Radiohead – The King Of Limbs

E’ dura stare al passo di un gruppo come i Radiohead. The King Of Limbs è l’ottavo album da studio del gruppo più sperimentale e geniale dagli anni ‘90 a questa parte, ormai innalzati (o auto innalzatisi) a gruppo icona e punto di riferimento per un certo tipo di alternative rock.
Annunciato il 14 febbraio sul sito ufficiale del gruppo, rilasciato sottoforma  di MP3 e WAV il 18 febbraio, il 28 marzo seguiranno le versioni CD e vinile, mentre per il 6 maggio è prevista la “Newspaper Edition”, contenente 2 vinili, diversi artworks realizzati dalla band e un CD.

I Radiohead sanno cosa vuol dire comunicare in modo diverso rispetto ai tradizionali metodi del mercato discografico (basta ricordare il “costo zero” di In Rainbows, l’album precedente) riuscendo in soli 4 giorni a catalizzare l’attenzione attorno a loro, con quegli stessi ritmi frenetici che dominano il loro disco.
Composto da otto tracce, The King Of Limbs si apre con “Bloom”, un tappeto di suoni campionati di piano e batteria  sui quali si stende la voce di Thom Yorke in un modo che è ormai marchio di fabbrica della band. Ma i ritmi proseguono con “Morning Mr. Magpie”, anche qui spazi ampi a loop di batteria (giochi di charleston davvero notevoli) e voce in primo piano, con chitarra e basso che mettono su un riff anch’esso molto ritmico.
“Little By Little” introduce per la prima volta arpeggi di chitarra che pian piano vanno a sovrapporsi a loop al contrario di synth per un crescendo finale, mentre con “Feral” ritorniamo alle atmosfere generali del disco, con ancora una volta ritmi ripetuti di batteria dominati da una voce che questa volta lascia poco alla melodia per far parte anch’essa della sezione ritmica: è forse il pezzo più sperimentale dell’intero lavoro.
“Lotus Flower” è il singolo (anche se con i Radiohead in giro non dovremmo mai parlare di singoli veri e propri), se non altro reso celebre dal video pubblicato su Youtube (da vedere) dalla stessa band, un pezzo che forse come atmosfere si avvicina più a In Rainbows che al resto dei pezzi, ma in ogni caso un vero capolavoro.
“Codex” si apre con un piano pinkfloydiano e diluito (summer of ‘69), una ballad di quasi 5 minuti che Yorke interpreta con un’enfasi forse non presente (e non necessaria, d’altronde) nel resto del lavoro, ballad che si chiude con una sezione di fiati, davvero un classico. “Give Up The Ghost” si potrebbe definire un pezzo folk molto rilassante, anche qui interpretato magnificamente, condito da chitarre acustiche, percussioni morbide e cori dilatati. ”Separator” chiude il disco con il solito ritmo sincopato di batteria, voce e una chitarra molto pulita e arpeggiata.

C’è chi parla di capolavoro e chi di mezzo passo falso, ma la verità è che i Radiohead tornano a spiazzare come sempre. Sicuramente sotto il profilo puramente melodico In Rainbows (2007) rimane ancora una perla isolata, che un disco di 8 tracce non può spodestare. Ma The King Of Limbs più che togliere aggiunge ad un percorso creativo quella dimensione ritmica forse portata all’estremo ma sicuramente sempre ben eseguita e curata nei minimi particolari. E chissà che The King Of Limbs non sia solo la prima parte di un doppio album. Nel frattempo rimaniamo volentieri nel limbo. http://www.thekingoflimbs.com/

Marco Della Gatta

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