Digitalism – I Love You Dude

Cuori digitali per la copertina di "I Love You Dude"

Non c’è genere musicale come quello della musica elettronica che sia riuscito a portare nell’olimpo delle vendite discografiche quanti più rappresentanti possibili del panorama europeo.
Altri generi sembrano di appannaggio di determinate nazioni europee (il pop per l’Italia, con esportazione in sudamerica), il rap e l’hip-hop la Francia, il rock per la Gran Bretagna, ma la cara vecchia dance non conosce barriere e dogane.

I Digitalism sono un duo di Amburgo , ed il compito di catalogarli in un genere appare piuttosto difficile, a parer nostro vengono messi alla voce dance più per comodità che per altro.
Attivi dal 2004, hanno all’attivo un album da studio (il loro esordio, Idealism, venne salutato con ampio piacere da critica e pubblico), ma soprattutto vantano una già ricca serie di collaborazioni e remix (come la celebre Seven Nation Army remixata, noi italiano ce la ricordiamo benissimo,ad Amburgo non so) con Depeche Mode, The Cure, Klaxons e via dicendo.

Eh già, perchè le dieci tracce che compongono “I Love You Dude” hanno sapori assortiti.
L’apertura (Stratosphere) ha decisamente il sapore dei primi Air, mentre Hearts ricorda i Killers più digitalizzati ed elettronici che si possano immaginare.
Circles è uno dei pezzi forti, con un “riff” di tastiera che rimanda ai Kaiser Chiefs e ai Depeche Mode anni ‘80 (quelli di I Just Can’t Get Enough).
Blitz ha echi alla Cassius ed è uno dei pezzi più “francesi” dell’album (esponenti del cosiddetto “French Touch” quali i Daft Punk, gli Air e Cassius sono stati forte fonte di ispirazione per i due giovanotti).
Forrest Gump vede la partecipazione di Julian Casablancas degli Strokes nella composizione, e non sfigurerebbe in un dance club di Berlino (la vera patria delle ultime tendenze musicali elettroniche, da sempre). Un motivetto orecchiabile e facile da ricordare (“and then you run”).

Reeperbhan apre la seconda parte del disco in maniera decisamente più “heavy” delle precedenti tracce, stavolta con una batteria “vera” e non campionata o elettronica, voci passate al megafono e cupe, e chitarre distorte e abbassate di tonalità (non vorremmo passare per folli ma si sentono anche echi di trapani!).
Antibiotics è un classico pezzo dance anni ‘80, ossessivo e multi-effetti e sullo stile dei primi Chemical Brothers. Ritmi digitalizzati che si incrociano nel “traffico” delle tastiere e voci che vanno e vengono, un ottimo biglietto di presentazione per chi volesse avvicinarsi al genere per la prima volta.
Con Just Gazin’ tornano di prepotenza le atmosfere degli Air,uno dei pezzi più belli dell’album. Un tappeto ampio e comodo sul quale si poggia una voce femminile e un riff di tastiera molto ben lavorato e non banale.
Miami Showdown è un pezzo “dark” alla Depeche Mode dal ritmo incalzante e “bluesy”, ci aspettiamo davvero la voce del buon vecchio Dave Gahan che faccia capolino all’improvviso.
Encore chiude il disco e ci pare di sentire Cassius, una traccia finale tutta da ballare.
In un mercato musicale ultra-competitivo come questo, qualsiasi genere si voglia fare bisogna farlo bene ed amarlo, soprattutto.
I Digitalism sono il perfetto sussidiario spicciolo della dance degli ultimi venti anni europei, riescono benissimo nell’intento di far ballare e divertire e poco importa se si tratta di roba già sentita e sviluppata, non possiamo fare gli schizzinosi in periodi di magra come questi.
Insomma, i Digitalism non hanno scoperto il fuoco ma ci sanno scherzare benissimo.

Marco Della Gatta

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