La notevole differenza estetica tra le donne della prima e della seconda repubblica: il tempo delle brutte e delle belle donne

Rosy Bindi, all'anagrafe Maria Rosaria Bindi, è una politica italiana, dal 22 ottobre 2013 presidente della Commissione parlamentare antimafia. Wikipedia

Rosy Bindi, all’anagrafe Maria Rosaria Bindi, è una politica italiana, dal 22 ottobre 2013 presidente della Commissione parlamentare antimafia. Wikipedia

In Italia la donna ha avuto il diritto di voto solamente dalle elezioni costituenti del 1946: durante i secoli precedenti, il sesso femminile era giudicato come facilmente influenzabile e dedito solo alla famiglia, probabilmente è per questo motivo che le prime donne presenti in parlamento mancarono quasi totalmente di femminilità.
Il discorso non vuole essere maschilista, poiché anzi molte figure femminili (non per forza dotate di un bell’appeal) hanno creato grandi riforme in Italia, ma semplicemente si vuole analizzare la donna del potere solo esclusivamente dal lato estetico: una caratteristica assolutamente non essenziale in politica, ma lo stesso importante dal punto di vista umano e mondano.
Scarse sono le protagoniste femminili della prima repubblica: Teresa Noce (la “pasionaria” del comunismo italiano), Lina Merlin (la politica che abrogò le “case chiuse”), Tina Anselmi (il primo ministro in gonnella) Rosa Russo Jervolino (il primo ministro dell’interno “rosa”).
Riguardo a queste figure, di là dai meriti politici notevoli, oggi un semplice “clic” sul web ci mostra immagini di donne anziane o classiche “brave massaie”, la cui femminilità è quasi inesistente.
Nel 1976 la gran novità fu l’irrompere in parlamento d’Emma Bonino: oggi riconosciuta per un look ricercato, ma allora fautrice di uno stile alternativo (pantaloni, camicia da uomo e zoccoli ai piedi); la Bonino, nonostante i begli occhi azzurri, non tendeva certo ad esaltare la sua femminilità, poiché avrebbe distratto l’occhio davanti alle sue azioni protestatarie.

Due grandi eccezioni furono Nilde Jotti e Vittoria Leone.
La prima, conosciuta negli ultimi anni come una donna di classe e di garanzia costituzionale, possedeva un fisico notevole nel periodo giovanile: una corporatura giunonica (tipico esempio di fisicità emiliana ) e quindi alta e dalle belle forme; con l’avanzare dell’età unì alla proverbiale classe, una bellezza rinnovata.
Vittoria Leone era l’avvenente moglie dell’ex-presidente Giovanni Leone: a paragone delle “first lady” presenti e passate, era una donna bellissima e dalla classe innata; John Kennedy appena la vide ne fu estasiato, al punto che dichiarò di comprendere il motivo della fama di Leone (la piccante “Donna Vittoria” rispose con orgoglio, che JFK non conosceva suo marito !).
L’avvenenza delle due donne non fu sempre gradita dal mondo politico italiano: Nilde Jotti fu vista con antipatia dal Pci (al punto che la accusarono, indirettamente e distogliendolo dai suoi “doveri”, di aver provocato l’attentato di Togliatti); Vittoria Leone fu posta nell’occhio del ciclone assieme a suo marito (che difatti si dimise dal Quirinale, anche per altre ragioni), per un atteggiamento fin troppo “mondano” a confronto del potere che deteneva.
Nel 1987, l’ideale femminile in politica ebbe una “scossa “: l’elezione nelle file del “Partito Radicale”, d’Ilona Staller o meglio conosciuta come “Cicciolina”, famosa porno-star.
Di là dalle innegabili virtù intellettuali dell’attrice ungherese, la mossa politica fu certamente provocante: il mutamento di concezione estetica fu probabilmente fin troppo eccessivo.

La “Seconda Repubblica” voltò definitivamente pagina dal punto di vista femminile: esaltando la bellezza d’alcune esponenti politiche ma soprattutto la giovane età.
Il “Movimento Sociale Italiano” diede il via alla lunga e contrastata carriera politica d’Alessandra Mussolini: carica di un passato cinematografico spesso senza veli, la nipote del Duce “colpì” per il suo fisico dotato ed i capelli biondi (oltre ad un tipico sguardo deciso); l’attuale candidata alle elezioni europee, ultimamente esalta la sua fisicità e usa presentarsi in parlamento con jeans e magliette attillate.
Un secondo esempio, sempre “cresciuto” nel Msi, è la ricercata Daniela Santanchè: nel suo caso la politica si è, per la prima volta, mischiata al glamour.
Una figura opposta (al punto di apparire un po’ fuori tempo) fu la giovanissima presidente della Camera, Irene Pivetti: eccessivamente “prigioniera” del suo ruolo istituzionale, si nascondeva dietro a castigatissimi abiti eleganti (la vena “goliardica” esplose più avanti e fuori del parlamento).

Nel bene o nel male fu Silvio Berlusconi ad esaltare il binomio di “potere e bellezza”, aprendo le porte di Montecitorio ad una lunga serie di “belle signore”.
S’iniziò da Stefania Prestigiacomo e si arrivò fino a Mara Carfagna: la scelta di Berlusconi travalicò l’idea di donna cresciuta negli ambienti politici, esplorando il campo dello spettacolo televisivo o addirittura “arruolando” un’assistente alla poltrona di uno studio dentistico (Nicole Minetti), seppur assicurando che la candidata in questione fosse laureata col massimo dei voti ( evitando quindi il “timbro” di bella e oca).
Sfortunatamente lo scandalo del “Bunga bunga” diede una svolta negativa alla politica berlusconiana di candidature femminili: questa strategia fu vista sotto una luce subdola di sfruttamento e favoritismo sessuale (agevolato dall’atteggiamento fin troppo galante e confidenziale dell’ex-premier verso alcune sue candidate), rovinando il lato buono della scelta.

Da questo punto di vista, il centro sinistra fu latente per molti anni, volendo evitare di dare spazio al lato estetico e probabilmente per non uniformarsi allo “stile” di Berlusconi: le figure femminili (Livia Turco, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, ecc.) assomigliarono alla tipologia femminile della “Prima Repubblica”.
Unica vera eccezione fu l’ex ministro Giovanna Meandri, bionda e solare, il cui aspetto fisico le procurò problemi, quando fu immortalata ad una festa mondana mentre ballava scatenata: la sua presenza all’evento era in contrasto con le sue idee d’estrema sinistra.

Matteo Renzi si è avvicinato a Silvio Berlusconi, attorniandosi da una classe dirigente in gran parte giovane e femminile: non solo in parlamento (la bellezza d’Alessandra Moretti non passa inosservata) ma soprattutto all’interno del governo (Federica Mogherini, Beatrice Lorenzin, Marianna Madia e innanzi tutto Maria Elena Boschi, tanto per fare qualche nome).
Il ministro Boschi è già stato preso di mira dalla satira a causa del fascino, ma finora il suo appeal non ha provocato nuove polemiche.
Matteo Renzi dovrà probabilmente limitarsi, volendo perseguire la strada del binomio “bravura e bellezza”, e soprattutto perseguire una morigerata vita privata: il fantasma ed il pregiudizio degli scandali berlusconiani, è sempre dietro l’angolo.

Rey Brembilla

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