Dal 1948 l’autentica umiltà non saliva al Quirinale: forse è questa la volta buona?

Enrico De Nicola, al Quirinale dal 28 giugno 1946 sino all’11 maggio 1948

Enrico De Nicola, al Quirinale dal 28 giugno 1946 sino all’11 maggio 1948

L’immaginazione pensava a un presidente istituzionale, serio, di poche parole e vagamente ieratico: Mattarella lo è.
L’immaginazione pensava a un classico monolite democristiano, rigido, conservatore del potere e amante dei suoi gangli: Mattarella pare non esserlo.

Ha già dato dimostrazione di umiltà con alcuni piccoli atti: l’ostentata utilizzazione della sua Fiat Panda (gli altri presidenti usavano già le auto blù, presidenziali), la visita a Palermo con l’aereo di linea (altri usavano quello presidenziale) e infine la decisione di lasciare aperto, gran parte del Quirinale, al pubblico, tutto la settimana (e non in giorni precisi, come in parlamento).
Finora, da molti anni, non si vedeva un capo di stato così umile: qui non si parla di umanità o simpatia (finora non dimostrata da Mattarella, anche per carattere) che ad esempio aveva Sandro Pertini, ma semplicemente di umiltà e discrezione.

Un solo esempio è passato alla storia: il primo presidente provvisorio, Enrico De Nicola, al Quirinale dal 28 giugno 1946 sino all’11 maggio 1948.
Illustre politico e giurista napoletano, l’uomo era prudente fino all’inverosimile, totalmente indeciso: “Decida di decidere, se accetta di accettare”, era il motto che più volte gli supplicavano.
Celebre furono le sue numerose dimissioni, data la sua indecisione: da capo dello stato (poi immediatamente rieletto), da presidente senato e da quello della neonata Corte Costituzionale.
Era preciso, fino al punto di annotare su un taccuino le diverse “regole” atte a essere bravi presidenti della Repubblica: Einaudi lo volle recuperare (una volta succeduto al Quirinale) ma, curiosamente, non vi trovò nulla di scritto.

A parte queste curiose caratteristiche, fu un uomo da prendere ad esempio.
Pur eletto terza carica dello stato, come presidente del Senato, ma si dimise il 24 giugno del 1952, per protesta contro l’approvazione della “legge truffa”: le dimissioni da un potere così importante, a seguito di una motivazione etica, sono ormai rarissime.
Oggi si parla spesso d’indulgenza giudiziaria e scarsa certezza della pena: De Nicola fu chi approvò l’ultimo caso di pena di morte in Italia, rifiutando la grazia agli autori della strage di Villarbassa.
Un gesto discutibile ma indubbiamente non compromissorio.

Anche De Nicola viaggiava solo e unicamente con la sua auto, creando scompiglio tra le forze dell’ordine: il giorno dell’incarico arrivò da Torre Del Greco direttamente con il proprio mezzo.
Non accettò di vivere al Quirinale, considerando il palazzo troppo lussuoso per il suo ruolo, preferendo Palazzo Giustiniani.
Fu quasi (anzi ancora più incisivo) un pioniere del Movimento Cinque Stelle: rifiutò lo stipendio previsto (dodici milioni di lire) e decise di spendere semplicemente i propri risparmi.
L’umiltà arrivava fino all’eccesso: amava usare un cappotto rivoltato, evitando ci comprarne uno nuovo (ormai sdrucito,fu riparato gratuitamente da un sarto napoletano, contro la volontà dell’uomo politico.)

I tempi sono cambiati e Sergio Mattarella non potrà emularlo del tutto: un piccolo sforzo è però già cominciato, sperando che sia costante nel futuro.

Rey Brembilla

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