Due miliardi di opere pubbliche spesi in sagre e oppio popolare. Così la culla della cultura mangia a spese dell’UE

CAVE CANEM. Pompei, casa del poeta tragico

CAVE CANEM. Pompei, casa del poeta tragico

“L’Italia non è capace di comprendere la centralità della cultura per il paese – commenta Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte – Stiamo dimenticando che nella nostra Costituzione è considerata un diritto che va tutelato e garantito a tutti i cittadini. Mentre da anni continua una politica irresponsabile dei tagli”. Un’inefficienza ingiustificabile ed ingiustificata se si pensa che dal 2007 ad oggi sono stati concessi dall’Unione Europea circa  due miliardi  da destinare  alla valorizzazione del  corpo culturale. Una vera e propria miniera d’oro che avrebbe potuto non solo salvare chiese, monumenti e musei, ma apportare attraverso il flusso turistico in movimento grossi guadagni alle tasche del paese. Ed invece di questi due miliardi è stata utilizzata solo la metà.  Ed il rischio è che se entro il 2015 tali fondi non avranno un’assegnazione ben precisa  torneranno implosi nelle tasche di Bruxelles.

Quello di Pompei resta uno dei casi più eclatanti. Sette crolli in due anni. Il primo, nel 2010, non è bastato a muovere la necessaria messa in sicurezza dell’area  sollevando irrisolti interrogativi   sugli assurdi tagli e la mancanza di manutenzione.

“Al danno dell’immobilismo si è poi aggiunta in questi anni la beffa dell’uso distorto dei finanziamenti europei- si legge in una nota della Federconsumatori- Il miliardo di euro utilizzato è stato infatti in gran parte dirottato su piccoli interventi di carattere clientelare, come sagre di paese, gare automobilistiche, restauri così affrettati e mal realizzati da dover essere rifatti”. Secondo l’associazione sono moltissimi i casi in cui l’uso   indebito del danaro pubblico ha riempito le tasche di piccoli   imprenditori volti a soddisfare i propri interessi, accartocciando soldi facili senza realizzare poi le relative opere.

Sopra il piatto vorace  del salvataggio turistico è infatti finita  qualsiasi ghiotta menzogna: dai centri estetici alle slot machine, dai bar alle palestre, con l’unico risultato, mortificante e tricolore,  di spingere la commissione europea a fermare i rimborsi.

Sei mesi fà, al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica è stata commissariata una delegazione  di esperti  il  cui compito sarà valutare le domande e spendere entro il 2015 i fondi rimanenti  (550 milioni).  Ad essa il compito di dirottare le quote nazionali anche verso altri usi, come asili e futuri progetti culturali, per dimostrare a Bruxelles che l’impegno dell’Italia verso l’UE è ostinato e leale.

Intanto allo scoccare della scadenza dei  patti in tutte le regioni interessate è partita la corsa al trono. Alla Sicilia resta da spendere ancora l’88 per cento dei 716 milioni stanziati. Peccato che dei 265 progetti solo 85 riguardano il settore.

Per l’UE i fondi dovranno servire a creare crescita ed occupazione. La grande sfida per il futuro è Pompei.  “Se il progetto va avanti- dice a l’Espresso il commissario agli Affari regionali Johannes Hahn- approveremo nuovi stanziamenti per i prossimi sette anni”. Per il momento a Bruxelles, l’Italia della cultura, è di fatto una materia bocciata senza riserva.

Roberta Di Sessa

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