Fulvio Della Volta, un Italiano in America: lavoro, teatro e spasmodica ricerca di un sogno

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Fulvio Della Volta, un Italiano in America: lavoro, teatro e spasmodica ricerca di un sogno

Ho avuto occasione di assistere a New York alla replica dello spettacolo off-Broadway “ Strictly Dishonorable” (strettamente disonorabile), il cui protagonista principale è un attore italiano: Fulvio Della Volta.
Trattasi di una commedia brillante, ambientata negli anni ’30, un periodo di revival abbastanza di moda recentemente negli Stati Uniti, in piena epoca del proibizionismo.
Nella Commedia Fulvio Della Volta impersona uno dei protagonisti l’affascinante e celebre cantante lirico, Gus Di Ruvo, in arte “Tino Caraffa”.
La sua recitazione non solo è stata fantasiosa ma anche innovativa, dimostrandosi un autentico “animale da palcoscenico: il personaggio rappresentato è talmente tratteggiato bene che sembra vivere di luce propria, diventando l’autentico protagonista dello spettacolo.
La richiesta americana di un ruolo nei confronti di un attore italiano, sembra essere un eterno ritorno alle icone internazionali quali Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Vittorio De Sica: “eterno ritorno” che non evoca nulla di nuovo, poiché, dopo le celebri figure elette a simbolo di riferimento, il mercato e l’immaginario collettivo americano a quanto pare non hanno più trovato nulla di ugualmente memorabile nelle produzioni italiane a parte saltuarie eccezioni.
Difatti, la figura interpretata da Fulvio Della Volta, caratterizza l’eccellenza dell’ Italiano in America, dagli anni ’30 ai ’50: l’eleganza classica e l’aristocrazia innata, la passione per il canto lirico, le donne, la simpatia e la generosità d’animo.
Gli americani si stupiscono come la produzione cinematografica italiana di quei tempi non sia più riuscita a ripetersi: probabilmente la causa sta nelle singolari caratteristiche del “personaggio italico” (appunto la classe, la passione per le donne, la simpatia e la bontà d’animo) che si sono ampliate a dismisura, fino a deformarsi in figure grottesche ed improponibili.
Dalla sua esperienza oltreoceano, Fulvio Della Volta ci racconta osservazioni riguardanti le avventure e gli ostacoli di un volenteroso attore italiano a New York.
Il percorso di carriera di un attore tra l’Italia e gli Stati Uniti, può essere esemplificato nella scalata d’una montagna: alcuni ti battono una pacca sulla spalla e t’invitano a scalare (o, la maggior parte delle volte, ti fanno ruzzolare giù dalla montagna), altri invece s’impegnano a darti gli strumenti adatti per almeno tentare la scalata. L’Italia possiede un terreno fertile di talenti, ma quando si parla di mettere in condizione un artista di tentare una carriera attraverso un “sistema professionale” e più facile prendere esempio dall’America.
L’attore straniero che approda negli Stati Uniti, deve innanzi tutto imparare un perfetto linguaggio inglese con accento americano o è automaticamente escluso; contemporaneamente deve essere anche in grado di “fiutare” una fetta di mercato dove la sua presenza potrebbe fare la differenza (ad esempio sfruttando la naturale inclinazione linguistica e culturale originale, per creare un personaggio “diverso”).
Il desiderio e la rivalsa di qualsiasi italiano emigrato in America, è quello di ritornare vincente nel suo paese d’origine, seppur sia risaputo che nessuno è profeta in patria e a volte il bravo professionista può essere anche non compreso: forse la strada giusta sarebbe quella di dare più spazio all’educazione al mercato del lavoro, ove s’insegni sia come intraprendere il mestiere sia come creare degli spazi per far incontrare i talenti con gli “esperti” del settore.
La stessa crisi economica in atto, potrebbe porre le possibilità di creare una nuova tecnica d’insegnamento: magari “svecchiando” le idee precedenti.
Comincia a Marzo il prossimo impegno artistico di Fulvio Della Volta, questa volta strettamente legato all’Italia e al progetto “ Italytheater” creato dal regista pugliese Vittorio Capotorto. L’idea è di valorizzare il teatro classico italiano, magari “vestendolo” in abiti moderni all’interno di una Casa Teatrale permanente a New York. Lo spettacolo “Born Liars” tratto da un testo inedito di Laurence Cantor, ispirato alle “Le Bugie con le Gambe Lunghe” di Edoardo De Filippo debutterà a Maggio al June Havoc Theater di Manhattan.
Una maniera interessante per esportare e tradurre la cultura italiana nel mondo, valorizzando il nostro patrimonio.

Rey Brembilla

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