Tim Berners Lee e la nascita del Web

Il fisico inglese padre del www era ieri a Roma per celebrare i vent’anni della nascita del web

C’è un vero abisso di opportunità tra coloro che hanno Internet e utilizzano il Web in modo efficace, e tutti gli altri. Di fatto, il collegamento alla Rete sta diventando così importante per l’umanità che ormai potremmo pensare all’accesso ad Internet come a un diritto universale. Il Nobel per la pace Liu Xiaobo ha definito Internet un dono di dio; bello, ma io preferisco parlarne come di un diritto dell’uomo.

Tim Berners Lee non avrebbe potuto esprimersi diversamente a proposito della sua creatura, partorita dalla sua mente geniale di fisico nucleare ma mai battezzata da brevetto, che oggi è diventata tanto indispensabile alla sopravvivenza dell’essere umano – almeno dell’uomo medio occidentale. Già, perché forse molti lo ignorano, ma è proprio lui, Tim Berners Lee, cinquantaseienne londinese – ieri a Roma per festeggiare i vent’anni della sua creazione – l’inventore del famigerato “www”, acronimo dell’ottimistica – ma in effetti reale – definizione “world wide web”, la grande rete mondiale che interconnette i computer di tutto il globo. Un’invenzione spesso sottovalutata, soprattutto da quanti non hanno ben chiara la distinzione tra Internet e Web, laddove le potenzialità dell’uno sono diretta conseguenza della creazione dell’altro. Il cui merito va tutto a Tim Berners Lee.

La nascita “primordiale” del Web risale ai primi anni Ottanta: Tim Berners Lee, laureatosi brillantemente (1976) all’Università di Oxford lavorava al Cern, l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, come consulente nell’ambito dell’ingegneria dei software, quando ebbe l’intuizione geniale di creare un programma che permettesse di immagazzinare dati sulla base di associazioni casuali, limitando quindi l’increscioso problema della perdita delle informazioni. L’immagine che meglio si adatta a descrivere concretamente la sua idea è quella di una tela: una fitta trama di informazioni ipertestuali, intessute le une nelle altre, che permette di creare collegamenti universali tra due punti qualsiasi dell’intera superficie. Una rete, appunto, pensata non per ingabbiare, ma piuttosto per interconnettere. Il software, battezzato Enquire, fu destinato a uso privato e mai pubblicato: i tempi non sono maturi per far fiorire tutte le implicite potenzialità della rete.

Gli anni Novanta tramuteranno l’intuizione germinale in frutto: solo allora Tim Berners Lee metterà a punto un server e un programma client dotato di un browser e un editor per la diffusione del World Wide Web. Originariamente si trattava più che altro di un archivio virtuale a cui chiunque – ma solo all’interno dei laboratori del Cern – poteva avere accesso per ricevere o inviare informazioni. L’innesto di questa nuova tecnologia su quella preesistente di Internet darà vita al mondo “virtuale” così come lo conosciamo oggi: una vera e propria giungla, selvaggia e ordinata allo stesso tempo, di immagini, collegamenti ipertestuali, informazioni a portata di mouse, che la sola invenzione di Internet non avrebbe mai potuto supportare senza la nascita del web. Il resto è storia dei giorni nostri: Internet diventa in brevissimo tempo il sistema informatico più accessibile della storia, una vera e propria ragnatela di collegamenti che ricopre come una pellicola trasparente buona parte della vita socio-culturale mondiale, animandola, migliorandola, facilitandola grazie alle infinite possibilità di applicazione che offre. Un successo che non sarebbe mai stato possibile se Tim Berners Lee avesse deciso di registrare un brevetto a tutela della sua scoperta.

Se avessi creato la Web Inc. avrei semplicemente dato vita ad un nuovo standard e la diffusione universale del www non si sarebbe mai verificata. Perché esista qualcosa come il Web è necessario che tutto il sistema si basi su standard aperti, pubblici.

Il mondo del Web deve la sua esistenza non solo alla genialità, ma anche alla generosità del suo creatore, che, come molti altri pionieri in svariati campi, non ha tratto alcun vantaggio economico da quella rete che invece ha fatto arricchire chi ha saputo utilizzarla a suo vantaggio. Open-minded e open-source: un connubio che ci ha cambiato la vita.

Giuliana Gugliotti

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