Calcio e razzismo: servono regole e certezza della pena

Cesare Prandelli ha condannato duramente i cori contro Morosini

Il razzismo è tornato nel calcio, ma forse non è mai andato via. Lo scorso turno di campionato, ha regalato a sportivi ed appassionati episodi che con lo sport non dovrebbero proprio avere a che fare. Chiariamo subito: gli sfottò fra tifoserie ci stanno, è sano antagonismo e aggiunge un pizzico di sano campanilismo alla competizione. Altra cosa, invece, sono i cori razzisti, i “buu” ai calciatori di colore e il dire che i napoletani si riconoscono dalla puzza. E se certe cose farebbero meglio a non dirle neanche i tifosi, figuriamoci i giornalisti in un servizio della Rai.

Ma l’ultimo turno di campionato ha regalato se possibile anche di peggio. I tifosi del Verona hanno intonato a quelli del Livorno cori offensivi nei confronti dell’ex livornese Piermario Morosini, morto la scorsa stagione sul campo di Pescara per un problema cardiaco. ‘‘C’e’ forte indignazione e imbarazzo”  ha dichiarato Cesare Prandelli che ha ricevuto il premio ”Tor Vergata Etica Nello Sport”, un riconoscimento, recitano le motivazioni, ”per essersi distinto per lealtà, correttezza e fair play, principi sempre più rari nello sport attuale”. “Ci dobbiamo indignare – ha dichiarato Prandelli –  Venti stupidi non possono rovinare un evento bello come una partita di calcio. La provocazione non solo e’ indignarsi a livello verbale ma anche fisico. Se un deficiente fa un coro vicino a me mi alzo e me ne vado, isolandolo anche fisicamente”.

Le parole del commissario tecnico della nazionale italiana sono più che giuste ma denotano il solito modo di affrontare casi di questo genere. Siamo sicuri che atti di questo genere siano opera solo dei soliti “venti stupidi”? Di certo la maggior parte dei tifosi di calcio sono ben altra cosa e vivono lo sport con passione e con il rispetto per gli avversari, ma è anche vero che episodi di questo genere si stanno ripetendo con frequenza sempre maggiore, troppo spesso per continuare ad essere considerati episodi marginali. Sono sempre di più, per esempio, le partite caratterizzate dai cori razzisti, i famosi “buu” per cui ci si indigna un attimo e poi “lo show deve continuare”.

Come affrontare dunque il problema? Di certo la questione non si risolve con le multe alle società, strada praticata in Italia ma anche in Europa (è di queste ore la notizia della multa di 40 mila euro per la Lazio per i buu razzisti di Londra in occasione della gara di Europa League con il Tottenham dello scorso 20 settembre). Più volte la giustizia sportiva ha indicato come soluzione a questi comportamenti quella di interrompere o addirittura sospendere le partite. Una cosa che però non viene mai messa in atto. Un problema di regole e di certezza della pena che attanaglia lo sport italiano ma anche tanti altri aspetti della società. E forse proprio su questo si deve lavorare, soprattutto in rispetto dei tanti tifosi che guardano le partite per godersi lo spettacolo e tifare per la propria squadra, senza offendere nessuno. Insomma non quelli che invitano il Vesuvio ad eruttare ma quelli che colpiscono con ironia, con uno striscione che recita magari: “Ilary – Totti: una letterina per un analfabeta” o l’ormai famoso “Giulietta è una zoccola”.

Rey Brembilla

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