Nikola Tesla: l’oscura morte del “padre dell’elettricità”

La vita non sempre va come ce la si aspetta, e a volte riserva delle sorprese impreviste. Ed è paradossale che proprio colui che viene ricordato come “santo patrono della moderna elettricità” abbia concluso la sua vita morendo nell’oscurità più totale, dimenticato da tutti. Nikola Tesla resta tutt’oggi un nome quasi sconosciuto, forse solo ad alcuni in grado di rievocare una labile connessione alla fisica e all’ingegneria, che viene però immediatamente accantonata in favore di nomi più illustri, alcuni dei quali si rivelano tuttavia inaspettatamente legati a quello ben più oscuro di Nikola Tesla. Thomas Edison, per esempio, che tutti associano all’invenzione della lampadina, quindi dell’elettricità, ma anche l’italianissimo Guglielmo Marconi, da noi patrioti considerato (a buon diritto?) l’inventore della radio.

Eppure basta scavare un po’ più a fondo nella tradizione scientifica del Novecento per incappare nell’ignoto nome di Nikola Tesla (1856-1943), scienziato e inventore di origine serbo-croata poi naturalizzato americano (1891): si scopre così che – nonostante Edison venga ufficialmente considerato l’inventore della moderna elettricità – se le nostre lampade, i nostri elettrodomestici, i nostri televisori e i nostri computer funzionano, è tutto merito delle intuizioni di Tesla, che perfezionò l’invenzione edisoniana della corrente a flusso continuo trasformandola nella moderna corrente alternata che oggi fa praticamente “muovere” il mondo. E si scopre anche che il nostro compatriota Guglielmo Marconi, prima di brevettare a suo nome una apparecchiatura che gli permise di trasmettere (1901) un segnale radio dalla Cornovaglia agli USA, passando alla storia come l’inventore della comunicazione via etere, si era fatto un giro nei laboratori statunitensi di Nikola Tesla, che già da qualche tempo lavorava a un progetto sulle onde radio, sviluppando proprio quella stessa idea che valse (1909) a Marconi il Premio Nobel per la Fisica. Con grande disappunto di Tesla, che, ancora memore dell’onta ricevuta, rifiutò (1912) quel Nobel che, dal suo punto di vista, gli era stato sottratto da Marconi tre anni prima. Una controversia che durò per anni, fomentata dai ricorsi di Tesla per riottenere la paternità dell’invenzione, concludendosi definitivamente solo nel lontano 1943, con una discussa sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che giunse – tardivamente – ad attribuire la precedenza dei brevetti allo scienziato serbo. Ma le scoperte scientifiche di Tesla non si fermano qui: chi ha sentito parlare di free Energy e dell’apparentemente irrealizzabile sogno di un’energia pulita e inesauribile deve necessariamente essere incappato nel nome di Nikola Tesla, l’uomo che “inventò il XX secolo”, lo “scienziato pazzo”, tormentato sin da bambino da visioni luminose oggi attribuibili alla sinestesia, che in tempi insospettabili predisse: “un giorno l’uomo connetterà il suo apparato con i moti originari dell’universo, e le vere forze che spingono i pianeti sulle loro orbite e li fanno ruotare spingeranno i suoi macchinari”, lavorando a lungo all’ambizioso progetto, mai realizzato a pieno, di ricavare elettricità dalla crosta terrestre e dalla ionosfera.

