Basilea ammonisce le Banche e lancia un allarme contro la speculazione

Banca dei regolamenti (BRI)

La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), ha lanciato un allarme secondo cui la maggior parte degli utili degli istituti di credito deriva dalla negoziazione sui mercati finanziari; Le banche si indebitano sempre di più e confidano sui salvataggi pubblici. Il rischio è che si ripeta un nuovo caso Lehman.

La BRI nel suo rapporto annuale scrive: “L’incapacità dei governi a risolvere i nodi strutturali della crisi ha costretto le banche centrali a intervenire. Devono essere spezzati i circoli viziosi e le banche in Ue devono diventare europee”.

In Italia, Unicredit e Mediobanca  arretrano di oltre tre punti percentuali, seguite dal Banco Popolare, BPER, Intesa Sanpaolo.

La Bri, attacca duramente le reticenze del sistema finanziario (ma anche l’incapacità dei governi) a porre fine alle rischiose pratiche sul mercato e i derivati di cui le maxi perdite subite da Jp Morgan sono solo un assaggio.

Nel rapporto della BRI si evidenzia come dagli istituti di credito non sia stata fatta pulizia di bilancio e ricapitalizzato a dovere confidando sempre sull’aiuto di Stato e per questo invocano una ”sana azione pubblica” che faccia dimagrire il settore, imponga regole su controllo dei rischi e dei bonus dei vertici oltre che una partecipazione di azionisti e obbligazionisti alle perdite e non piu’ sui contribuenti.

Sistemare il settore bancario è il primo passo per rompere i circoli viziosi creati fra banche, famiglie e imprese e governi ”dove i problemi e i tentativi di soluzione di uno di questi gruppi peggiora la posizione degli altri due”. Circoli che costringono le banche centrali a tenere bassi i tassi di interesse e iniettare liquidità nel sistema e che a lungo andare rischiano di far ripartire l’inflazione. Ma soprattutto le misure delle banche centrali non sono gli strumenti adatti ma ”palliativi e con limiti” sebbene la pressione del mercato, della politica e del’opinione pubblica (e anche all’interno di qualche autorita’ centrale) e’ sempre piu’ forte con aspettative irrealistiche.

Per questo, dopo aver sistemato il settore finanziario, andranno portate avanti le tappe successive, ossia il risanamento dei conti pubblici e la riduzione dell’indebitamento nei settori non finanziari dell’economia. Solo una volta ripristinata la solidità dei bilanci di tutti i settori, potremo sperare di ritornare su un sentiero di crescita equilibrata.

La Bri sostiene che in Europa e nelle economie avanzate le prospettive per i conti pubblici “sono drammatiche“. “In alcuni paesi i colossali programmi di assistenza al settore finanziario hanno devastato le finanze pubbliche“, aggiunge “A partire dal 2007, anno in cui ha avuto inizio la crisi finanziaria, il debito pubblico nelle economie avanzate è cresciuto in media da circa il 75% a oltre il 110% del Pil. I disavanzi delle amministrazioni pubbliche si sono mediamente dilatati dall’1,5 al 6,5% del Pil“, si legge nella Relazione. Si potrebbe pensare, spiega la BRI, che se non vi fosse stata la crisi finanziaria le fondamenta dei conti pubblici sarebbero oggi piuttosto solide. In realtà, tali fondamenta sono state puntellate solo temporaneamente dalla crescita in apparenza senza fine del gettito fiscale negli anni di boom.

Abbattendo le entrate e innalzando la spesa per il finanziamento della rete di sicurezza sociale, la crisi finanziaria ha fatto esplodere i disavanzi e il debito delle amministrazioni pubbliche, e riportato con rinnovata urgenza l’attenzione delle autorità su una minaccia fondamentale che non appariva più tanto distante: “il grave sottofinanziamento delle prestazioni pensionistiche e sanitarie garantite dai governi e le dimensioni ingestibili del settore pubblico“. In alcuni paesi, sottolinea la Bri, “i colossali programmi di assistenza al settore finanziario hanno devastato le finanze pubbliche. La retroazione fra il settore finanziario e il settore pubblico e’ stata cosi’ uno dei principali fattori di accelerazione del deterioramento fiscale; il nesso fra tensioni bancarie e pressioni del mercato sul debito sovrano si e’ considerevolmente intensificato negli ultimi due anni, specie in Europa“.

 Giusy De Angelis 

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