Qui non c’è posto per i neri e per i gay

Un’immagine della tifoseria dello Zenit San Pietroburgo

“ VIETATO L’INGRESSO AI CANI E AGLI EBREI “. Vecchia storia questa, una semplice e concisa dicitura che campeggiava agli ingressi dei locali pubblici nel lontanissimo secolo scorso. Una storia trita e ritrita che ormai fa serve solo al cinema, che di tanto in tanto tira fuori l’antisemitismo per farne venir fuori qualche bel film. I tempi moderni sono ben migliori di quelli andati, d’altronde l’evoluzione dell’uomo e la sua emancipazione sono stati capaci tra le altre cose, di amplificare anche il senso di tolleranza verso tutto ciò che è diverso; “la diversità è ricchezza” qualcuno continua a dire. Decisamente un ottimo slogan, che ha anche il suo fascino, il suo appeal, poi però improvvisamente vien fuori tutto il marcio che nella creatura uomo c’è. Attenzione: si parla dell’oggi, non del secolo scorso. All’improvviso la bestia sopita evidentemente in tanti uomini insita si risveglia, prende forma e vita e purtroppo ha anche la facoltà del linguaggio. “ NIENTE NERI E NIENTE GAY IN SQUADRA “ . Questo è quello che alcuni sostenitori dello Zenit San Pietroburgo hanno pubblicato su una pagina internet, adducendo come motivazione non il razzismo, non il solito razzismo potremmo dire, ma la necessità di avere nella rosa di una delle squadre più gettonate di Russia solo calciatori affini a quelli che sono i costumi e le tradizioni della squadra e più in generale della città. Insomma non c’è la volontà di porre una barriera netta contro “ i non bianchi “ o contro le “ minoranze sessuali ”, solo quella di tutelare il buon nome della città che i colori della squadra rappresentano, evitando attraverso la presenza di negri di sporcare il bianco candore di una città gloriosa.

Quasi da non crederci, eppure assolutamente reale. Questa è la sorprendente capacità della mente umana: esser capace di avere dei picchi assoluti di genialità e anche poi delle profonde e inimmaginabili gole di idiozia. A cercar di ridimensionare le parole espresse dai tifosi, l’allenatore della squadra Luciano Spalletti è sceso in campo asserendo che «la tolleranza per me è prima di tutto la capacità di comprendere e accettare le differenze. Inoltre essere tolleranti significa che si combattono questi tipi di stupidità». Nobile quindi il suo atteggiamento, ma assolutamente vano se poi si passa dalle parole ai fatti. Ed i fatti vogliono che in tempi non sospetti, il centrocampista francese di colore Yann M’Vila, rifiutò il trasferimento nel club russo poiché minacciato ancor prima di accettare il contratto e di arrivare in Russia. Minacce di morte rivolte a lui ed alla sua famiglia, che ovviamente hanno tenuto lontano dalla Russia il calciatore transalpino, assecondando così  il volere tacito di diversi tifosi della squadra. E’ inutile dunque spendere parole ulteriori a riguardo, è avvilente continuare a fare appelli o indignarsi di tutto ciò, è assolutamente sprecato il tempo che si spende a  cercare di far credere alla gente ed al mondo che le cose riguardo al razzismo siano cambiate rispetto ai tempi che furono, la realtà è che il razzismo esiste, è vivo, è lucido e incoscientemente spietato. Avvilente realtà anche di questi giorni di fine 2012. Prima si evidenziava la capacità della mente di essere talmente elastica da riuscire ad avere momenti altissimi e momenti assolutamente bassi. Il poeta e drammaturgo Bertold Brecht evidentemente appartiene alla prima categoria, così le sua parole su cui tutti devono riflettere echeggiano fortissime ancora oggi, ed il tempo che passa anziché scalfirle le esalta, le nobilita e ce le restituisce intatte con la stessa identica forza di allora. “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

Francesco Lamanna

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