Berlusconi secondo l’Economist :”Unfit to lead Italy”

Otto anni fa, l’Economist con un famoso articolo “Unfit to lead Italy” definì Berlusconi persona non adatta a governare l’Italia ed oggi torna alla carica con una nuova infamante copertina che John Prideaux autore dell’articolo sintetizza nelle parole : L’uomo che ha fregato un intero Paese, bocciando senza nessuna possibilità di appello tutte le modalità con le quali ha non esercitato il potere che gli è derivato da due successi elettorali pieni e devastanti che dovevano consentirgli ampi spazi per portare avanti le riforme urgenti di cui il Paese necessità.

L’occasione è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine sull’Italia dedicato all’anniversario dei 150 anni («Per un nuovo Rinascimento»). L’analisi che scaturisce dal rapporto, lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita zero» le mancate riforme. «L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo».

In un incontro avuto con i giornalisti italiani  Prideaux ha ribadito che :«Non farò l’errore di predire la fine di Berlusconi,  ma arrivando qui, parlando con le persone si inizia a sentire un’aria nuova, la fine di un’era».

«L’Italia ha un problema di produttività, ha bisogno di alcune riforme. Se guardiamo agli ultimi dieci anni e più, dimenticando tutti gli scandali, il «Bunga Bunga», lo scontro con i magistrati, il problema è che c’è stato un disastro da un punto di vista economico. Berlusconi è arrivato al potere con l’idea di essere un imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche, ma poi non le ha fatte» e il Paese «ha sprecato»solo tempo prezioso, correndo dietro le gonnelline e i vizi proibiti del suo Presidente.

Questo perdersi nel vuoto delle cose inutili ha fatto si che perdessimo alcuni importanti appuntamenti e pertanto si  ha avuto il «più basso tasso di crescita di tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Tra il 2000 e il 2010, il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% all’anno, una dato allarmante – scrive l’Economist – migliore solo rispetto a quello di Haiti o dello Zimbawe». E nonostate l’Italia «abbia saputo evitare il peggio durante la recente crisi finanziaria globale, non ci sono segnali di una possibile inversione di tendenza».

Certo che non è stato molto difficile è bastato chiudere i cordoni della spesa pubblica, non investire e in apparenza il peggio sembra essere evitato anche se nella realtà non è cosi e la crescita zero o quasi è quella a cui siamo destinati nei prossimi anni se non cambierà il governo.

Nonostante i problemi che appaiono per lo più legati alla fase politica, l’Italia resta un «Paese civilizzato, ricco, senza conflitti». Il «successore di Berlusconi potrebbe introdurre alcuni immediati miglioramenti con poco sforzo» e dovrà sicuramente metter mano alla legislazione sul lavoro «che favorisce gli anziani». L’Italia è afflitta tra le altre cose da una «gerontocrazia istituzionalizzata» che rende difficile ai giovani costruirsi una carriera. Tanto che dobbiamo porci il problema di come «richiamare migliaia di giovani di talento che sono emigrati e potrebbero avere un impatto positivo per il Paese» e come fare per bloccare questa epistassi sociale che impoverisce sempre più tutti noi e il nostro futuro.

Vincenzo Branca

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