Romy Schneider, il destino maledetto di una principessa triste

Rosemarie Magdalena Albach-Retty in arte Romy Schneider

«Non sono niente nella vita, ma tutto sullo schermo»

Non esagerava Romy Schneider quando pronunciò questa frase. Forse perché la sua vita, così generosa di successo e trionfi sul lavoro, aveva deciso di voltarle le spalle proprio nel privato e senza risparmiarle dolore, lutti e ferite dell’anima insanabili. Tante, e forse troppe da sopportare. Un’infanzia trascorsa in un collegio dopo il divorzio dei genitori, una madre invadente artefice di una carriera non voluta, amori sfortunati, la paura di invecchiare e i problemi di salute, ma più di tutto, la perdita atroce dell’amato figlio David. Tutto il suo male di vivere Romy lo celava dietro quegli occhi color oceano torbido, che tanti continuano ad amare, e quel fascino seducente che emanava una luce speciale. Una luce che si è spenta troppo presto, in una tiepida mattina di fine maggio di trent’anni fa.

Quando Rosemarie Magdalena Albach-Retty morì, a soli 44 anni, il 29 maggio 1982, un mito lo era già. Merito, o colpa, di quel ruolo che le diede la celebrità giovanissima ma che odiò profondamente in seguito. Per il grande pubblico il volto della Scheneider sarà infatti per sempre lo stesso dell’eroina ribelle della trilogia di Ernst Marischka che fece conoscere a tutto il mondo l’immagine edulcorata di una Sissi dolce e sorridente. Aveva solo 16 anni Romy quando impersonò per la prima volta sullo schermo la giovane principessa bavarese, poi imperatrice d’Austria. Era stata la madre Magda Schneider, ex stella dell’impero cinematografico nazista, ad imporle controvoglia la strada della recitazione. E il successo arrivò subito, già nel ’54 al suo secondo film, il biopic sulla Regina Vittoria d’Inghilterra. Ma poi Romy incontrò Sissi, e nulla fu più come prima.

Romy Schneider e Karlheinz Böhm

Sissi e Romy. Se i tragici destini di queste due donne presentano delle inquietanti coincidenze, Romy trascorrerà tutta la sua vita in fuga dall’ingombrante figura di Elisabetta d’Austria. Oppressa dal peso di quella fama così improvvisa, la ragazza prodigio tenta di imprimere una svolta matura alla sua carriera con il film di Pierre Gaspard-Huit “L’amante pura” (1958). Su quel set Romy incontra Alain Delon e tra loro nasce una storia d’amore travolgente che si trasformerà anni dopo in una profonda amicizia. Seguendo la sua passione per Delon, l’attrice austriaca si trasferisce in Francia, a Parigi. Da quel momento inizia per Romy Schneider un percorso artistico di rilievo, riuscendo finalmente a liberarsi da quei ruoli troppo leggeri, che le stavano così stretti; diretta da grandi registi del calibro di Visconti, Deray, Sautet, Welles, Chabrol, Costa-Gravas, Risi, Preminger, la Schneider prende parte a oltre 60 produzioni, soprattutto francesi e italiane, come come “Boccaccio ‘70” (1962) diretto da Luchino Visconti, “Il Cardinale” (1963), “La piscina” (1968) di Jacques Deray dove ritrova il suo ex amante Delon, “La Califfa” (1970) di Alberto Bevilacqua con Ugo Tognazzi; Nel 1973 la ritroviamo nel ruolo di Sissi, questa volta più sofferente e meno patinata, in “Ludwig” di Luchino Visconti.

Alain Delon e Romy Schneider in una scena de “La Piscina”

Invece nella sua vita sentimentale, dopo la rottura con Delon, inanella una serie di delusioni che la portarono a depressione ed alcolismo: un tumore al rene, due matrimoni, entrambi falliti, nel 1966 con Harry Meyen, padre di suo figlio David, e nel 1975 con Daniel Biasini, da cui avrà una figlia Sarah Magdalena anche lei attrice; e infine la tragica morte del figlio quattordicenne nel 1981 (scavalcando il cancello di casa il ragazzo restò infilzato da una lancia appuntita dell’inferriata sottostante). Quest’ultima sciagura segnò per sempre la sua vita.

Romy Schneider nel suo ultimo film prima di morire, “La signora è di passaggio” (1982)

Seduta su una poltrona, la penna ancora in mano, e sul tavolo una lettera interrotta. Se ne è andata via così, all’improvviso. A lungo si è parlato di suicidio, di un mix letale di alcol e sonniferi, un connubio costante nella parabola sfortunata e maledetta di molte dive del cinema. La verità è che Romy Schneider è stata tradita dal suo cuore, un cuore che nella sua breve vita ha amato tanto, ma così fragile da non riuscire a sostenere oltre il peso di tutti i suoi tormenti.

Enrica Raia

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