Festival del Cinema di Roma, arriva Muller tra le polemiche

L’auditorium Parco della Musica, sede storica del Festival di Roma

«Mi sono sacrificato per salvare un’edizione del Festival del Cinema di Roma che rischiava di non avere luogo». Dopo un’impasse durata mesi, si risolve così l’intricata vicenda degli ultimi mesi, con le parole pronunciate da Gian Luigi Rondi, presentatosi dimissionario al consiglio di amministrazione della Fondazione Cinema per Roma  (la stessa che organizza e gestisce il festival) riunitosi lo scorso 24 febbraio. Una decisione sofferta, ma resa inevitabile dallo stallo politico creatosi attorno alla nomina del nuovo direttore artistico della manifestazione. Rondi, 91 anni e in scadenza di mandato a giugno, non ha avuto altra scelta che fare un passo indietro, dopo tre mesi di un estenuante e ridicolo braccio di ferro tra chi appoggiava l’uscente direttore artistico Piera Detassis  e chi (il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della regione Lazio Renata Polverini) invocava un cambio al vertice appoggiando la candidatura di Marco Müller, ex direttore della Mostra del Cinema di Venezia. Una divergenza insanabile che ha spaccato il cda,  gettando il festival in una impasse molto più politico-istituzionale e sempre meno artistica, e mettendo a serio rischio lo svolgersi dell’edizione 2012 di un evento così importante non solo per la città di Roma, ma per tutto il settore cinematografico italiano. Da qui la decisione di dimettersi, per il bene della manifestazione innanzitutto. Il successore al posto lasciato vacante da Rondi sarà, con ogni probabilità, Paolo Ferrari, ex presidente dell’Anica e della Warner Bros Italia, spianando così la strada alla nomina Marco Müller come direttore artistico.

Pur non avendo ancora formalmente assunto la carica, Marco Müller sta già prendendo decisioni scomode. Il direttore in pectore avrebbe infatti deciso di spostare l’edizione 2012 da ottobre (18-26 le date già stabilite) a novembre (15-21), a ridosso del Torino Film Festival, il cui avvio è già previsto per il 23 novembre. Ma c’è di più. Nei prossimi sei anni  (un anno oltre la scadenza del suo mandato) il festival si sposterebbe stabilmente all’ultima settimana di novembre, andando così a coincidere con quello di Torino. Ci troveremo così nella situazione paradossale – e purtroppo tutta italiana – di tre festival del cinema (Venezia, Roma, Torino), ognuno con la sua fisionomia ben precisa, ma a poche settimane, se non addirittura giorni di distanza l’uno dall’altro. Gianni Amelio, direttore in scadenza di mandato del Tff, non ci sta a subire le decisioni a suo avviso “arroganti” di Müller. «E’ una guerra che non vorremmo ed è anche una guerra impari» sottolinea Amelio in un’intervista concessa a La Stampa. A differenza di Roma e Venezia, il festival torinese è una realtà più piccola che non può contare di grosse risorse finanziarie. Lo scontro con una macchina organizzativa molto più forte, soprattutto economicamente, metterebbe a rischio l’esistenza di una manifestazione che ha 30 anni di storia.  Il tutto a discapito di chi ama il cinema. «Periodi così ravvicinati determinano l’impossibilità di diversificare le fonti a cui attingere film – continua Amelio –, se lo scopo principale di un festival è informare, mostrare delle opere, dare visibilità a film che altrimenti non l’avrebbero, è ovvio che in questo modo tutto questo diventerà impossibile». Le nuove date indicate da Müller fanno sorgere poi, un altro problema di natura logistica. Il Parco della Musica – sede storica della manifestazione – in quei giorni ospita i concerti di Santa Cecilia. E nemmeno il trasloco – paventato nei giorni scorsi – all’Auditorium di Via della Conciliazione sarebbe possibile, sempre per precedenti impegni già presi dalla struttura di Borgo Pio.  Dalle pagine de Il Messaggero, Alemanno prova a smorzare i toni polemici di questi giorni assicurando che almeno per quest’anno il Festival del Cinema di Roma non subirà cambiamenti, mantenendo sede e date previste. D’altro canto, con la nomina di Müller, si vuole aprire una fase di ulteriore sviluppo della manifestazione con molteplici attività e iniziative da svolgersi in altri luoghi della città.

Stando così le cose, è lecito chiedersi che ne sarà del Festival di Roma? L’augurio è che si decida in fretta, perché il tempo corre inesorabile e la settima edizione è ancora in alto mare.  Questa sarà una settimana decisiva per il futuro del Festival, e una volta nominati i vertici, bisognerà pensare in primis ad organizzare la prossima rassegna di ottobre, che in ogni caso sarà una edizione di transizione tra l’era Rondi e la neo era Müller. Poi, portata a casa l’edizione 2012, si potrà pensare al nuovo format da dare al festival. Il tempo delle chiacchiere è finito, ed è arrivato quello di rimboccarsi le maniche e cominciare seriamente a lavorare. Le solite bagarre politiche all’italiana hanno trasformato una manifestazione culturale di rilievo internazionale in un assurdo teatrino dove l’interesse per il cinema è passato totalmente in secondo piano facendo perdere del tempo prezioso ad una macchina organizzativa che ha bisogno di certezze per allestire un programma degno.  Qui non si tratta di essere favorevoli o contrari a Marco Müller, l’uomo che negli ultimi anni ha riportato Venezia agli antichi fasti e che potrà sicuramente dare anche a Roma ulteriore importanza e significato internazionale. Ma la procedura irrituale della sua nomina, e l’arroganza della classe politica locale nell’imporla, ci obbligano a riflettere che siamo uno dei pochi paesi nel mondo civilizzato in cui purtroppo la cultura ancora non appartiene solo a chi la fa.

 Enrica Raia

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