Espulsione di Adele Gambaro dal Movimento Cinque Stelle: la degenerazione delle espulsioni politiche

La degenerazione del concetto d’espulsione politica è sintomo di grave mancanza ideologica

La degenerazione del concetto d’espulsione politica è sintomo di grave mancanza ideologica

La senatrice Adele Gambaro è stata costretta ad abbandonare il “Movimento Cinque Stelle”, a seguito delle critiche a Beppe Grillo: la senatrice accusa il leader di essere la causa delle ultime sconfitte del movimento.
La Senatrice Paola Del Pin, indignata, ha deciso di seguire il destino della collega: è forse l’inizio di una grand’emorragia ?
Alcune voci, non confermate dalle interessate, sospettano che la mossa sia una scusa per non restituire la diaria.

L’espulsione ideologica da un partito non è un segno di democrazia: isolare chi ha idee diverse è contro la costituzione italiana.
In realtà numerosi episodi di questo genere costellano la storia politica italiana: durante la cosiddetta “Prima Repubblica”, o addirittura nel periodo pre-fascista, il meccanismo era molto frequente.

Alcune volte i “ licenziamenti” erano relativamente ammissibili, soprattutto, quando si trattava di un’unica personalità isolata che nutriva idee totalmente diverse dalla filosofia naturale del partito (ad esempio Benito Mussolini fu espulso da un Psi pacifista, quando mostrò le prime idee belliciste).

Al contrario le espulsioni hanno una connotazione negativa, quando non accettano un minimo contraddittorio, magari basato su semplici sfumature di un’idea principale e condivisa da tutti: in questo caso è calzante l’episodio d’Adele Gambaro, oppure l’esclusione di Gianfranco Fini da parte di Silvio Berlusconi (anche se forse l’atteggiamento di Fini fu dato da una frustrata ambizione di potere).

Durante il periodo di fulgore del “Partito Socialista Italiano” di Bettino Craxi, il leader espulse numerosi esponenti (considerati “ storici” ), semplicemente perché contrari alla sua linea di pensiero.
Andando indietro col tempo: nel 1912, Benito Mussolini (allora segretario del vecchio Psi) impietosamente rimosse dei gloriosi fondatori del partito (tra cui Bissolati e Bonomi), solamente perché allineati su posizioni più riformiste e meno marxiste.

Il fenomeno d’espulsione su cui però è giusto soffermarsi avvenne nel 1969 all’interno del “ Partito Comunista Italiano”, quando il segretario era Luigi Longo, successore di Togliatti.
Longo (a contrario dell’idea monocratica di Togliatti) fu costretto ad ammettere, all’interno del partito, varie correnti di pensiero: “Sinistra”, “centro” (il cui era presente lo stesso Longo) e “destra”.

La corrente di sinistra era rappresentata da Pietro Ingrao e da un gruppo di giovani esponenti (Lucio Magri, Luigi Pintor, Rossana Rossanda, ecc.), fondatori del quotidiano “Il manifesto”.
L’area politica chiedeva una maggior rappresentanza democratica nel partito e auspicava un ritorno all’originale idea marxista, collegandosi al contemporaneo movimento del ’68.

Il punto di rottura avvenne, quando i carri
armati sovietici invasero la Cecoslovacchia, soffocando nel sangue il movimento di rivolta che era insorto nel paese.
“Il Manifesto” criticò l’invasione sovietica e il Pci di conseguenza espulse i giovani esponenti (eccetto Magri che ritrattò ed Ingrao che ne prese le distanze), che si riunirono in un movimento, chiamato appunto “Il Manifesto”.

A questo punto è giusto ascoltate l’opinione di Massimo F. (allora diciannovenne e partecipante del movimento del ’68 romano) che dopo un’iniziale militanza nel Pci, s’iscrisse al “Partito Leninista”.

Massimo F. chiaramente condanna l’atteggiamento del Partito Comunista, reo di non comprendere e non accettare quella che era “l’aria nuova” della sinistra italiana.
Nello stesso tempo però ricorda come i protagonisti dell’espulsione del 1969, erano di rilevante spessore politico/ culturale e soprattutto il dibattito si fondava su un autentico confronto di contenuti.

Difatti la principale differenza tra le espulsioni attuali e quelle precedenti è la presenza di contenuti ideologici, totalmente assenti nei dibattiti odierni: gli allontanamenti d’Adele Gambaro e di Fini, si basano su presunte motivazioni di scarsa democrazia, ma nessuno si preoccupa di spiegare le proprie ideologie, magari contrarie al partito di cui prendono le mosse.

Al contrario le espulsioni provocate da Craxi, da Mussolini (come segretario del Psi) o dal Pci di Longo, si basavano su uno scontro, magari anche aspro, d’ideologie e programmi ben precisi.

In generale questa è differenza tra la politica odierna e quella passata: è un chiaro segnale di mancanza d’ideologie e quindi di smarrimento di un elettorato che opta per una clamorosa astensione.

Antonio Gargiulo

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