Nuovo soccorso dell’IDV al Cavaliere

Ancora una volta l’ondeggiante accademico della Crusca molisano è sceso in campo con l’obiettivo apparente di defenestrare il Cavaliere con il referendum contro il legittimo impedimento mentre sotto sotto si nasconde la lotta contro la sinistra riformista. Di Pietro è  il perfetto alter ego del berlusconismo: lui e il Cavaliere sono il frutto più puro della Seconda Repubblica, condividono la visione plebiscitaria della democrazia, la concezione padronale del partito di cui sono leader, una spregiudicatezza che può portarli a sostenere tutto e il contrario. Entrambi puoi trovarli indifferentemente al centro, a sinistra o a destra. Di Pietro ha il massimo interesse a tenere in vita Berlusconi, per continuare a lucrare sulla rendita di posizione che l’infelice scelta di Walter Veltroni – fare dell’ex pm alleato unico del Pd alle elezioni del 2008 – gli ha regalato. Gli esempi di soccorso dipietrista a Berlusconi sono numerosi e non serve nemmeno citare i casi di transumanza politica di parlamentari Idv verso il centrodestra, sempre arrivati puntualmente ogni qual volta ce n’è stato bisogno. Esemplare la vicenda Fini: quando è uscito dal Pdl, il primo a bastonarlo è stato Di Pietro, al quale cambiare governo interessa meno della concorrenza che il partito del presidente della Camera può fargli in tema di ordine e legalità.
Ma nessun soccorso è così evidente come quello che l’ex pm si avvia a prestare al presidente del Consiglio con il referendum sul legittimo impedimento promosso dall’Idv, pronta a fare di questa consultazione la madre di tutte le battaglie.
È altissima la probabilità che il referendum, come tutti gli ultimi che si sono svolti in Italia, non raggiunga il quorum. Non è stata ancora calendarizzata la data del voto, ma è inverosimile che il governo decida per un election day, accorpando referendum e amministrative. Più realistico pensare a una data fissata a giugno, a scuole chiuse, quando si potrà incentivare meglio la diserzione delle urne, che in questi casi parte già da alti tassi fisiologici.
Incostituzionale il leggittimo impedimento non lo è più, a meno che i dipietristi non vogliano sostenere questo, delegittimando a loro volta i giudici della Corte.
Ma l’effetto più nefasto del referendum nasce dall’intenzione dichiarata di Di Pietro di trasformarlo in una sorta di giudizio universale su Berlusconi. Il che è politicamente suicida, perché è folle l’idea di giocarsi l’alternativa su un quesito “tecnico” che riguarda la giustizia, quesito che si trasformerebbe di fatto in una sorta di televoto sull’innocenza o la colpevolezza del Cavaliere, offrendogli peraltro la possibilità di competere sul terreno a lui più congeniale, quello della persecuzione giudiziaria. La spallata a Berlusconi può cercarla solo chi dimostra di saperlo incalzare sulle sue mancanze come capo del governo, dimostrando di avere pronta un’alternativa credibile da spendere nell’occasione giusta, che sono le elezioni politiche. Grazie all’ennesimo referendum senza quorum, invece, il premier si metterà in tasca il biglietto per avrrivare sereno a fine legislatura, intestandosi in blocco il partito dell’astensione. L’obiettivo principale di Di Pietro, del resto, è un altro: drenare altri consensi, prendere la guida dell’opposizione, rendersi ancora più centrale. Il Pd ci pensi bene, prima di imbarcarsi in questa avventura referendaria, con questa specie di compagni di merenda.

Ancora una volta l’ondeggiante accademico della Crusca molisano è sceso in campo con l’obiettivo apparente di defenestrare il Cavaliere con il referendum contro il legittimo impedimento mentre sotto sotto si nasconde la lotta contro la sinistra riformista. Di Pietro è  il perfetto alter ego del berlusconismo: lui e il Cavaliere sono il frutto più puro della Seconda Repubblica, condividono la visione plebiscitaria della democrazia, la concezione padronale del partito di cui sono leader, una spregiudicatezza che può portarli a sostenere tutto e il contrario. Entrambi puoi trovarli indifferentemente al centro, a sinistra o a destra. Di Pietro ha il massimo interesse a tenere in vita Berlusconi, per continuare a lucrare sulla rendita di posizione che l’infelice scelta di Walter Veltroni – fare dell’ex pm alleato unico del Pd alle elezioni del 2008 – gli ha regalato. Gli esempi di soccorso dipietrista a Berlusconi sono numerosi e non serve nemmeno citare i casi di transumanza politica di parlamentari Idv verso il centrodestra, sempre arrivati puntualmente ogni qual volta ce n’è stato bisogno. Esemplare la vicenda Fini: quando è uscito dal Pdl, il primo a bastonarlo è stato Di Pietro, al quale cambiare governo interessa meno della concorrenza che il partito del presidente della Camera può fargli in tema di ordine e legalità.Ma nessun soccorso è così evidente come quello che l’ex pm si avvia a prestare al presidente del Consiglio con il referendum sul legittimo impedimento promosso dall’Idv, pronta a fare di questa consultazione la madre di tutte le battaglie.È altissima la probabilità che il referendum, come tutti gli ultimi che si sono svolti in Italia, non raggiunga il quorum. Non è stata ancora calendarizzata la data del voto, ma è inverosimile che il governo decida per un election day, accorpando referendum e amministrative. Più realistico pensare a una data fissata a giugno, a scuole chiuse, quando si potrà incentivare meglio la diserzione delle urne, che in questi casi parte già da alti tassi fisiologici.Incostituzionale il leggittimo impedimento non lo è più, a meno che i dipietristi non vogliano sostenere questo, delegittimando a loro volta i giudici della Corte.Ma l’effetto più nefasto del referendum nasce dall’intenzione dichiarata di Di Pietro di trasformarlo in una sorta di giudizio universale su Berlusconi. Il che è politicamente suicida, perché è folle l’idea di giocarsi l’alternativa su un quesito “tecnico” che riguarda la giustizia, quesito che si trasformerebbe di fatto in una sorta di televoto sull’innocenza o la colpevolezza del Cavaliere, offrendogli peraltro la possibilità di competere sul terreno a lui più congeniale, quello della persecuzione giudiziaria. La spallata a Berlusconi può cercarla solo chi dimostra di saperlo incalzare sulle sue mancanze come capo del governo, dimostrando di avere pronta un’alternativa credibile da spendere nell’occasione giusta, che sono le elezioni politiche. Grazie all’ennesimo referendum senza quorum, invece, il premier si metterà in tasca il biglietto per avrrivare sereno a fine legislatura, intestandosi in blocco il partito dell’astensione. L’obiettivo principale di Di Pietro, del resto, è un altro: drenare altri consensi, prendere la guida dell’opposizione, rendersi ancora più centrale. Il Pd ci pensi bene, prima di imbarcarsi in questa avventura referendaria, con questa specie di compagni di merenda.

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