La recensione di Silent Hill: Downpour

Silent Hill: Downpour spiazza la folla regalando ai seguaci del gioco horror un’altra malsana avventura nel mondo dell’assurdo

Presentato come il sesto capitolo della saga, Silent Hill: Downpour spiazza la folla regalando ai seguaci del gioco horror un’altra malsana avventura nel mondo dell’assurdo. Le spettrali ed inquietanti ambientazioni accompagnate da tetre colonne sonore, risvegliano un piccolo sentimento di paura anche nel più coraggioso dei giocatori, ma scendiamo nei dettagli:

La trama – Innovativa – Rispetto alle precedenti è accattivante. Iniziare come un carcerato che riesce, tramite un incidente “casuale”, a svignarsela dal bus che trasferirebbe la propria vita da un inferno all’altro, quale galeotto non gradirebbe tale risvolto? Peccato che però, per il protagonista Murphy Pendelton, il vero inferno sarà cadere nel surrealismo delle terre dannate di Silent Hill. Lì, dove ogni incubo prende vita, Murphy dovrà affrontare la dura strada della coscienza che lo porterà a rivivere ricordi distorti dalla folle mischia di eventi che si susseguiranno, dando modo al giocatore di immedesimarsi nelle angosce del protagonista, avvolto da un mondo contorto e sporcato dalle menti più corrotte.

Il protagonista – Intricato – Come già citato prima, il nome del nostro fortunato partecipante alla fiera delle mostruosità degli inferi è Murphy Pendelton. Ex marito di Carol Pendelton e padre del piccolo Charlie, Murphy è un carattere complesso, riflessivo, ossessionato e silente con un vissuto felice interrotto dall’omicidio del figlio da parte di Patrick Napier (suo vicino di casa), un pedofilo con la fedina penale macchiata di altre otto anime innocenti. Murphy riesce, tramite un compromesso con una delle guardie, ad incontrare nelle docce del penitenziario il carnefice del proprio pargolo donando a lui gli ultimi minuti di vita più orrendi che potesse immaginare. Ve lo state chiedendo, vero? …Sì. Lo uccide. Ma non vi ho svelato nulla, tranquilli. Siamo solo all’inizio del gioco.

I MOSTRI:

Screamers (urlatori):  Gli Screamers, anzi LE Screamers, vengono rappresentate come donne o presunte tali dall’aspetto stregonesco: vestiti scuri, strappati, capelli neri che coprono gran parte del volto tumefatto. Insomma non proprio l’ideale di donna che vorresti ritrovarti avanti agli occhi. C’è sempre un legame tra l’aspetto e peculiarità di tali “esemplari” e la realtà dei personaggi che vivono queste avventure. Per l’appunto le Screamers rappresenterebbero in modo circostanziale l’ex moglie di Murphy che, dopo l’assassinio del figlio Charlie, accusò il marito di aver lasciato senza alcuna “genitoriale vigilanza” il giovane ragazzino e dunque di essere responsabile della sua morte. Dopo tale triste evento, la moglie di Pendelton cambiò completamente tramutandosi in una persona violenta, non facendo altro che urlargli contro tutto l’odio che ne provava e aggredendolo anche fisicamente. Da ciò si presume anche che la ferita sul volto di Murphy sia opera delle unghie della oramai “feroce” Carol.

Weeping Bats (pipistrelli piangenti): Rappresentati da alti e macabri energumeni, i Weeping Bats regnano le miniere che il personaggio principale andrà ad esplorare. Di un colorito biancastro, cadono dai soffitti bui ed indefiniti di questi oscuri tunnel del terrore, attaccando in modo grottesco il malcapitato di turno. Essi sono il perfetto dipinto di una guardia carceraria nel pieno della sua riprovevole corruttibilità e violenza.

The Prisoners (I prigionieri): Tale è il loro appellativo, tale il loro ruolo nella realtà di Murphy. Uomini d’aspetto, cani con la rabbia che non mangiano da una settimana di comportamento. Rappresenterebbero la paura del protagonista verso gli altri detenuti, ingigantendo ai suoi occhi le loro negative capacità di dimostrarsi minimamente umani. Agili ma pazzi, senza un briciolo di senno per poter trovare differenza tra una sedia ed una fetta di carne.

The Dolls (Le bambole): Quale sarebbe la vostra sensazione nello scoprire che uno sterile e freddo manichino da vetrina possa muoversi e abbia serie intenzioni di uccidervi? Beh, ecco, adesso sapete come mi sono sentita la prima volta che ne ho incontrato uno nel gioco. Le Dolls sono perfetti manichini donne apparentemente ceree che proiettano la propria figura sottoforma di ombra trasparente, ma non vi svelerò come si infligga loro danno …E’ più divertente scoprirlo, no? Ad ogni modo queste “care ragazze” incarnano l’imprevedibilità, l’apparenza ed il suo lato oscuro. Ad esempio, come avrebbe mai potuto Murphy immaginare che il proprio vicino di casa, una persona apparentemente rispettabile, fosse un pedofilo assassino? Ebbene ci sono proprio le Dolls a ricordare al nostro protagonista quanto siano spesso infide ed ingannevoli le apparenze. Dietro una maschera di cera c’è sempre un pensiero altrettanto inumano.

