L’altro Manzoni: Piero e la sua arte a cinquant’anni dalla scomparsa

Piero Manzoni firma una “scultura vivente”

Piero nasce a Soncino (Cremona), il 13 luglio del 1933. Di famiglia nobile, è il maggiore di cinque fratelli e cresce a Milano: qui termina gli studi classici presso i Gesuiti, nel liceo milanese Leone XIII e, dopo il diploma, si iscrive alla facoltà di Legge dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La vocazione artistica, però, si fa strada ben presto nel cuore e nella vita del giovane. Decisivi, in questo senso, sono i primi incontri con l’amico di famiglia Lucio Fontana, padre dello Spazialismo, incorniciati dal sole di Albisola Marina, in Liguria, dove la famiglia di Piero trascorre le vacanze estive. A soli diciassette anni comincia a dipingere: i primi soggetti sono soprattutto paesaggi e ritratti. Anno decisivo, per la vita artistica di Manzoni, è il 1956: debutta alla “Quarta Fiera di Mercato. Mostra d’Arte Contemporanea”, dove espongono pittori locali e, successivamente, prende parte al “Premio di pittura San Fedele”, mostra collettiva organizzata alla Galleria San Fedele di Milano (centro nevralgico per la pittura Nucleare); nel dicembre dello stesso anno, firma il suo primo manifesto: Per la scoperta di una zona di immagini. Nel 1957 espone insieme a Ettore Sordini e Angelo Verga alla galleria Pater di Milano e, nello stesso anno, aderisce a iniziative del Movimento Nucleare, firmando numerosi manifesti e articoli, grazie ai quali diviene promotore attivo per la divulgazione di nuove idee sull’arte. In ottobre partecipa alla mostra allestita dal Movimento Nucleare nella Galleria San Fedele di Milano, “Arte Nucleare 1957”: dipinge sagome antropomorfe, quadri con impronte di oggetti e realizza i primi “Achromes”, grandi superfici bianche di gesso e caolino su quadrati di tessuto vario. Nel 1958, Manzoni espone con Lucio Fontana ed Enrico Baj; nel 1959 si distacca dal gruppo dei Nucleari e inizia la collaborazione con Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani; con quest’ultimo fonda la rivista “Azimuth” e la galleria Azimut. Continuano intano le sperimentazioni con gli Achromes, ma il suo stile diviene sempre più radicale e insofferente alla tela. Tra il 1959 e il 1960, Manzoni sperimenta le Linee: dipinte su strisce di carta, arrotolate e chiuse in un tubo di cartone etichettato, esse dovevano restare -nelle intenzioni dell’autore- sigillate e nascoste all’osservatore o all’acquirente. L’opera è chiusa in se stessa, come gli Achromes che non dovevano rimandare ad altro se non a se stessi. Questi i primi accenni alla tridimensionalità dell’opera d’arte, già sperimentati da Fontana e dai suoi tagli nella tela. A seguire, una delle sue performance più famose: Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte. Manzoni firma con l’impronta del pollice alcune uova sode e invita il pubblico a consumarle sul posto. Ne deriva una desacralizzazione dell’oggetto e del ruolo stesso dell’artista: la consumazione o la conservazione dell’opera d’arte (questo il principio che regge i Fiati d’artista e le più famose Merde d’artista) testimoniano una rottura rispetto alla tradizione che aveva portato a stimare le opere d’arte non in sé, bensì in quanto prodotto di un artista in questo modo sacralizzato. Nel 1961, alla Galleria La Tartaruga di Roma, seguendo questa poetica, Manzoni realizza la trasformazione del pubblico in opera d’arte, firmando le “Sculture viventi”: persone del pubblico autografate dall’artista e accompagnate da un attestato di autenticità. Il gesto artistico che eleva lo spettatore dell’opera in arte, è riproposto dalla “Base magica”: chiunque salga sul piedistallo magico può e deve essere considerato un’opera d’arte, almeno finché ci rimane. Questa poetica trova il suo apice nella “Base del mondo”, costruita a Herning nel 1961; simile alle altre Basi magiche, la Base del mondo è capovolta per sostenere il mondo intero. È il mondo stesso, in ogni suo componente animale o vegetale, a trasformarsi in opera d’arte annullando, così, qualsiasi limitazione temporale. Nel 1962, Manzoni prende parte a due mostre con il Gruppo Zero (Anversa e Berna); continua le sperimentazione sugli Achromes e progetta/realizza le ultime opere con l’intenzione di conferire loro grandiosità architettonica; l’opera d’arte, in questa fase, non è più semplice oggetto che può essere esposto nei musei o venduto nelle gallerie d’arte: dalla finestra fosforescente realizzata in una fabbrica di camicie ad Herning, all’idea di tracciare una linea lunga quanto il meridiano di Greenwich, fino al progetto per il “Placentarium”, un gigantesco “corpo d’aria” abitabile, “teatro pneumatico per balletti di luce, di gas, ecc”. Il 25 gennaio del 1963 arriva, per il giovane artista, una bella conferma: alla Galerie Smith di Bruxelles gli viene dedicata una mostra monografica. Tuttavia Manzoni non ebbe il tempo di godere pienamente il suo successo: di lì a poco sarà stroncato da un infarto.

Travisato, banalizzato, ridicolizzato dai posteri, Piero Manzoni resta uno degli artisti più importanti e significativi dell’arte contemporanea. Come cantavano i Baustelle nel 2005 in “Un romantico a Milano”: Fra i Manzoni preferisco quello vero: Piero

Emiliana Cristiano

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