R.E.M. Collapse Into Now

Cascare nel solito cliché del “nuovo disco più elaborato/meno elaborato del precedente” con i R.E.M. è piuttosto facile, ma in questo caso forse ce lo risparmieremo. Collapse Into Now è l’ennesimo (si è perso il conto) album da studio per la band georgiana, attesa al varco dopo il pur positivo Accelerate del 2008, che aveva riportato Stipe e soci a “tirare” un po’ di più i propri pezzi, e che rimane in ogni caso un album dai toni estremamente rock e vivaci. Se con Accelerate ci siamo convinti della poliedricità dei R.E.M., con Collapse Into Now ce ne rendiamo sempre più conto. Un album che offre pezzi tiratissimi e ballad struggenti.

Il disco si apre con un uno-due efficace (“Discoverer” e “All The Best”), due pezzi davvero rock che riportano alla mente le atmosfere da garage band (o quasi) del precedente disco. Notevoli chitarre di Peter Buck, come sempre.
Il Singolo “ÜBerlin” invece non convince come si deve, forse per mancanza di inventiva o per gli arrangiamenti. Risultato: nulla di più che una ballad in chiave acustica corroborata da un organo in primo piano.
Si va molto meglio con “On My Heart”, dove per un attimo si riascoltano i R.E.M. di “Losing My Religion”, con una fisarmonica azzeccatissima che fa da tappeto al pezzo e ottimi incroci di chitarre e mandole arpeggiate (perché non scegliere questa, come singolo?). La scia acustica prosegue con “It Happened Today”, delicata al piano e alle acustiche, nonché impreziosita nel finale dalla partecipazione di Eddie Vedder dei Pearl Jam ai cori che dominano il pezzo.

La scarsa vena compositiva però riappare sorniona in “Every Day Is Yours To Win”, pezzo che verrà ricordato solo per il nome più lungo del solito. Strofe ripetute senza voglia e incisività da Michael Stipe (non rendendo giustizia alla sua estensione vocale). “Mine Smell Like Honey” ha il merito se non altro di togliere via il torpore con la sua vivacità, un onesto ed efficace pezzo guitar-rock (ciò che i R.E.M. sanno forse fare meglio). “Alligator Aviator Autopilot Antimatter” è un deciso duetto con Peaches davvero fresco e si erge fra i brani dell’album come tra i più godibili, così come l’ottima e “chitarrosa” (evviva!) “That Someone Is You”.

La scaletta piuttosto disarticolata si chiude con due ballads, “Me, Marlon Brando, Marlon Brando And I”, intensa e delicata, e “Blue”, che vede come ospite Patti Smith, che ormai gravita sempre più spesso attorno alla band, dove un freddo Stipe si intervalla con una poco ispirata Smith, davvero una chiusura non degna di questo nome.

Collapse Into Now è il disco di cui potevamo fare tutti a meno. Una sorta di Greatest Hits con brani inediti che ricalcano stereotipi di vecchi pezzi del gruppo, con la differenza che i vecchi pezzi non erano affatto stereotipi. Aspettiamo Stipe, Buck e Mills alla prossima, si spera migliore, avventura, e chissà che il tour che verrà lanciato con il disco non ci faccia cambiare idea.

Marco Della Gatta

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