Dal Medioevo ad Arcore: la donna come merce di scambio

Politica? No grazie! In questo spazio non si tratta questo argomento. Bensì lo si sfrutta per prendere in esame il ruolo della donna nella società odierna. Non ci interessa sapere ogni quanto tempo c’è “il cambio della guardia” nella stanza da letto del Presidente del Consiglio oppure conoscere l’età delle vittime della “generosità” dei piani alti d’Italia. Non siamo né il primo né l’ultimo Paese che viene coinvolto in questi scandali. Eppure non è sempre stato così. All’età delle caverne c’era un profondo rispetto per il ruolo della donna, per colei che era capace di amministrare la famiglia e di gestire le risorse del compagno. L’organizzazione femminile era fondamentale anche nelle civiltà arcaiche. Il matriarcato vigeva fiero nella sua interezza e nella totale accettazione. Casa e famiglia erano nelle sue mani, nelle mani della donna.

Poi dall’angelo della casa si passa al diavolo impersonificato. Cambia nettamente nel Medioevo il ruolo femminile agli occhi del mondo. Il Bene e il Male si riuniscono nello stesso corpo. La donna incarna per lungo tempo lo spirito maligno da sacrificare, la donna è la strega che non si piega alla voce dell’uomo, la traditrice che viene umiliata e punita con la “A” di adultera impressa sul petto come segno del tradimento stesso. Solo nell’Ottocento la donna prende consapevolezza di sé, lottando contro chi vuole limitarne l’emancipazione sociale. Il diritto di “essere donna” viene rivendicato partendo dalle fabbriche, da quelle donne che lavorano accanto all’uomo, che partecipano all’economia del Paese. La donna inizia a imporre la sua presenza sulla scena politica, sociale ed economica, sia nazionale che internazionale. Una presenza sempre più “paritaria”, e una parità che si riflette innanzitutto nei costumi. Inizia così il secolo delle suffraggette, Femministe in cerca di diritti su quegli uomini, padri-padroni e mariti opprimenti, che ne avevano ostacolato l’autonomia. Con la libertà politica alla porte e quella economica – intensa come indipendenza – già avviata, nella seconda metà del Novecento l’essere femminile finalmente si trasforma in Donna.

E la libertà sessuale? Quando si dice che la prostituzione è il lavoro più antico del mondo non si sbaglia. Nell’antica Grecia si andava dall’ “etera” alla “pornaia”. A Roma la prostituzione era un’attività contemplata nei lupanari. Nel Medioevo si passò poi alle strade. Oggi si è arrivati alle case di lusso per le più fortunate. Si chiamano Escort. Che si usi o meno un nome diverso, si tratta comunque di accompagnatrici a cene e occasioni che richiedono la presenza di una bella donna accanto a uomini d’affari. Le escort possono anche rimanere a disposizione per il “dopocena”. I compensi sono nettamente superiori rispetto alle solite prostitute da strada.

A lasciare sconcertati non è il fatto che il vecchio mestiere faccia ancora proseliti, bensì la mentalità che c’è dietro. La donna è una merce a tutti gli effetti. Una merce a disposizione di colui che ha il potere del denaro. Con gli ultimi fatti di cronaca che hanno investito il Paese, si è andata ad evidenziare una spaccatura tra i principi morali della chiesa e la nuova faccia della società italiana, quel lato della medaglia che esaspera il culto della bellezza. E da quella spaccatura nascono ragazze sempre più giovani con un’unica ambizione: andare in tv, fare la velina, diventare famosa. Da quella spaccatura emerge l’immagine di un disastro generazionale che  vede i genitori, complici e incitatori, spingere le figlie verso questi mondi senza trasparenza, caratterizzati dallo sfruttamento della povertà, a volte anche materiale, ma soprattutto culturale e intellettuale, di chi (scioccamente?) aspira al successo facile.

Roberta Santoro

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