Antonio Gramsci: in vita trascurato e in morte snaturato ed osannato

gramsci

L’esistenza di un gran filosofo e leader politico che fu isolato dai suoi stessi compagni di partito

Antonio Gramsci è considerato il fondatore del “Partito Comunista Italiano”: in quanto grande intellettuale e martire del fascismo, egli fu amato ed idolatrato dagli esponenti del suo partito e da chiunque avesse onestà intellettuale.
In realtà le ultime testimonianze chiariscono come Gramsci, quando era in vita, fu allontanato: dal suo partito, dai famigliari e dallo stesso Stalin.
Solamente dopo la sua morte, gli scritti furono esaltati, seppur opportunamente corretti.

Gramsci fu sfortunato fin da neonato.
Era un bel bambino, a detta della sua amica e coetanea Nenetta Cuba (“Vita di Antonio Gramsci”), seppur dall’aspetto cagionevole: quando era piccolo cadde dalle braccia della domestica e si procurò un gonfiore sulla schiena; purtroppo la botta fu scoperta troppo tardi ed il gonfiore ( Gramsci era ancora neonato, quindi aveva le ossa sensibili) si trasformò in una gobba, che lo accompagnò per sempre(“Gramsci e Gobetti”).
Ebbe nel frattempo altri problemi di salute, al punto che la madre aveva già preparato una piccola bara ed un vestito speciale, in caso di morte improvvisa.

In contrasto con la salute cagionevole, Gramsci crebbe con una gran forza di volontà, accompagnata da un senso di rivalsa per la sua umile condizione sociale: il ragazzo si spostò poi a Torino (nacque e crebbe in Sardegna), dove s’iscrisse al “ Partito Socialista” e conobbe Palmiro Togliatti.
Paradossalmente poco prima del conflitto mondiale, Gramsci fu uno dei pochi che si accostò agli ideali di Mussolini ( al punto che fu dispiaciuto dell’espulsione del futuro Duce dal “Partito Socialista” e addirittura attese con trepidazione la nascita del suo nuovo movimento politico): poiché Mussolini, ancora socialista, passò da un classico neutralismo verso la guerra ad un “neutralismo attivo”, in altre parole la volontà di attaccare ( attraverso la rivoluzione marxista) una borghesia indebolita dalla guerra.
Ovviamente quando il fascismo prese piede, Gramsci si scostò da Mussolini e criticò fortemente la violenza e la scarsa democrazia che distingueva l’ideologia fascista.

Seguace di una dottrina comunista classica e pura, Gramsci vide l’iniziale “dittatura” di Lenin, a seguito della rivoluzione russa, come un necessario ma breve periodo intermedio: alla dittatura del proletariato doveva seguire uno stato puramente comunista.
Nello stesso tempo il politico sardo si distingueva dall’ideologia di Marx, poiché riconosceva i nascenti “consigli di fabbrica”, sorti in Italia, come futuri Soviet (quest’idea era tipicamente gramsciana, senza l’influsso di Lenin che doveva “dettare la teoria”) e vedeva una rivoluzione marxista come unione tra gli operai del nord e i contadini del sud ( la filosofia marxista era puramente operaia, diffidava dei contadini).

Già poco prima della nascita del Pci, Gramsci era amato da Lenin ma considerato scomodo da Togliatti e dal resto del partito: non gli perdonavano l’adesione alla “ neutralità attiva mussoliniana” ed erano invidiosi dell’indipendenza ed individualità intellettuale che già il politico sardo tendeva a dimostrare( Gramsci fu l’unico ad opporsi alla “secessione aventiniana” che i deputati anti fascisti compirono dopo l’assassinio di Matteotti, poiché riteneva giusto che la lotta si facesse in parlamento).Alla nascita del “Partito Comunista” nel 1921, Gramsci fu escluso dall’esecutivo e addirittura fu impossibilitato di parlare pubblicamente ai delegati.

