Ue-Us  PRIVACY  SHIELD: TENSIONE TRA  LE  DUE SPONDE   DELL’ATLANTICO 

Ue-Us  PRIVACY  SHIELD: TENSIONE TRA  LE  DUE SPONDE   DELL’ATLANTICO 

La  decisione  della  Corte  di  Giustizia  nel  caso  Schrems  Data  Protection Commissioner  può  essere  considerata  uno  dei  precedenti  più  rilevanti nell‘ambito  della  recente  giurisprudenza  europea  in  tema  di  diritti fondamentali.

Ricostruendo  il  contesto  sia  politico  che  giuridico,  il  Privacy  Shield rappresenta  l‘ultima  tessera  di  un  puzzle  in  tema  di  tutela  della riservatezza  e  dei  dati  personali;  le  decisioni  Google  Spain  e  Schrems, sono  entrambe  portatrici  di  significativi  contributi  nel  quadro  della ridefinizione dello  statuto  dei  dati  personali  nell‘era dei  Big  Data. Il  Privacy  Shield  ha  palesato  la  preesistente  dicotomia  tra  l‘Unione europea  e  gli  Stati  Uniti  già  presente  dall‘entrata  in  vigore  della  direttiva 95/46/CE, 55  degenerata  a  seguito  delle  rivelazioni  di  Edward  Snowden circa  i  programmi  di  sorveglianza  di  massa  effettuati  dalla  NSA  (agenzie di  informazione e  sicurezza statunitensi).

Il  12  luglio  2016  la  Commissione  Europea  ha  completato  la  procedura  di adozione del  ―EU-US  Privacy  Shield e  i  principi  fondamentali  su  cui  si fonda  il  nuovo  accordo  tra  Ue  e  USA  per  gli  scambi  transatlantici  di  dati personali  a  fini  commerciali:  trasparenza  e  tutela  dei  diritti,  obblighi rigorosi  per le imprese che  operano  sui  dati  (enforcing).

Lo scudo dà  effettività  alla  sentenza  del  6  ottobre  2015  con  cui  la Corte  di  giustizia  dell‘Unione  europea,  che  due  anni  prima  accoglieva  il ricorso  dell‘austriaco  Max  Scherms  nei  confronti  di  Facebook invalidando  il  vecchio  regime  (Safe  Harbour),  in  quanto  dichiarato  privo di  garanzie  sufficienti  per  la  protezione  dei  dati  degli  utenti  europei trasferiti  verso  l‘altra  sponda  dell‘atlantico. A  questo  proposito,  la  Corte  aveva  osservato  come  in  realtà  la Commissione  non  avesse  proceduto  ad  una  constatazione  dell‘ adeguatezza  della  protezione  dei  dati  personali  garantita  dagli  Stati  Uniti (come  richiesto  dalla  Direttiva  in  materia  di  protezione  dei  dati personali),  ma  si  fosse  limitata  ad  esaminare  e  considerare  sufficiente  il regime  del  Safe  Harbor;  inoltre  la  Corte  aveva  notato  come  il  Safe Harbor  si  applicasse  solo  alle  imprese  americane  che  lo  sottoscrivevano, mentre  le  autorità  pubbliche  degli  Stati  Uniti  non  ne  erano  vincolate : tutto  questo  è  emerso  anche  attraverso  le  rivelazioni  sulle  attività  in particolar modo  dell‘intelligence  statunitense  (Datagate).

Il  caso  Scherms  si  pone  come  riflessione  su  due  situazioni  calde: differenze  tra il  modello  europeo  e  il  modello  statunitense di  tutela  della riservatezza;  e  differenze  tra  le  politiche  della  sicurezza  e  le  garanzie costituzionali  dei  diritti  di  libertà. Con  l‘accordo  del  Privacy  Shield,  gli  Stati  Uniti  hanno  escluso  l‘attività indiscriminata  di  sorveglianza  di  massa  sui  dati  personali  trasferiti  negli Stati  Uniti  e  hanno  assicurato  ufficialmente  alla  Ue  che  l‘accesso  delle autorità  pubbliche  ai  dati,  per  scopi  di  applicazione  della  legge  e  di sicurezza  nazionale,  è  soggetto  a  limitazioni,  garanzie  e  meccanismi  di vigilanza  precisi.

«La  raccolta  di  dati  in  blocco  sarà  eventualmente  ammissibile  solo  in presenza  di  determinati  presupposti  e  comunque  si  tratterà obbligatoriamente  di  una  raccolta  quanto  più  mirata  e  concentrata possibile».

Nel  nuovo  regime,  il  Dipartimento  del  Commercio  degli  Stati  Uniti sottoporrà  le  imprese  aderenti  allo  scudo  a  un  monitoraggio  periodico, assicurando  così  il  mantenimento  delle regole  reale e  concreto.

