La sinistra ha trattato con Gheddafi prima del Cavaliere (la differenza sta nei risultati ottenuti)

Il titolo di un lancio dell’agenzia ANSA del 2 dicembre 1999 è chiaro: “Italia-Libia: Gheddafi, rapporti migliori con Ulivo al governo”. Il concetto è ribadito nel resto della notizia: “I rapporti tra Italia e Libia si sono ‘consolidati’ da quando l’Ulivo è al governo. Il leader libico si è detto ‘molto soddisfatto’ del suo colloquio di oggi con D’Alema e ha affermato che ora i rapporti tra i due paesi sono ‘amichevoli’. ‘Questi rapporti sono migliorati grazie all’Ulivo e alla direzione del nostro amico D’Alema. Lo stesso incontro è stato possibile perché l’Ulivo è andato al governo’, ha ripetuto”. L’entusiasmo e la gratitudine mostrati allora da Gheddafi sono comprensibili. Massimo D’Alema è stato il primo premier europeo a visitare la Libia da quando l’Onu, nel ’92, stabilì le sanzioni per l’attentato di Lockerbie, le stesse poi revocate nell’aprile ’99. Questo record – che in diplomazia pesa – non è casuale. E non è neppure merito di D’Alema. Si deve, invece, a Romano Prodi: il 21 ottobre del ’96, dopo un incontro con Hosni Mubarak, Prodi mostrò apprezzamento per le parole del presidente egiziano sui “cambiamenti della politica di Gheddafi”, e salutò quel processo come un “punto di riferimento importante per la politica estera”.
Il 9 luglio del 1998, in piena fase di sanzioni Onu, Lamberto Dini firmò un primo trattato con la Libia, che fu lungamente discusso con Gheddafi. Quel trattato, dissero allora all’Ulivo, si basava sulla constatazione che “direttamente o indirettamente, Tripoli da tempo non è più coinvolta in atti di terrorismo”. Era un’affermazione avventata – come dimostrerà il Sismi nel 2003 – che però fece da prologo al viaggio di D’Alema del ’99 e alle numerose telefonate fra Gheddafi e Prodi, salito nel frattempo alla guida della Commissione europea.
Dopo i loro scambi, i quotidiani europei cominciarano a parlare di un possibile invito a Bruxelles per il leader libico. Le critiche costrinsero Prodi a ritirare l’invito e costarono al politico italiano un velenoso ritratto del Times. “Prodi sprizza idee in tutte le direzioni – scrissero i britannici – Se non si è ancora dimostrato un leader energico e dotato di una visione, è perché il signor Prodi è ostacolato dalla sua imperfetta padronanza dell’inglese e del francese, da un servizio stampa erratico e dal suo stile schivo”. Naturalmente, Gheddafi si dichiarò “indignato per la decisione di non essere ricevuto”, e lo stesso Prodi comprese di dovere mettere a punto un nuovo dossier sulla Libia.
La prima fase dei rapporti del centrosinistra con Gheddafi finì lì, con molta fiducia mal riposta e un sostanziale nulla di fatto. Ma nell’autunno del 2003 accadde un evento che modificò completamente la posizione della Libia e le sue relazioni con l’Italia. Il Sismi di Nicolò Pollari, in un’azione congiunta con il Mukhabarat egiziano e con il supporto esterno della Cia, scoprì una nave carica di armi di distruzione di massa diretta in Libia. Il dossier era gestito dagli stessi agenti coinvolti nel caso Abu Omar, quelli che la procura di Milano ha mandato sotto processo e ha fatto condannare. La nave provava che la fiducia concessa a Gheddafi dai governi dell’Ulivo era cieca e immotivata. Silvio Berlusconi, in accordo con George W. Bush, lavorò a una complessa trattativa che obbligò Gheddafi ad abbandonare le armi di distruzione di massa. Per questo, il Cav. fu ringraziato pubblicamente da Bush.
All’annuncio del Colonnello seguì il primo viaggio di Berlusconi a Tripoli del 2 ottobre del 2004, quando furono poste le basi per il trattato definitivo di amicizia. Nel 2006, appena tornato al governo da ministro degli Esteri, Massimo D’Alema tentò di capitalizzare il lavoro svolto dal centrodestra. Ma fallì, come ben comprese il diplomatico italiano che, il 10 novembre del 2007, vide allibito il leader libico alzarsi e allontanarsi senza neanche salutare mentre ancora D’Alema parlava. Quello fu il loro ultimo incontro ufficiale. Si tratta di un episodio noto soltanto a pochi, che però spiega perché, nell’estate del 2009, D’Alema decise di fare un’inusuale anticamera davanti alla tenda di Gheddafi a villa Pamphili, dopo che questi aveva disdetto un incontro a Montecitorio.

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