Scurdammoce o’ passato!

Nelle nostre radio riusciamo ad ascoltare i più variegati stili e generi musicali (anche se nella settimana post-sanremese ci sorbiremo tanti bei tormentoni), dal pop al rock, passando per il metal o il jazz (vedi le numerose rassegne che ci propina radio tre), ma che ne è della canzone classica napoletana? Secondo recenti sondaggi effettuati fra i networks radiofonici del Bel Paese, ne usciamo con le ossa rotte.

Che fine hanno fatto i vari maestri come Mario Abbate, Sergio Bruni, Mario Merola, Totó (ricordate “Malafemmena”?), Renato Carosone, Roberto Murolo e tanti altri artisti del nostro immaginario collettivo? Pezzi come “T’è Piaciuta”, “Tu vuó fa l’americano” e “Caravan Petrol” del Maestro Carosone hanno non solo un significato storico per la musica napoletana (e italiana, vogliamo ricordare!), ma hanno introdotto un rockabilly/foxtrot e dei ritmi che per l’epoca erano sconosciuti alla nazione. “Era De Maggio” di Murolo rappresenta il lato malinconico della Napoli di allora, “Dduje Paravise” è ritmata e scanzonata. Insomma non mancano i brani. Allora? Da dove nasce questa “sparizione”?

I motivi principali sono due:
– Un abbandono culturale che parte in primis dai napoletani, maestri anche nel calpestare le proprie tradizioni.
– Una certa diffidenza, diciamo un po’ pilotata, da parte dei non napoletani.

Per quanto riguarda il primo punto non c’è molto da aggiungere, se non che avere a che fare con un patrimonio culturale e musicale del genere significa preservarlo e nutrirlo costantemente. Non basta ascoltare il neomelodico di turno per credere di far del bene alla musica napoletana.
Forse il sottoscritto fa parte di una classe (‘81) che ha potuto cibarsi per ultima dei ricordi legati alla canzone classica di Napoli. Ricordo ancora con piacere le passeggiate con mio padre,che per farmi divertire mi canticchiava “Rusella ‘e Maggio” del maestro Sergio Bruni. Oggi cosa canticchiano i padri di famiglia ai loro pargoletti? “Senza e’ Te so’ ‘na Vela Stracciata”?

Per il secondo punto, purtroppo è evidente e sotto gli occhi di tutti una declassazione della cultura napoletana (e quindi anche della canzone napoletana classica d’autore) da parte di una classe politica senza dubbio legata al Nord e piegata a certi preconcetti. Chissà perché solo quest’anno si è visto sul palco dell’ Ariston Davide Van De Sfroos, cantautore e portabandiera del dialetto lagheè (il dialetto comasco), che strizza l’occhio (o se lo fa strizzare?) alla Lega.

Se da un lato si raccolgono i cocci, dall’altro ancora si raccolgono speranze anche grazie all’instancabile Renzo Arbore, lui sì vero amante e appassionato del genere. Da quasi vent’anni infatti Arbore gira il mondo con la sua Orchestra Italiana, diffondendo il “verbo” con il suo solito buon gusto (per chi fosse interessato, sarà in concerto al PalaTedeschi di Benevento l’11 Marzo). Mentre un personaggio come Gigi D’Alessio si appresta a prendere ancora in giro i napoletani con un programma nuovo di zecca registrato in diretta dal Radio City di New York (!), dal titolo “Tu Vuò fa l’Americano” (mentre il maestro Carosone si rivolta nella tomba). Pare che stia per riprendersi presto dopo il niet dei tifosi napoletani, per nulla convinti sull’affidargli il nuovo inno del Calcio Napoli ( che i suoi begli inni già ce li ha).
La Canzone Classica Napoletana d’autore merita di nuovo un posto di prim’ordine nel panorama musicale italiano, più Murolo e meno D’Alessio, grazie.

Marco Della Gatta

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