera del 25 marzo 1938, Majorana prende un traghetto e passa due giorni di riposo a Palermo, consigliato dagli amici dato il suo comportamento atipico.
Il giorno stesso della partenza scrive una lettera a un amico, dal contenuto inquietante:

« Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo. »

Una diversa lettera è ricevuta dai famigliari:

« Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi. »

Il 26 marzo scrive una seconda lettera al suo amico, dai toni più concilianti:

« Caro Carrelli,
Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli. »

Purtroppo però dal quel viaggio, Majorana non tornò più.
Sollecitato da Fermi, Mussolini fece ricerche a tappeto per trovare lo scienziato: fu proposta una ricompensa di trenta mila lire.
In tanti ammisero di averlo visto a Napoli, di averlo scorto mentre abbandonava il traghetto: evitando quindi l’ipotesi di suicidio in mare.
Il giorno prima di salpare da Napoli, consegnò a una studentessa dei documenti, destinati a essere perduti nel tempo.

Brancolando nel buio, poche certezze erano definite:

1-Lo scienziato era preciso con le parole ed è quindi chiaro che aveva sempre parlato di “scomparsa” e mai di suicidio.
2-Majorana prima di partire portò via con se il passaporto e prelevò una grossa somma (l’equivalente dieci mila dollari attuali), un comportamento strano per un aspirante suicida.

Almeno tre ipotesi furono formulate, di cui una, alla luce delle indagini odierne, è vicina alla realtà.

1-L’ipotesi monastica.
Secondo l’opera di Leonardo Sciascia, in “La scomparsa di Majorana”, lo scienziato, memore delle sue frequentazioni giovani dei Gesuiti, si sarebbe rinchiuso per sempre nella “Certosa di Serra San Bruno”.
Fu inviata una lettera al Pontefice Pio XII ma senza alcuna risposta e colpì la sibillina frase di un padre guardiano di Napoli: “ perché volete sapere dove è ? l’importante è che egli sia felice”.

-2 L’ipotesi del mendicante.
Un certo Tommaso Lipari girava per le strade siciliane vestito come un barbone, ma con una cultura scientifica da lasciare stupiti: aveva una cicatrice sulla mano destra (tipica di Majorana) e usava un bastone, con incisa la data di nascita dello scienziato.
Al suo funerale partecipò fin troppa gente, a seguito della morte di un semplice barbone: fu però l’allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino, che identificò lo stesso barbone con un delinquentello uscito di galera nel 1946, sfumando quindi l’affascinante ipotesi di Majorana.

Altre ipotesi affascinanti accennano a un’eliminazione “politica” tra i diversi scienziati (evitando che qualcuno di loro passasse alla corte di Hitler) o a un presunto incontro dello scienziato con suo fratello.

L’altra ipotesi invece può perfettamente combaciare con la definitiva scoperta di oggi.

Probabilmente Majorana tornò segretamente in Germania per lavorare col Terzo Reich, fuggendo poi in Argentina, alla fine del conflitto mondiale: molta gente l’ha visto a Buenos Aires intorno agli anni ’60.
E quindi lecito che alla fine degli anni ’50, si trovasse in Venezuela.
Majorana collaboratore dei nazisti o Majorana umanamente pentito di aver ideato un’arma di distruzione? Nessuno lo saprà mai, ma un pezzo del mistero è stato finalmente risolto.

Rey Brembilla

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