Il  Privacy  Shield  permetterà  a  tutti  di  presentare  querela  alle  autorità nazionali  nel  caso  in  cui  si  ritenga  sia  stato  compiuto  abuso  sui  propri dati. I  casi  presentati  dai  cittadini  europei  saranno  così  presi  in  esame  e  risolti in  tandem  con  la  federal  trade commission.

L‘accordo  politico  del  2  febbraio  2016  fra  la  Commissione  europea  e  il governo  degli  Stati  Uniti  d‘America  ha  dato  vita  al  nuovo  regime:  Il  12  e 13  aprile  al  piano  originario  sono  state  implementate  migliorie  e  clausole suggerite  dalle  autorità  europee  di  data  protection  (WP29) Garante europeo  della protezione dei  dati .

La  Commissione  europea  e  gli  Stati  Uniti  hanno  concordato  ulteriori punti  che  riguardano  la  raccolta  di  dati  in  blocco,  il  rafforzamento  del meccanismo  di  mediazione  e  una  maggiore  esplicitazione  degli  obblighi delle  imprese  rispetto  ai  limiti  sul  tema  della  conservazione  dei  dati  e  al trasferimento.

La Commissione Europea ha reso  operativo  lo  ―scudo dal  1 agosto  2016 adottando  la normativa  del  12  luglio  dello  stesso  anno .

«Le  nostre  imprese,  soprattutto  le  più  piccole,  hanno  ora  la  certezza legale  di  cui  hanno  bisogno  per  sviluppare  le  loro  attività  oltre  Atlantico.

Abbiamo  il  compito  di  seguire  passo  dopo  passo  il  nuovo  accordo  per accertarci  che sia all’altezza».

Le  società  statunitensi  che  vorranno  importare  i  dati  dall‘Europa dovranno  assumere  specifici  obblighi  in  relazione  alle  modalità  di trattamento  dei  dati  e  al  rispetto  dei  diritti  delle persone.

La  Federal  Trade  Commission  supervisionerà  il  rispetto  di  questi obblighi.

Gli  Stati  Uniti  hanno  assicurato  che  saranno  previsti  limiti  stringenti  alla possibilità  di  accedere  da  parte  delle  autorità  di  pubblica  sicurezza,  ai dati  personali:  non  ci  saranno  attività  di  monitoraggio  indiscriminato  e non  proporzionale  e  inoltre  dovranno  essere  prese  misure  preposte  al mantenimento  dell‘impegno. Il  WP29  ha  rassicurato  le  aziende  circa  la  possibilità  di  continuare  a usare i  meccanismi  alternativi  al  Safe  Harbor  per  il  trasferimento  dei  dati personali  negli  Stati  Uniti,  come  le  Clausole  contrattuali  standard  (CCS) e Binding  corporate rules  (BCR).

Il  processo  è  complesso  e richiede tempi  che si  prospettano  lunghi,  anche a causa dell‘implementazione dello  stesso  ad  opera  delle  autorità europee e di  quelle  statunitensi. Nella  parte  relativa  ai  Privacy  Principles,  l‘accordo  fornisce  un  livello  di protezione  maggiore  rispetto  a  quanto  garantito  in  precedenza  dal  ―Safe Harbour.

Sia  il  Safe  Harbor  che  il  Privacy  Shield  disciplinano  il  modus  operandi del  trasferimento  dei  flussi  di  dati  personali  generati  in  Europa  e  raccolti e gestiti  negli  USA.

I principi  sembrerebbero  restringere  la  dicotomia  tra  gli  standard  in materia  di  tutela  tra  gli  States  l‘Unione  europea:  il  dato, l‘informazione  personale,  è  considerato  un  bene  giuridico  tutelato  seguendo  i  dettami della  disciplina europea.

Il  dato  è  l‘elemento  caratterizzante,  l‘identità  intima  della  persona, tessera  di  un  mosaico  necessario  a  garanzia  dei  diritti  fondamentali presenti    nelle  carte  costituzionali  dei  singoli  Stati  dell‘Unione  e  della costituzione  della  Ue. Negli  USA  il  ―dato non  gode  di  questa  importanza  ma  assume  un carattere  e  un  valore  in  quanto  bene  e  dunque  rilevante  e  oggetto  di scambio;  il  ―dato è  una merce ed  è  il  motore dell‘economia digitale. In  tema  di  sicurezza  di  trasferimento  dei  dati,  soprattutto  in  assenza  di garanzie  precise,  il  sistema  statunitense  avverte  come  ostile  quello europeo,  ecco  perché  oggi  il  Privacy  Shield  assieme  alle  Binding corporation  rules  e  alle  Clausole  contrattuali  standard    di  queste  garanzie ne sarà  il  portatore.

PATRIZIA DIOMAIUTO

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