Dino Valdi, all’ombra della ribalta

Un'immagine di Dino Valdi: morto nel 2003, lo scorso 1° giugno avrebbe compiuto 90 anni.

Guardandolo in una foto con cravattino e bombetta o vedendolo recitare in una pellicola in bianco e nero uno spettatore poco esperto facilmente verrebbe tratto in inganno. Sarebbe certo di trovarsi di fronte a lui, Totò, l’intramontabile, inconfondibile principe della risata. E si sbaglierebbe. Perché non tutti sanno che Totò aveva un doppio. E che il suo nome era Osvaldo Natale, in arte Dino Valdi.

Considerarlo una controfigura sarebbe scontato, riduttivo, addirittura offensivo. Dino Valdi fu per Totò un vero e proprio alterego, sua ombra e, negli anni, suo fidato amico e confidente, con cui condividere una fetta di successo, ma anche i pensieri più cupi.

Una somiglianza impressionante, quella tra il comico più acclamato di tutti i tempi e l’aspirante attore semisconosciuto che ne sarebbe diventato il perfetto riflesso. Dino Valdi era soltanto un ragazzino quando Totò aveva già raggiunto, se non l’apice del successo, una discreta notorietà, recitando al fianco di Titina De Filippo nelle commedie di Eduardo Scarpetta. Nonostante gli oltre vent’anni di differenza anagrafica, Dino Valdi si prestava perfettamente a sostituire il principe in quelle scene in cui gli veniva richiesta una prestazione particolare: iniziata nel 1947 con I due orfanelli di Mario Mattoli, la loro collaborazione proseguì due anni dopo per le riprese di Bellezze in bicicletta, che videro Dino Valdi prendere il posto di Totò, che vestiva i panni di un corridore ciclista, in sella alla bicicletta su cui Totò si sentiva decisamente a disagio, anche a causa di una sopraggiunta e quasi totale cecità. Un sodalizio che divenne indissolubile con Uccellacci e uccellini, film commiato di Totò diretto da Pier Paolo Pasolini, che vide Dino Valdi recitare nella maggior parte delle scene, esclusi i primi piani, di corse nei campi e passeggiate al fianco di Ninetto Davoli.

Stessa postura, stessa corporatura e un’espressività facciale molto simile a quella di Totò: sono questi gli elementi che resero strabiliante la somiglianza tra i due attori napoletani. Tanto da far rabbrividire alcuni dei presenti ai funerali del principe, che, giunti a rendergli l’ultimo omaggio, scambiarono Dino Valdi per un redivivo Totò, e si animarono di malcelato spavento nel vederlo in piedi davanti al feretro, suo gemello ancora vivo. Altri furono invece gli elementi che li unirono dal punto di vista personale: la profonda ammirazione che Valdi nutriva nei confronti del principe, suo mentore e “padre” artistico, e la gratitudine e il rispetto che il principe aveva per il giovane che, scegliendo di lavorare al suo fianco, rinunciò di fatto a tentare una carriera tutta sua e a guadagnarsi la fama. Pur essendo acclamato e conosciuto dal pubblico quanto e più dello stesso Totò, anche se sotto mentite spoglie. Una circostanza, questa, che faceva sorridere il principe de Curtis, che spesso ricordava scherzosamente a Valdi di essere beneficiario di una notorietà non sua. Ma Valdi non se la prendeva a male. Conosceva intimamente Totò. Sapeva quanto amasse scherzare, e sapeva anche che spesso lo faceva per celare un malessere esistenziale, quel senso di vuoto e di caducità della vita che lo attanagliava.

Il loro rapporto fu talmente intenso e sincero che, alla morte di Totò, la sua compagna Franca Faldini volle che fosse Dino Valdi a ricevere in dono la sua bombetta, le camicie con lo stemma principesco e il tight, come ricordo dell’amico perduto a cui aveva dedicato buona parte della sua vita oltre che della sua carriera. Una simbiosi da cui Valdi non si affrancherà mai. Il volto indimenticabile di Totò gli resterà cucito addosso molto a lungo. Solo parecchi anni dopo la morte di Totò, quando proverà a recitare autonomamente in un paio di film che però non raggiunsero mai la ribalta.

Una figura indubbiamente interessante dal punto di vista storico e intimamente controversa, quella di Dino Valdi. Una vita vissuta all’ombra di un grande, che, se da un lato può regalare grandi soddisfazioni, dall’altro rischia di lasciare perennemente in bocca il sapore amaro dell’incompiuto. E, per quanto grande potesse essere la stima che Dino Valdi nutriva nei confronti del principe della risata, non possiamo non pensare che non fosse condita da un pizzico di invidiosa delusione nel sentirsi sempre, eternamente secondo a lui.

Giuliana Gugliotti

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