Napoli: sì al Registro delle Unioni Civili

È scontro tra la giunta De Magistris e i cattolici per l’istituzione del Registro delle Unioni Civili.

Come la ZTL all’interno del centro storico, anche il Registro delle Unioni Civili figurava tra le “promesse” fatte in campagna elettorale dal sindaco De Magistris, il quale si è sempre mostrato favorevole al riconoscimento, per le coppie di fatto, di pari diritti rispetto alle coppie unite dal vincolo matrimoniale.
Anche Napoli, dunque – dopo città quali Perugia, Firenze, Padova – si avvia all’istituzione del Registro delle Unioni Civili: grazie alle delibere presentate dall’assessore alle Pari Opportunità Pina Tommasielli e dall’assessore all’Anagrafe Elettorale Bernardino Tuccillo, è infatti iniziato l’iter amministrativo che porterà al riconoscimento, per le unioni civili, dei diritti di competenza degli enti locali. Ciò significa che le coppie iscritte al Registro saranno considerate famiglie anagrafiche fondate su vincoli affettivi e potranno, ad esempio, vedere aumentare le proprie possibilità di ottenere un alloggio comunale, avendo il convivente, di sesso opposto o dello stesso sesso, uguale diritto di prelazione e/o assegnazione di tutti gli altri aventi diritto come assegnatari.

La delibera, presentata dall’assessore Tommasielli, si propone di “tutelare e sostenere le unioni civili al fine di superare situazioni di discriminazioni e favorirne l’integrazione e lo sviluppo nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio, e prevede, negli atti dell’amministrazione comunale riguardanti alcune tematiche quali la casa, la sanità, le politiche sociali ed educative e diritti di partecipazione, condizioni di accesso anche per le unioni civili”. Le iscrizioni al Registro delle Unioni Civili potranno essere richieste presso l’ufficio comunale competente da “due persone, non legate tra loro da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, curatela, residenti anagraficamente da almeno un anno nel Comune di Napoli e coabitanti dallo stesso periodo di tempo per motivi di reciproca assistenza morale e/o materiale” (la delibera riprende, in sostanza, i criteri che definiscono la famiglia all’art. 4 del decreto attuativo del 1989 della legge sull’anagrafe del 1954).

Pari diritti per le coppie di fatto, dunque, per favorire l’inclusione sociale, dando voce all’esigenza di chi, in primo luogo, vuole il diritto di decidere chi e in che modo amare; pari diritti per superare le discriminazioni, nonostante esistano ancora fette di popolazione avverse alla scelta di non contrarre matrimonio o all’omosessualità. Sembra una scelta positiva quella napoletana, volta a rispettare il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, adeguando le norme locali alla pluralità che costituisce la società moderna.

Resta però un tema caldo, quello delle coppie di fatto, che da anni tiene banco nel nostro paese, provocando dibattiti e scontri politici e civili. Proprio per la sua portata politica, la decisione del sindaco ha suscitato un certo scalpore, soprattutto nel mondo cattolico: il giorno dopo l’approvazione delle delibere, il cardinale Sepe ha dichiarato apertamente il proprio dissenso sostenendo che i problemi di Napoli sono ben altri e che bisognerebbe, piuttosto, tutelare la famiglia tradizionalmente intesa, “chiedendo misure a sostegno delle famiglie numerose”. Anche Caldoro, presidente della Regione Campania, ha bocciato la proposta della giunta napoletana: “Non ne vedo la necessità – ha dichiarato – e non mi sembra che il registro delle unioni civili sia tema così fondamentale in questo momento, rispetto ai tanti problemi con i quali siamo costretti a misurarci di giorno in giorno”.

Napoli, in effetti, ha davanti a sé una strada ancora lunga da percorrere, prima di poter uscire dalle solite emergenze e combattere i suoi sempre urgenti problemi, tuttavia, un piccolo passo come questo – anche se “da palcoscenico politico” e di facile strumentalizzazione – testimonia i cambiamenti che la giunta comunale ha intenzione di apportare in città. Inoltre, molti si domanderanno se, al giorno d’oggi, sia ancora possibile parlare, in termini esclusivisti, di famiglia tradizionale ignorando l’elevata percentuale di coppie “scoppiate”, famiglie allargate, famiglie ricostituite, coppie giovani che non credono nell’istituzione del matrimonio, trasformato ormai in un mero status da raggiungere al quale spesso si oppongono tanto le condizioni sociali, economiche e lavorative quanto le opinioni personali o le scelte sessuali.

Il cardinale ha anche dichiarato: “Non ho nulla contro nessuno. Due anni fa ho pure ricevuto queste coppie presso l’arcivescovado, a conferma che non ho nulla contro le persone”, ma una legge locale che garantisca pari diritti alle coppie di fatto e a quelle sposate suscita ancora aspre polemiche, al punto da portarlo ad asserire che “secondo la nostra visione cattolica l’istituzionalizzazione di queste realtà non può essere accettata”; eppure riconoscere ed accogliere l’altro, comprenderne ed accettarne la diversità – che sia di opinione, in merito al matrimonio, o di orientamento sessuale – non è forse l’insegnamento principale di Cristo, al quale la chiesa stessa si ispira, ama il prossimo tuo come te stesso?

La giunta, intanto, prosegue con il proprio progetto, come dimostra la secca replica di De Magistris alle polemiche: “Rispetto profondamente l’opinione del cardinale – ha risposto – Naturalmente io faccio il sindaco, e il sindaco fa gli interessi della comunità”.

Sara Di Somma

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