Thom Yorke cancella la sua musica da Spotify

il tweet "avvelenato" di Thom Yorke dei Radiohead

il tweet “avvelenato” di Thom Yorke dei Radiohead

La polemica viene cavalcata con interesse quando Thom Yorke, leader dei Radiohead e fondatore, assieme allo storico produttore del gruppo Nigel Goldrich e al bassista dei Red Hot Chili Peppers, Flea, degli Atoms For Peace, band elettro-rock che in questi giorni è in tour in Italia (stasera all’Ippodromo delle Capannelle a Roma e domani a Milano, biglietti ancora disponibili sui vari circuiti), a lasciare Spotify al suo destino ritirando i suoi album solisti (stessa scelta per Nigel Goldrich), pur mantenendo tutta la discografia dei Radiohead ancora disponibile. L’accusa è stata lanciata attraverso Twitter, piattaforma sulla quale Yorke è molto attivo, accusando la piattaforma digitale, nata da poco, di non pagare affatto i nuovi artisti e arricchendo solamente gli azionisti di maggioranza. Non avrebbe tutti i torti, visto che il prezzo da pagare ad ogni artista per download è di soli 0,00029 $ a clic.

Molti hanno accusato Yorke di ipocrisia, vista la scelta che nel 2007 la sua band fece con il loro album  in uscita, In Rainbows, che poteva essere scaricato gratuitamente dal sito ufficiale della band attraverso un’offerta a piacere. Il cantante/chitarrista ha replicato che a quei tempi aveva dato una scelta di coscienza alle persone, dando loro la possibilità di scegliere se aiutare i musicisti o meno, un atto che andava ben al di là della mera beneficenza.

L’episodio di In Rainbows scatenò un vero e proprio putiferio, facendo infuriare dalle industrie discografiche agli utenti privati. Evidentemente un eventuale “deprezzamento” del prodotto avrebbe anche tolto senso a coloro che si ritengono collezionisti di dischi di musica.

Anche i Pink Floyd si sono scagliati contro Pandora, la radio in streaming che offre online la possibilità di usufruire di molti cataloghi musicali (la vera pioniera del genere, in verità).Lo spunto era tratto da una legge messa in discussione dal Congresso degli Stati Uniti d’America che avrebbe abbattuto le royalty per i musicisti dell’85%, una vera rapina.

Non è arrivata tardi la risposta di Spotify da parte di un portavoce, con una nota che afferma:”L’obbiettivo di Spotify è far crescere un servizio che la gente ami e per il quale sia disposta a pagare e che fornisca all’industria musicale il supporto finanziario per investire nei nuovi talenti e nella musica… Vogliamo aiutare gli artisti a connettersi con i loro fan, a trovare nuovo pubblico, ad incrementare la loro fan base e a guadagnarsi da vivere con la musica che tutti amiamo. Al momento – continua la nota ufficiale – siamo ancora nelle fasi iniziali di un progetto a lungo termine che sta già avendo effetti positivi dugli artisti e sulla nuova musica. Abbiamo già pagato 500 milioni di dollari ai titolari dei diritti e per la fine del 2013 questa cifra raggiungerà il miliardo di dollari. Molto di questo denaro sarà investito nello sviluppo di nuovi talenti e per produrre nuova musica grandiosa. Siamo impegnati al 100% a fare di Spotity il più grande servizio musicale artist friendly, e siamo costantemente in contatto con i musicisti e i manager per capire come possa Spotify aiutare a sviluppare le loro carriere».

Staremo a vedere se anche i dischi dei Radiohead spariranno dalla piattaforma attualmente più amata dai fruitori di musica online.

Marco Della Gatta

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