Walter Mazzarri: odio e amore in quel di Napoli

Walter Mazzarri. L’allenatore del Napoli è uno dei beniamini dei tifosi anche se non manca chi lo considera non all’altezza

Walter Mazzarri è quel tipo di allenatore che o lo ami o lo odi, forse perché è la persona ad essere così. Nato a San Vincenzo, in provincia di Livorno, ha quel tipo di carattere per cui o ti sta simpatico o no, senza via di mezzo. D’altronde questo carattere il tecnico livornese lo fa esprimere anche in campo ai suoi calciatori pronti a cercare la vittoria fino all’ultimo minuto, anche a rischio di perdere. O tutto o niente, in barba al pareggio.

Walter Mazzarri, attuale tecnico del Napoli,  è fatto così e così appare ai tifosi anche dal punto di vista squisitamente tattico: nessuna via di mezzo, o pensi che sia bravo o pensi che non lo sia. Il calcio si sa non è una scienza esatta e in un paese di santi, poeti e… allenatori, la questione non è per niente facile da chiarire. Soprattutto in una piazza come Napoli dove nel giro di una settimana, in base ad una partita storta o meno, si può passare dall’essere il numero uno o l’ultimo della classe.

A Napoli l’attuale mister è osannato da molti e criticato da altri, nonostante gli ottimi risultati raggiunti in queste ultime stagioni. I due gruppi sono inoltre fermi sulle proprie posizioni, sia che si vinca con il Milan sia che si perda con il Parma in casa. Chi pensa che Mazzarri sia un bravo tecnico lo continua a pensare anche in caso di risultato negativo, chi pensa che sia un cattivo tecnico lo continua a pensare anche dopo una vittoria con Milan o Inter.

Fra le critiche che maggiormente vengono rivolte al tecnico del Napoli, quelle di insistere sempre con lo stesso modulo di gioco e gli stessi uomini, di non saper cambiare schema a partita in corso, di effettuare eventuali cambi troppo a ridosso della fine della gara, di non essere in grado di gestire i campioni. Dalla sua, invece, il tecnico ha i risultati: nessun trofeo in bacheca, certo, ma una promozione con il Livorno, una salvezza storica con la Reggina (partita con 11 punti di penalizzazione), una finale di coppa Italia con la Sampdoria e il terzo posto con il Napoli l’anno scorso. Risultati eccellenti con squadre non certo di primissimo livello.

Eppure questi risultati, soprattutto quelli ottenuti con il Napoli, non gli risparmiano critiche, ma quelle è giusto che ci siano, ma soprattutto non lo mettono al riparo da quella diffusa considerazione che non lo vuole fra quei tecnici considerati di primo livello, soprattutto da parte dei tifosi.

Qualche critica è giusto porla a Mazzarri: l’aver voluto Lucarelli, scartando tra l’altro l’ipotesi Trezeguet, senza però mai mandare in campo l’ex attaccante del Livorno, neppure in momenti in cui un ariete in area di rigore avversaria sarebbe servito. Sul piano tattico gli si può invece imputare di far giocare Cavani spesso troppo lontano dalla porta, di non dire ai suoi che i calci d’angolo a volte bisogna buttarli anche in area piuttosto che provare il passaggio corto e di tardare  i cambi, quasi come se si fosse rassegnati all’inerzia della partita.

Le critiche è giusto farle, ma questo non può far considerare Mazzarri un tecnico non all’altezza, almeno da parte di chi scrive. D’altronde le stesse critiche che vengono poste a Mazzarri venivano rivolte a Reja, che forse in comune con il tecnico livornese ha il carattere burbero, oltre che i tanti successi su panchine non proprio di primissimo piano.  Ma d’altronde a Napoli funzionano i tecnici così: lo scudetto lo hanno vinto Bianchi e Bigon, non certo osannati come Sacchi e Liedholm, e nella storia recente hanno funzionato i vari Boskov o Lippi (allora non ancora campione del mondo), piuttosto che Zeman e Donadoni. Questione di stile, forse, o di carattere: arcigno e antipatico come chi non ti aspetteresti mai ti porti in Champions.

P.s. : Questo articolo è stato scritto prima della partita con il Manchester City e le opinioni espresse restano valide comunque sia andata a finire questa partita.

Umberto Rennella

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