Pussy Riot condannate a due anni di reclusione

Manifestanti a Londra contro la carcerazione delle Pussy Riot

Si chiamano Pussy Riot e sono tre ragazze russe di 22, 24 e 29 anni. Musiciste componenti di una band punk, hanno pensato di esibirsi per una manciata di minuti all’interno della Cattedrale Cristo Salvatore di Mosca, inscenando una preghiera rivolta alla Madonna in cui la implorano di mandare via il presidente russo Vladimir Putin. Il brano in questione, conosciuto come “preghiera punk”, si intitola “Putin accende il fuoco della rivoluzione” e potete leggerne il testo da qui. Questa esibizione, giudicata troppo blasfema dalla Chiesa e dal Governo russi, è andata in atto lo scorso 21 febbraio ma non è stata mai perdonata nonostante le scuse presentate dalla band nei confronti del popolo ortodosso. Così l’arresto a luglio ed il processo ad agosto, proprio qualche giorno fa, lasso di tempo in cui le tre punker russe hanno lamentato privazione di sonno e cibo nei loro confronti. Nonostante la richiesta di “clemenza” da parte della Chiesa ortodossa e quella di Putin stesso, in cui chiedeva per le giovani un verdetto non troppo duro, il Tribunale le ha considerate meritevoli di reclusione.  Gli scaramantici penserebbero che l’ironia della sorte non le abbia risparmiate: il processo ha avuto luogo venerdì 17 agosto, condannando le ragazze a due anni di reclusione e lavori forzati. E sono da considerarsi “fortunate”, in quanto la Procura aveva chiesto per loro tre anni di reclusione e, per reati come questi (teppismo ed incitamento all’odio religioso), si rischia un massimo di ben sette anni di reclusione. I legali delle giovani musiciste-attiviste   avevano richiesto il loro rilascio, ma il pugno duro del governo non ha voluto sentire ragioni.

La condanna è stata definita esagerata e spropositata da numerosi Paesi e sono arrivate richieste di scarcerazione, manifestazioni, dissenzi e varie iniziative in sostegno delle tre ragazze  russe da ogni parte del mondo. Nomi altisonanti della musica e dello spettacolo hanno dapprima richiesto la scarcerazione delle Pussy Riot e poi, a verdetto emesso, manifestato il loro disappunto: da Paul McCartney a Madonna, dai Franz Ferdinand a Bjork, da Patty Smith a Moby, passando per Vasco Rossi e Red Hot Chili Peppers. Amnesty International ha dichiarato che le tre giovani erano “prigioniere di coscienza”, e la OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha tenuto a dire che le autorità, la Chiesa ed i tribunali di vari Paesi adottano un atteggiamento esageratamente restrittivo verso contenuti ritenuti offensivi e  “politicamente scorretti” e che in molti di questi casi si tratta esclusivamente di un pretesto per censurare ed oscurare un contenuto altamente critico, scomodo e che va contro determinati pensieri. Anche l’USA ha manifestato il suo dissenzo, sottolineando che la libertà di espressione rischia di essere soffocata ed uccisa, in quanto va ad insinuarsi ovunque il timore di trovarsi in carcere con la sola colpa di aver comunicato il proprio pensiero.

Tuttavia, la grinta che contraddistingue le tre musiciste-attiviste russe, non le ha fatte scoraggiare neppure poco prima del verdetto: Nadezhda, considerata la leader del gruppo, ha dichiarato che in qualsiasi modo fosse andata, loro avevano già vinto, in quanto erano state capaci di arrabbiarsi con le autorità e di parlare ad alta voce di politica. Quella politica che oggi le ha condannate per aver detto la loro, seppur in modo alquanto forte.

Rey Brembilla

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