Un manifesto per l’economia della cultura

“Niente cultura, niente sviluppo”

Il legame che esiste tra arte ed economia, l’importanza che la cultura ha nella definizione della catena del valore del prodotto contemporaneo e nei comportamenti di acquisto e consumo sono fattori determinanti per l’economia della cultura (beni e patrimonio culturale, arti visive, arti performative, industrie culturali).

“Niente cultura, niente sviluppo” è il manifesto del Sole 24 ore, che verrà presentato e discusso dal responsabile della Domenica Armando Massarenti, al secondo «Summit Arte e Cultura», con un ciclo di convegni  presso l’Auditorium del Sole 24 Ore di Milano.

 Creare sviluppo attraverso la cultura.  5 sono i punti del manifesto :

1. Una costituente per la cultura. Il riferimento normativo è l’articolo 9 della Costituzione: «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

2. Strategie di lungo periodo. «La cultura e la ricerca innescano l’innovazione, e dunque creano occupazione, producono progresso e sviluppo»

3. Cooperazione tra i ministeri. Più che ragionare per compartimenti stagni, si caldeggia l’individuazione di obiettivi comuni, da perseguire attraverso la collaborazione tra i diversi dicasteri: quello dei Beni culturali con quello dello Sviluppo economico, del Welfare, dell’Istruzione e della Ricerca, degli Esteri e con la stessa Presidenza del Consiglio.

4. L’arte a scuola e la cultura scientifica. È importante anche che l’azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’università, lo studio dell’arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro. Per studio dell’arte si intende l’acquisizione di pratiche creative e non solo lo studio della storia dell’arte. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica.

5. Merito, complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale.  L’abbandono o l’incapacità dello Stato di occuparsi di beni e siti d’interesse spinge l’ingresso di soggetti privati, che a quel punto entrano in gioco senza attenersi a un progetto condiviso. Al contrario, interventi normativi dovrebbero spingere verso vantaggi fiscali per le imprese che partecipano ad attività di promozione culturale, in un rapporto che stimoli l’ingresso dei privati al fianco dello Stato, non in sua sostituzione.

Giuseppina De Angelis

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