Foo Fighters – Wasting Light

La copertina di Wasting Light. Bohemian Rhapsody vi dice nulla?

Scrivere dei Foo Fighters è come scrivere del rock, una quasi totale perdita di tempo. Dall’ormai lontano esordio con l’album omonimo e soprattutto con l’acclamatissimo The Colour And The Shape, il gruppo ha macinato dischi, singoli, chilometri, live in giro per il mondo e sudore, tanto sudore.
Il rischio era di perdere la vena creativa, che invece ha ripreso a pulsare più forte che mai in questo ultimo lavoro, Wasting Light, dall’attitudine decisamente “heavy” (come confermato dalla band) rispetto agli ultimi lavori, ma alla portata di tutti, cosa non facile visto il genere.
Prodotto da Butch Vig (già dietro le quinte degli album dei Nirvana) e registrato ad Encino, California, nel garage di casa Grohl, tutto con strumentazione analogica, e si sente.

Il disco apre con una sudatissima Bridge Burning, per sfociare poi nel singolone Rope, caratterizzato da effetti di chitarra sapientemente dosati e un groove di batteria come al solito al bacio da parte di Taylor Hawkins.
Dear Rosemary vede la partecipazione del mito personale di Grohl, quel Bob Mould degli Husker Du, un pezzo dall’andatura sorniona e dall’intro epico. White Limo è un pezzo quasi ironico in stile Metallica, dove ascoltiamo, sotto un incidere di batteria e chitarre a dir poco violento, un Grohl megafonato e cattivissimo quanto divertito.
Arlandria è un efficace pezzo rock dal riff ossessivo che “acchiappa” all’istante.

These Days si potrebbe considerare la ballatona del disco, se non fosse che stiamo parlando di un disco decisamente hard-rock e non a caso. Un pezzo melodicamente gradevole con delle pause che ricordano vagamente quella Adam Song dei redivivi (o sarebbe meglio dire redimorti?) Blink 182.
Back & Forth scivola via piacevolmente, con una strofa da dieci e lode in termini di melodia vocale (Grohl ci sa fare) e dal ritornello a metà tra Alice In Chains e i primi Foo Fighters.
Miss The Misery dal tempo sincopato e dalle chitarre brillanti spicca per potenza e cori quasi da stadio.
I Should Have Known vede ad un pesantissimo basso l’amico Krist Novoselic, ex bassista dei Nirvana (ormai buttatosi sulla politica), una splendida ballata che apre con violoncelli che donano un’atmosfera malinconica al pezzo (si pensa che il pezzo sia dedicato a Kurt Cobain, leggendo il testo, e la presenza di Novoselic sembra confermare la tesi).
Walk chiude dolcemente un disco che fa sudare e saltare per tutto il tempo, con intrecci di chitarra e giochi di accordi maggiori/minori al bacio.

Le vendite di questo disco stanno superando le aspettative, e lo stesso Grohl ha ringraziato li acquirenti dal proprio profilo twitter, aspettandosi vendite altrettanto fruttuose con il loro documentario “Back & Forth”.
Tornati già in Italia per il Rock In Idrho a Rho (MI), il gruppo è attualmente in tour.

Marco Della Gatta  

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