Wilco – The Whole Love

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The Whole Love è un disco sperimentale e nervoso, guizzante e lucido

Parlare male di un disco dei Wilco risulta veramente difficile. Il gruppo americano sforna da anni piccoli capolavori (come l’ultimo album omonimo), senza però arrivare al grande pubblico di massa, veri feudatari della musica indie di un certo ceppo degli anni ’90.

The Whole Love, a dispetto di un titolo che potrebbe far pensare a romanticherie, è un disco sperimentale e nervoso, guizzante e lucido.

Art Of Almost è un disco rotto in loop, con batteria e synth in bella vista. Ma è un’apertura in realtà dolce. I Might stride fra chitarre acustiche e bassi effettati al limite del low-fi, un pezzo che ricorda molto i primi Arcade Fire. Sunloathe è puro Lennon, una ballata dolce e sognante. Dawned On Me ci riporta ai vecchi Wilco di qualche anno fa, ritmi dritti e precisi e chitarrosi in puro American Style. Black Moon è l’episodio intimistico dell’album, un finger-picking che rimanda al mai dimenticato Elliot Smith, grande amico proprio dei Wilco.

Born Alone è puro concentrato di pop, un pezzo allegro con un giro di basso interessantissimo e “colorato”, davvero uno dei brani più gradevoli di The Whole Love. Open Mind e Capitol City sembrano usciti da una vecchia radio degli anni ’30 di New Orleans polverosa e mezza rotta, due pezzi che viaggiano a braccetto, dagli arrangiamenti particolarissimi. Standing O, il pezzo rock, assale l’ascoltatore fra chitarre impegnate in sudatissimi bending, riverberi, applausi e organi hammond. Rising Red Lung è troppo simile a Black Moon per essere presa in considerazione, così passiamo a Whole Love, il secondo episodio puramente pop del disco, e infatti uno dei più riusciti, un ritornello che entra in mente all’istante, forse il  migliore finora ascoltato. Chiude One Sunday Morning, un sognante brano di 12 minuti (!!!) che ricorda molto Either Way.

I Wilco si confermano campioni di un indie pop americano di grande qualità, che racchiude una schiera di gruppi e cantautori come il precedentemente citato Smith, gli Eels, i Pavement, Yo LA Tiengo etc. The Whole Love è l’ennesima prova che per sfornare begli album basta scrivere canzoni belle, e poco più.

Marco Della Gatta

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