Addio a Giorgio Bocca, emblema di un giornalismo che ci piace sempre meno

Giorgio Bocca è morto, e con lui un pezzo del giornalismo italiano. Che speriamo possa risorgere, purificato, dalle sue ceneri.

“Tutti quelli che fanno il giornalismo lo fanno sperando di dire la verità: anche se è difficile, li esorto e li incoraggio a continuare su questa strada.”

Questo disse Giorgio Bocca nell’Aprile 2008, quando nella sua abitazione milanese, la stessa in cui si è spento ieri, all’età di 91 anni, riceveva l’encomio Ilaria Alpi alla carriera. Un principio inconfutabile. Non ci voleva certo la mente eccelsa di Giorgio Bocca a dirci che l’obiettivo di chi fa giornalismo è quello di raccontare la verità; anche se, in bocca a Giorgio – e scusate il gioco di parole – quest’affermazione acquista il carattere assiomatico di una certezza indiscutibile, l’esotico sapore di una splendente evidenza. Certo Giorgio Bocca aveva dalla sua il dono della chiarezza, della schiettezza e della sintesi. Non era uno che le mandava a dire; né tantomeno risentiva della disapprovazione di lettori e colleghi. Quando aveva un’idea la portava avanti fino in fondo, senza mai tornare sui suoi passi, senza mai “rivedere” le sue posizioni – eh già che lui del Revisionismo, soprattutto quello pansiano sulla Resistenza, non voleva nemmeno sentirne parlare! – nemmeno dinanzi a un torto evidente, anche a costo delle più feroci critiche, dei più aspri rinnegamenti, anche a costo di risultare incoerente.

Ovviamente aveva ragione, Giorgio Bocca, quando nel 2008 pronunciava quella leggendaria frase, quasi una stoccata al mondo del giornalismo italiano – nella sua visione corrotto e venduto alla pubblicità – di cui pure oggi il defunto Bocca viene ricordato come uno dei Re. Quello che stride nella sua affermazione, quello che probabilmente Giorgio in quell’occasione trascurò di dire, è che le verità non sono mai univoche. Ne esistono a milioni, o meglio: la verità è un prisma a mille facce: ognuno se ne sceglie una, e di quella si riveste, con quella faccia si presenta in pubblico e la porta avanti come se fosse l’unica, la sola versione dei fatti disponibile. Questo Giorgio Bocca, anche se all’epoca non lo disse, lo sapeva bene; e difatti, la sua caratteristica forse più spiccata era proprio quell’attitudine da trasformista che lo spingeva a cambiare faccia di tanto in tanto, in favore di quella che si portava di più, o semplicemente di quella che al momento si sentiva calzare meglio addosso.

Caparezza ha cantato: “Mi contraddico facilmente, ma lo faccio così spesso che questo fa di me una persona coerente”. Ebbene, questa frase condensa esattamente l’attuale essenza della nostra società, della nostra cultura e della nostra politica, in cui la morte definitiva degli ideali ha reso l’abitudine di voltar bandiera non più un atteggiamento da criticare, ma un’abilità da invidiare, una moda, una tendenza, e soprattutto, l’unico modo per sopravvivere al dimenticatoio e restare sulla vetta della notorietà. Perché, come dice un altro celebre detto, “bene o male, l’importante è che se ne parli”. Giorgio Bocca, lui che tanto criticava i facili arrivismi e la faciloneria a (s)vendersi di editori e politici, lui che tanto inorridiva davanti all’incoerenza e all’opportunismo dilagante, era in realtà il maestro di questa abilità tutta italiana a cambiare panni e opinioni a seconda di come tira il vento, forse secondo soltanto al nano di Arcore che pure tanto criticò nei suoi editoriali affilati.

Che Giorgio Bocca sia stato un grande giornalista è inconfutabile; per come funziona oggi il giornalismo italiano. Giorgio lo criticava, ma allo stesso tempo ne era uno dei signori; la sua capacità di destare attriti e infiammare discussioni con le sue dichiarazioni senza peli sulla lingua appartiene anch’essa a quella tendenza – pure tutta italiana – al sensazionalismo e all’esasperazione, per cui per esprimere un’idea che sia vincente bisogna necessariamente urlarla, estremizzarla, fare in modo che susciti scalpore. Perché solo così si può accontentare un pubblico che, dall’epoca degli antichi romani, delle belve e dei gladiatori, non è cambiato poi molto: per appassionarsi vuole veder scorrere il sangue.

Giorgio Bocca tutte queste cose le sapeva bene; le criticava, ma all’occorrenza se ne serviva, pur continuando a denunciarle. Un mago della dissimulazione. Un classico esemplare di italianità. Giorgio Bocca è morto, e con lui un pezzo del giornalismo italiano. Che speriamo possa risorgere, purificato, dalle sue ceneri.

Giuliana Gugliotti

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