MEMORIALE’ DELLA REALTÀ  INDUSTRIALE

MEMORIALE' DELLA REALTÀ  INDUSTRIALE

Nel  1961,  dalle  pagine  della  rivista  letteraria

“Il  Menabò”,  Elio Vittorini  indicava  nella  nascente  realtà  industriale,  l’ispirazione  da seguire  per  nuove  opere  letterarie. Quasi  in  risposta  a  Vittorini,  nel  1962  viene  pubblicato  il “Memoriale”  di  Volponi,  un  diario  a  ritroso,  narrato  in  prima persona  dal  protagonista,  Albino  Saluggia  (che  patirà  il  sanatorio, proprio  come  Vittorini  nella  realtà).

Anche  in  quest’opera  (come  in  “Le  mosche  del  capitale”  del  1989), una  delle  tematiche  principali  e  chiave  di  lettura  simbolica,  è appunto  l’inesorabile  ingranaggio  industriale  che  schiaccia  l’uomo moderno. Albino,  è  un  operaio  in  una  fabbrica  piemontese  non  meglio precisata  (ma  sicuramente  ispirata  dalla  fabbrica  di  Adriano Olivetti,  dove  Volponi  ha  lavorato  come  direttore  del  personale), con  alle  spalle  un  trascorso  di  dolore,  immigrato  in  cerca  di  lavoro dalla  Francia  nell’Italia  fascista  al  seguito  del  padre,    poi  coinvolto dalla  guerra  e  internato  in  un  lager  nazista. Al  termine  della  guerra,  Albino  trova  lavoro  presso  una  fabbrica  a Candia,  grazie  a  una  legge  che  favorisce  i  reduci;  in  questo  lavoro ripone  la  fiducia  in  una  nuova  vita,  che  lo  riscatti  dalle  sue trascorse  vicissitudini. Sarà  invece  proprio  quel  mondo,  asettico  e  autoritario,  a  ricacciarlo nella  sofferenza  di  una  presunta  malattia  fisica,  la  tubercolosi,  che invece  nasconde  un  malessere  di  origine  mentale,  essendo  in  realtàaffetto  da  nevrosi  e  manie  di  persecuzione.

Inizia  così  la  frequentazione  del  sanatorio  per  lunghi  periodi,  in cui  il  suo  vero  male  sembrerà  migliorare. Proseguirà  saltuariamente  il  lavoro  in  fabbrica,  con  un  rendimento sempre  calante,  al  quale  corrisponderanno  incarichi  sempre  più avvilenti,  fino  a  quando,  come  guardiano  ai  cancelli,  non  sarà coinvolto  in  uno  sciopero  che  gli  costerà  il  licenziamento.

Nell’opera  di  Volponi,  si  ritrova  la  descrizione  documentaristica  di una  società  povera  e  proletaria,  come  in  un’altra  opera  corale “Cronache  di  poveri  amanti”  del  1946    di  Pratolini  (anche  lui  ospite di  sanatori,  per  problemi  di  salute). A  differenza  dell’opera  di  Pratolini,  nel  “Memoriale”  non  ci  sono figure  femminili  e  manca  l’Amore  come  via  d’uscita  al  logorio esistenziale  e  alle  privazioni. Per  il  suo  contenuto  documentaristico,  il  “Memoriale”  riprende  il filone  del  Neorealismo  impegnato  della  “Letteratura  di  Fabbrica”. Questo  filone,  nato  in  Italia  negli  anni  ’60,  si  sviluppa  sul  dibattito sull’industrializzazione  e  vede  coinvolti  scrittori  e  intellettuali (Ottieri,  Buzzi,  Bigiaretti)  al  servizio  di  grandi  aziende,  che lavorando  sul  concetto  di  “fabbica-comunità”,  produrranno  il genere  del  “romanzo  industriale”,  anche  detto  “romanzo olivettiano”  per  le  influenze  che  Adriano  Olivetti  ebbe,  come idealista  e  mecenate,  in  letteratura. Per  i  riferimenti  simbolici  all’establishment  autoritario, opprimente  e  persecutore  e  all’uomo  che  tenta  d’opporsi  al sistema,  è  possibile  collegare  i  contenuti  del  “Memoriale”  anche  al filone  del  “kafkismo  sociologico”,  termine  coniato  da  Calvino  per definire  la  narrativa  di  fabbrica,  d’impronta  kafkiana  (“Il Castello”).

L’opera  di  Volponi  è  anche  un  “romanzo-diagnosi”,  la  storia  del   rapporto  nevrotico  di  Albino  con  le  donne  (la  madre),  con  il  sesso,   l’autorità  e  la  modernità:  la  figura  dell’Inetto,  inabile  fisicamente  e mentalmente,  richiama  la  letteratura  italiana  di  psicoanalisi  del primo  trentennio  del  ‘900  e  in  particolare  i  personaggi  di  Zeno Cosini  di  Svevo  e  del  Mattia  Pascal  di  Pirandello  o  altri  inetti  e “svogliati  cronici”  della  letteratura  internazionale,  come  Ulrich (“L’uomo  senza  qualità”  di  Musil,  1930)  e  Oblomov  (dall’omonimo romanzo  di  Goncharov,  1859).

PATRIZIA DIOMAIUTO

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