Il varco della distanza si allargò con la salita al potere di Stalin, a cui Gramsci dimostrò sempre reverenza ma che chiaramente distrusse i suoi puri principi di comunismo marxiano.
Contrario alla durezza di Stalin verso i dissenzienti sovietici ( che erano eliminati e giustiziati attraverso le purghe) o verso i socialdemocratici, egli inviò delle lettere al dittatore sovietico dove lo pregava d’essere più conciliante in nome del socialismo.
Il suo atteggiamento attirò ancora di più la diffidenza e quindi l’isolamento, sia da parte di Togliatti sia di Stalin stesso.

Lo stato sovietico addirittura arruolò la moglie di Gramsci (già psicologicamente debole) nei gangli del regime sovietico e fece in modo di bruciare le varie lettere che la cognata tentava di scrivere all’intellettuale sardo: Gramsci non ebbe più notizie della moglie e dei suoi due figli.
Stalin quindi isolò l’intellettuale sardo, sia politicamente sia umanamente, ed il servile Togliatti non battè ciglio per difenderlo.

Nel frattempo il politico fu imprigionato dai fascisti e riconosciuto, erroneamente, come “leader del comunismo” e quindi destinato a subire peggiori punizioni.
La sua posizione non fu certo agevolata da una lettera di un esponente comunista, Ruggero Greco, che lo identificava come leader incontrastato: lo scritto fu intercettato dai fascisti e Gramsci, come si legge nelle sue lettere dal carcere, ebbe sempre il sospetto che la lettera fu stata scritta appositamente ( la sua opinione fu avvalorata dalle parole del magistrato sardo Enrico Macis che disse: “Onorevole Gramsci lei ha degli amici che certamente desiderano che lei rimanga un pezzo in galera”).
Mussolini era pronto a dare la grazia a Gramsci, a seguito delle difficili condizioni di salute, ma il politico non voleva per orgoglio ( il Duce probabilmente avrebbe tratto forza dalla sua sottomissione) ma nessuno in Unione Sovietica avanzò alcuna richiesta di grazia.
Addirittura la nuora di Gramsci scrisse nei suoi diari “ nelle prigioni sovietiche era reclusa una spia che il governo italiano sarebbe stato disposto a scambiare con mio suocero.L’operazione non fu condotta in porto: per i servizi segreti sovietici e per la macchina della propaganda comunista era molto più conveniente che Antonio seguitasse a restare in prigione in Italia”.

La biografia di Gramsci ricorda come gli stessi comunisti rinchiusi con lui lo isolavano: lo ritenevano privilegiato perché aveva il cibo caldo e poteva scrivere tranquillamente le sue lettere.
In galera l’intellettuale strinse amicizia col socialista Sandro Pertini: anche per questo motivo Togliatti prese le distanze dal suo ex compagno, poiché Pertini era considerato come un socialdemocratico della peggior specie.

Nel 1933 le condizioni di Gramsci peggiorarono, nel 1934 ottenne la libertà condizionale fu ricoverato in clinica: nel 1937 gli fu comunicato che era finalmente un uomo libero, morì di stenti però dopo solo sei giorni.

Forse è esagerato affermare che la dipartita fu accelerata, ma certamente non provò piacere nel venire a conoscenza delle purghe staliniane o addirittura che all’amato figlio Delio fu taciuto che il padre fosse in carcere ( “ poiché della prigione e dei detenuti, egli ha un concetto negativo”), questo gli fu riferito dall’economista e amico Piero Sraffa.

L’unica persona che gli fu vicina negli anni del carcere, fu la cognata Tatiana, che alla morte dell’intellettuale scrisse a Stalin, accusando il Pci di non aver fatto nulla per salvarlo e supplicò di riavere le lettere e gli scritti.Togliatti si oppose e pubblicò l’opera di Gramsci, eliminando tutte le frasi che potevano dare fastidio al Pci.
Solamente grazie ad un libro di un “ comunista eretico” ( Aldo Natoli) intitolato “ Antigone e il prigioniero”, si cominciò a scoprire la verità che man mano si dipanò nel quindicennio successivo sino ad oggi, grazie alla scoperta di lettere e documenti inediti.

Antonio Gargiulo

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