Gatto “guardone”? Cacciatelo dal letto

Che gli occhi del gatto, con quelle sue movenze flessuose ed eleganti, la sua proverbiale flemma e le grandi pupille capaci di fissare lo stesso punto per ore, mettano soggezione è una verità. Che lo sguardo del felino sia talvolta inquietante è una possibilità; ma che addirittura sia intenzionalmente “guardone” è una conclusione forse un po’ troppo azzardata. Eppure un ultrasessantenne milanese si è difeso così dall’accusa della moglie di non assolvere ai propri doveri coniugali: il gatto guarda, e il suo sguardo è angosciante.

Il gatto guardone potrebbe rendersi responsabile della deriva coniugale: a sentire il marito, la sua presenza in camera da letto sarebbe fortemente inibitoria, guasterebbe l’atmosfera e altererebbe la quiete dell’alcova coniugale, impedendogli di avere regolari rapporti con la consorte. La quale, irritata dai parecchi mesi di “digiuno”, rilancia: “E’ lui – riferendosi al marito – ad aver raggiunto la pace dei sensi”. A sentire lei, il gatto non c’entra niente. Anche perché sono oltre cinque anni che il micio dorme nel lettone con i padroni, e sarebbe impensabile, a detta della signora, sbatterlo, all’occorrenza, al freddo della cucina.

Per dirimere la controversia i coniugi hanno ben pensato di recarsi all’Aidaa, Associazione Italiana per la Difesa di Animali e Ambiente, che mette a disposizione dei cittadini un “tribunale degli animali”, cui tutti coloro che hanno dei dubbi rispetto al trattamento degli amici a quattro zampe possono rivolgersi. E come ogni tribunale che si rispetti, anche il tribunale dell’Aidaa ha tentato la conciliazione, convocando gli accusati, la moglie e il gatto, orditori di una cospirazione ai danni dell’uomo, per trovare una soluzione “bonaria”: per tre mesi, in via assolutamente transitoria, il micio sarà bandito dalla camera da letto, per permettere al marito di esprimersi in piena libertà, senza l’angosciante sensazione di essere osservato da quegli occhi di gatto che brillano nell’ombra. In quest’arco di tempo l’uomo dovrà peraltro confutare, coi fatti, l’accusa della moglie e dimostrare di essere sessualmente ancora attivo. In caso contrario, trascorsi i tre mesi il micio sarà riammesso nella stanza coniugale, mentre il marito dovrà sottoporsi ai controlli del caso, ed eventualmente correre ai ripari. O, nella peggiore delle ipotesi, cambiare stanza. O casa, chissà. E, per compagnia, magari prendersi un cane.

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