Dall’India all’Afghanistan: la maledizione di nascere donna

La testimonianza della violenza sulle donne in Afghanistan. (Fonte foto: RAWA)

La maledizione di nascere donna. La condanna nell’esserlo. La sfortuna di crescere in Paesi dove è una vergogna. Già abbiamo affrontato l’argomento più di una volta, ma le notizie si rincorrono e ritornano come un boomerang a flusso continuo.

La legge del figlio unico – o meglio “anti figlie femmine” per questioni di successione – del 1979 in Cina ha fatto scalpore, ma non è l’unica situazione di cui nascere donna sia sintomatico di maledizione. Ma c’è di peggio. Un Paese definito «il luogo peggiore in nascere donna» dall’Onu ha decisamente reso “paradisiaco” la situazione precedentemente descritta. India, paese dove l’infanzia per le bimbe è un lusso. In poche arrivano ai sei anni di vita. La nascita non prevede sempre l’accoglienza. Molte madri, infatti, si ritrovano ad abbandonarle prima di portarle a casa. Il sesso sbagliato può comportare l’assassinio della piccola dinanzi agli occhi della donna per mano dei familiari. Si sceglie l’abbandono affidandosi alle mani del destino, sperando nella sua clemenza e nell’arrivo di persone che abbiano il coraggio di crescere la giovane creatura.

Spendi 500 rupie oggi per risparmiarne 50.000 domani. Questo si sente nelle campagne del Paese asiatico. La donna costa alla famiglia nel momento in cui verrà data in moglie. Tanto vale eliminare il problema con un’ecografia e il successivo aborto. Tanti – troppi – ancora clandestini. Si tratta di una società maschilista dove il figlio maschio ha la priorità su tutto. Maggiori le attenzioni, il nutrimento, le cure mediche. Perché nascere con il sesso sbagliato può comportare anche che il medico non giunga in tempo per le cure necessarie alla sopravvivenza. Non a caso molte hanno come nome “Nakusa” e “Nakoshi”: non voluta, indesiderata.

Ma le notizie sull’argomento non sono finite. Cambia lo scenario, ma non la violenza. Storai, donna ventottenne della provincia di Kunduz, è stata strangolata dal marito (con l’aiuto della madre). Fin qui nulla di sconvolgente visto le tragedie altisonanti verificatesi tra le mura domestiche anche nel nostro Paese. Drammatica è stata la motivazione: la nascita della terza figlia femmina. L’uomo, Sher Mohammad, è ancora latitante, mentre la suocera è stata arrestata dal Capo della polizia di Kunduz – Sufi Habib – per concorso in omicidio.

Qualora abbiano la possibilità di nascere e crescere, le donne in questi Paesi devono subire violenze e deturpazioni fin da piccole. In Africa ancora non sono stata eliminate pratiche come l’infibulazione e il breast ironing, nonostante Mama Ellen (Premio Nobel per la Pace del 2011) abbia posto l’annullamento delle violenze come obiettivo per il Continente ed abbia esortato le giovani con lo slogan “Il futuro è delle donne e noi cambieremo il volto dell’Africa”.  In India – paese dalla mentalità maschilista – qualora ne venga consentita la nascita, le bambine vengono considerate come “esseri inutili alla società”. Si spera nella morte della figlia attraverso pratiche quali la malnutrizione (sperando anche di ritardare la pubertà) e il ritardo di cure. Nel 2012 tutto questo ha dell’incredibile.

Roberta Santoro

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