The Prisoner Juggernaut (Il prigioniero Juggernaut): Simile ai precedenti Prisoners, il Juggernaut è un bel po’ più alto e con una muscolatura più articolata. Con un po’ di attenzione in più, su di lui si potranno notare vecchi tatuaggi sbiaditi lungo tutto il corpo, essendo la pelle biancastra non vi riuscirà difficile scoprirli. E’ un mostro con un pessimo carattere, di certo non vi inviterà a prendere il thè in una delle celle in cui vive, bensì cercherà di attaccarvi facendo carica su di voi in modo da potervi stordire e colpire in modo sgraziato con forti pugni. Tale mostruosità è il riflesso che vede Murphy di sé stesso. Dopo essere stato arrestato per il furto di un’auto della polizia con l’intenzione di farsi giustizia da solo per l’omicidio del figlio, vede in sé un mostro, una comune bestia in gabbia come tutti gli altri detenuti.

Monocle Man (L’uomo monocolo): Non è un vero e proprio mostro poiché non è una vera e propria entità da combattere. Apparirà per breve tempo in una delle scene della miniera che andrete man mano ad esplorare come un lembo facciale mantenuto da catene elastiche ed una lente grossa quanto un farò che dà l’idea di un monocolo. Egli rappresenta uno dei personaggi secondari che Murphy incontra all’ingresso della miniera, John Sater. Una guida che conduceva delle brevi gite all’interno dei tunnel della miniera in un piccolo trenino per bambini. Grazie alla sua negligenza un giorno si presentò ubriaco al lavoro causando la morte di otto ragazzini e di conseguenza perse il lavoro. Sater pur non essendo un personaggio rilevante, solleva in Murphy una polvere di pensieri interrogandolo su i suoi piccoli segreti, così facendo egli scatena nel personaggio principale una tempesta di riflessioni utili per raggiungere un debilitante esame di coscienza.

La particolarità di questo sesto episodio della macabra cittadina di Silent Hill è che i “boss” finali sono due:

The Boogeyman (L’uomo nero): Non vi sarà difficile riconoscerlo, si presenterà a voi in modo calmo ed elegante con il suo grande martello e il suo imponente impermeabile nero. Il volto di tale mostro è completamente coperto da una maschera antigas, il che probabilmente è un vantaggio dato che di “belle” facce ne avrete già viste molte. Ma il motivo per il quale questo simpatico omone si nasconde dietro una copertura di nera plastica è ovvio. L’uomo nero, l’uomo dei comuni incubi non può essere altro che la rappresentazione delle mere azioni, degli sbagli senza colpa e dell’insensibilità senza rimorsi. Il che porterebbe a pensare che il mostro non sia solo una figura rappresentante l’assassino del piccolo Charlie, ma anche della violenta ed istintiva vendetta di Murphy stesso.

The Wheelman: Vi dirò poco di questo autentico mostro finale, dato che seguendo la storia ne capirete il senso dell’aspetto e del carattere. Si presenta come un uomo gigante collegato a quelli che sembrerebbero apparecchi medici per tenerlo in vita. Il volto non è riconoscibile, niente lo è, la sua faccia è solo ricoperta da lembi di pelle ricostruiti e legati tra loro che lasciano intravedere un occhio solo di tanto in tanto. Al solo osservarlo non si può non provare un senso di timore e disgusto per come appare, ma gli eventi potrebbero cambiare il vostro punto di vista fino a farvi provare una sorta di tenerezza, chissà.

Arrivati a tale punto esaminerei gli ultimi due aspetti di questo gioco.

Pregi – Storia intrigante, personaggio principale ben articolato, ambientazioni suggestive. Questo gioco è degno di un intero pomeriggio immerso nelle paure di qualcun altro provandole come proprie. I finali sono come al solito molteplici, sei per la precisione, non li ho sperimentati tutti ma quelli che ho provato hanno avuto il loro perché. Non c’è attimo in cui ci si possa concedere una distrazione grazie ai continui rumori e sussurri da parte dell’anima di una città maledetta creata dalle proprie angosce.

Difetti – Dispersivo. L’unico punto a sfavore di questa contorta avventura sono le missioni secondarie che danno a questo episodio l’aspetto di una sorta di GDR (Gioco Di Ruolo). Durante l’avventura infatti noterete che le domande sono molte e le risposte incomplete, ciò crea ramificazioni di strade che possono distrarvi dal vostro obiettivo principale.

Detto questo, non vi resta che giocare. Il mio è un umile e personale parere che potrebbe esservi d’aiuto quanto depistarvi. Avete solo una possibilità: scoprirlo.

Ira Green

Riproduzione Riservata ®

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