Philip Roth, quando un grande dice basta

Philiph Roth è conosciuto in particolare per il racconto Goodbye, Columbus, poi unito, ma è diventato famoso con Lamento di Portnoy

Diciassette premi letterari, cinque film tratti da altrettanti famosi romanzi e una vita spesa per la letteratura, come ha dichiarato in una delle sue ultime interviste. Nato il 19 marzo del 1933, alla soglia degli ottant’anni comunica, un poco in sordina, di non voler più scrivere. Non solo di non voler più scrivere ma di non voler più neanche leggere. Come a chiudere definitivamente un lunghissimo capitolo della sua vita. E’ fuori discussione che uno scrittore del suo calibro avrebbe potuto continuare a pubblicare suscitando sempre l’interesse del suo pubblico. E invece no. Dopo aver trascorso un considerevole tempo a rileggere i suoi lavori (“volevo vedere se avevo perso tempo a scrivere”) decide di “appendere la penna al chiodo”. E giù tutti a domandarsi perché, percome, a dire se è stata una scelta onesta o una provocazione…Ma perché uno scrittore decide di smettere di scrivere? Perché scrivere “consuma”. Dai fenomeni letterari di oggi, effimeri o duraturi, abilmente pilotati dalle case editrici o portatori sani di buona letteratura, ai piccoli scrittori di provincia, meno famosi ma non per questo meno capaci, tutti coloro che scrivono sanno bene quanto costi mettere sulla carta ciò che ti preme dentro, ciò che “spinge”, magari da quando sei nato, per uscire fuori dalla tua penna.

Scrivere è faticoso, ti porta via la vita. La tua vita diventa scrivere. La tua testa è sempre altrove, perché insegue quel pensiero che, svegliandoti al mattino, ti ha occupato la fronte e parte delle tempie. Non puoi farti la barba (se sei un uomo) o a metterti il rossetto (se sei una donna) perché nella mente c’è solo un ronzio che già nel sonno ti disturbava leggermente. Passi così metà della giornata, cercando di isolare alcune parole, per poter dar inizio al tuo prossimo lavoro. Nella seconda metà finalmente hai colto il senso, stai racimolando concetti ed è già l’ora di cena. E così per anni, e anni e anni….E nel frattempo devi anche vivere, interagire con le persone che hai intorno (moglie, figli, amici, familiari), mangiare, comprarti le scarpe, pagare le bollette, parlare con i professori dei figli. Philip Roth, sicuramente con dispiacere, ha fatto una scelta: ha scelto di vivere libero gli ultimi anni della sua vita. Di godersi tutto quello che ha dovuto trascurare da quando decise di assecondare il “demone” della scrittura. Ha una grande mente e so che ce la farà, d’altronde il suo “demone” buon ben dirsi placato, data la sua brillante carriera!

Elisabetta Piras

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