Nato a Smiljan, in Croazia, ma da una famiglia di origine serba, il giovane Nikola si dedicò ben presto allo studio della fisica, della matematica e dell’ingegneria, approdando, dopo un breve soggiorno parigino a servizio di una società di apparati elettrici, negli Stati Uniti, dove avvenne l’incontro con l’uomo destinato a divenire suo nemico giurato: Thomas Edison incaricò il giovane Tesla (1884) di riprogettare il generatore di corrente continua, promettendogli, secondo l’aneddoto, un compenso di 50mila dollari; compenso che non venne mai corrisposto. Fu quella la scintilla che appiccò, qualche anno dopo, il fuoco della cosiddetta “guerra delle correnti”, in cui, sotto un profilo professionale, trovò sbocco anche una personale antipatia tra i due inventori, che si protrasse per tutta la vita, fino a spingere entrambi a rifiutare (1915) l’assegnazione di un Nobel condiviso. Addirittura, per screditare l’avversario, Edison giunse a folgorare un elefante sulla prima sedia elettrica – prodotta dalla Edison Electric utilizzando la tecnologia della corrente alternata per dimostrarne la pericolosità – mentre Tesla, dotato di una intuizione senza precedenti, grazie alla quale le invenzioni prendevano forma nella sua mente, trovando poi riscontro nell’applicazione senza bisogno di esperimenti preliminari, rimproverò sempre a Edison la sua eccessiva meticolosità: “Se Edison dovesse cercare un ago in un pagliaio, egli procederebbe con la meticolosità di un’ape ad esaminare pagliuzza per pagliuzza finchè non trova l’oggetto della sua ricerca” e declassandolo da “scienziato” a “sperimentatore”. La “guerra delle correnti” si concluse con la vittoria della Westinghouse Electric, fautrice della corrente alternata, ma ridusse Tesla, che rinunciò ai diritti d’autore della sua invenzione per evitare la bancarotta societaria, povero in canna. Fu negli anni successivi che probabilmente maturò, nella geniale mente di Tesla, l’idea di un’energia a costo zero, prodotta attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali: nel 1899 Tesla si trasferì a Colorado Springs per continuare le sue ricerche sull’elettricità, e qui riuscì, a produrre dei fulmini artificiali sfruttando la capacità di conduzione della crosta terrestre. I suoi esperimenti affascinarono un magnate dell’elettronica, Morgan, che finanziò la costruzione della Wardenclyffe Tower, che avrebbe dovuto essere la prima torre delle comunicazioni: il progetto sfumò a causa del sorpasso di Marconi, e le altre applicazioni suggerite da Tesla, di utilizzare la torre come trasmettitore per sfruttare l’elettricità della ionosfera, inviando energia gratuita su tutta la crosta terrestre, non fu presa in considerazione dal magnate Morgan, che ritirò l’investimento. L’intuizione di Tesla fu più tardi “rispolverata”, purtroppo sfruttandone quello che lo scienziato aveva considerato un punto debole: se l’energia accumulata nei trasmettitori fosse stata inviata in un solo punto, anziché distribuita in maniera uniforme, avrebbe potuto produrre una scarica elettrica devastante, di intensità paragonabile a quella di una bomba nucleare. Da questa constatazione deriva la diceria che Tesla abbia brevettato il cosidetto “raggio della morte” o “raggio della pace”, partendo dal presupposto che la sua invenzione avrebbe potuto trovare applicazione come una sorta di scudo spaziale, in grado di sventare gli attacchi nemici abbattendo qualunque velivolo avesse gravitato all’interno dell’area coperta dallo scudo; e forse è proprio questo il motivo che spinse l’FBI a secretare alcuni documenti redatti dallo scienziato alla sua morte. E non sembra un caso nemmeno che il brevetto di Tesla sia stato in tempi recenti ripreso dal misterioso progetto HAARP (High Frequency Active Auroral Research Project) del Pentagono, definito un “metodo per l’alterazione di una regione dell’atmosfera, ionosfera e/o magnetosfera terrestre”, nato con l’obiettivo (dichiarato) di scoprire giacimenti di gas naturali.

Abbandonato dal suo magnate e sommerso di debiti, Tesla fu costretto a chiudere la Wardenclyffe Tower (1906), sede dei suoi esperimenti, e a ritirarsi a vita privata, pur continuando a coltivare le sue ambizioni; fu in quel periodo che il disturbo ossessivo-compulsivo da cui lo scienziato era affetto, si conclamò in maniera evidente: si racconta che Nikola, già estremamente severo rispetto a tematiche quali l’ordine e la pulizia coatta, tratti centrali di un carattere ossessivo-compulsivo, sviluppò delle vere e proprie ossessioni: nei confronti del numero 3 (ossessione che si traduceva nella compulsione, per esempio, a compiere le azioni nel numero di tre volte e in multipli di tre) e degli animali, in particolare i piccioni, da cui era profondamente affascinato. La tradizione vuole che proprio la morte di un piccione bianco, cui egli era molto legato e da cui pretendeva di essere visitato tutti i giorni nell’ultimo periodo della sua vita, quando alloggiava in una camera del New York Hotel, fu la causa che lentamente lo condusse all’infermità mentale e, infine, alla morte. Morte che sopraggiunse per arresto cardiaco, proprio in quella stessa stanza d’albergo, quando, ormai 84enne, Tesla era stato dimenticato da tutti, la figura dello scienziato brillante offuscata da quella miserevole del malato di mente, privato anche dell’ultima soddisfazione: vedersi assegnato, al posto di Marconi, il brevetto per l’invenzione della radio, per cui aveva lottato quasi tutta la vita, che gli fu riconosciuto pochi mesi dopo la sua scomparsa.

Giuliana Gugliotti

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