Quando un partito è patologicamente bersagliato dagli scandali: l’incredibile vicenda del Partito Socialdemocratico Italiano

Il Partito Socialista Democratico Italiano (abbreviato in PSDI) è stato un partito politico italiano socialdemocratico di centro-sinistra

Il Partito Socialista Democratico Italiano (abbreviato in PSDI) è stato un partito politico italiano socialdemocratico di centro-sinistra

Nonostante la corruzione politica italiana sia ormai dilagante, solo alcuni partiti politici sono stati ampiamente bersagliati: la “Democrazia Cristiana”, “Forza Italia”, “Partito Socialista Italiano” e il “Partito Socialdemocratico Italiano”.
I primi tre casi hanno seguito motivi logici (avendo un gran potere individuale ed elettorale), il terzo è anomalo perché ridotto di dimensioni, storiche e politiche.
La peculiarità del Psdi è anche la coincidenza che gli imputati siano sempre stati segretari di partito(ben sette su diciassette, a volte addirittura uno di seguito all’altro): il partito è stato incolpato d’ogni tipo d’accusa (tangenti, trame oscure, massoneria, mafia).

Il partito nacque nel 1947 da una costola del “Partito Socialista Italiano”: lo storico partito della sinistra, stava prendendo una deriva troppo comunista e Giuseppe Saragat decise di staccarsi, seguendo prima una linea moderatamente marxista e poi diventando partito fisso di governo.

Il leader fondatore, Giuseppe Saragat, riconosciuto come cardine del pensiero socialista italiano, fu sopra d’ogni sospetto giudiziario.
Eppure, indirettamente, l’ombra del sospetto lambì anche lui: i teorici della “strategia della tensione” (la corrente di pensiero secondo cui alcuni atti terroristici siano frutto di una strategia dei servizi segreti deviati) sostengono che lui fosse il massimo responsabile della strategia, essendo inquilino al Quirinale in quel tragico periodo storico.
Non esistono però alcune prove a carico di queste supposizioni.

Il primo segretario di partito ad essere realmente colpito fu Mario Tanassi: segretario dal 1964 al 1969, nel 1972 e dal 1975 al 1976.
Le accuse che lo portarono al processo e (per la prima volta per un ministro) a quattro mesi di reclusione, iniziarono nei primi anni ’70, quando Tanassi fu ministro della difesa.
Un’azienda aeronautica americana, la “ Lockheed Corporation”, volle vendere degli aerei in Europa: il prezzo era ritenuto eccessivamente alto e quindi alcuni politici accettarono di ricevere tangenti come “compenso”.
Mario Tanassi fu giudicato colpevole dalla corte costituzionale e di conseguenza abbandonò il ruolo di segretario di partito (e sostanzialmente lasciò la vita politica), creando i primi grandi sconcerti nel Psdi.

Successivo a Tanassi (dopo il fallimento della riunificazione socialista) fu designato a segretario, Mauro Ferri: al potere dal 1969 al 1972.
Lo scandalo che lo colpì scoppiò nel 1973, in piena crisi energetica: alcuni uomini politici (tra cui Mauro Ferri) furono accusati di aver ricevuto fondi dall’Enel o dalle compagnie petrolifere, per usare il petrolio al posto dell’energia nucleare e per aumentare il prezzo della benzina.
Nel 1979 Mauro Ferri fu totalmente scagionato dalle accuse.
In mezzo a due segreterie di Tanassi, vi fu un breve interregno di Flavio Orlandi, appena tre anni (dal 1972 al 1975).
Eppure la magistratura non ebbe pietà neppure di lui e stavolta lo scandalo ebbe un “sapore” totalmente diverso: fu l’autore, assieme da altre personalità di stampo massone (Licio Gielli, Edoardo Sogno, ecc.) di un “affidavit”.
Cosa è un “affidavit” ? una dichiarazione scritta in cui si tentava di influenzare i giudici americani, evitando l’instradazione di Michele Sindona; la dichiarazione affermava l’esistenza di un’Italia comunista che non vedeva l’ora di sopprimere l’”innocente” Michele Sindona (il finanziare criminale arrivò poi in Italia e fu forse ucciso ma per ben altri motivi).
L’azione illegale parve lo strumento di una P2 ancora lontana dal nascere.

Decaduto l’incarico d’Orlandi (dopo lo scandalo di Tanassi e i rassicuranti ritorni di Saragat e Pier Luigi Romita), fu la volta di Pietro Longo.
Segretario dal 1978 al 1985, Longo detiene addirittura un record nella sfortunata storia del suo partito, poiché fu indagato per ben due volte, in tempi diversi.
Nel 1985 si dimise perchè il suo nome risultò iscritto nelle liste massoniche della P2.
Nel 1992 fu indecorosamente prelevato dai carabinieri (in piena notte, mentre dormiva) e rinchiuso in galera, per lo scandalo delle tangenti “Icomec” (dopo una serie di processi che si allungavano dal 1989).
Successore di Longo fu Franco Nicolazzi, segretario dal 1985 al 1988.
Nicolazzi non ebbe intoppi durante la sua segreteria, ma ancora una volta la giustizia lo aspettò al varco durante il periodo di “Tangentopoli”: lo scandalo legato agli appalti delle carceri, definito “carceri d’oro”, colpì in pieno l’ex segretario e ministro.

Se in precedenza il Psdi fu colpito da numerosi e variegati scandali, l’apice fu raggiunto con “Tangentopoli”.
Il successore di Nicolazzi, Antonio Cariglia, nonostante la fama d’uomo mite e pacifico (tale da passare inosservato), fu “vittima” del PM Antonio di Pietro: concussione, ricettazione e finanziamenti illeciti.
Dopo un iter giudiziario di dodici anni, fu assolto definitivamente.
Il successore d’Antonio Cariglia, il siciliano Carlo Vizzini, dovette subire lo stesso destino: addirittura “bissò” Pietro Longo, subendo un secondo scandalo in carriera.Fu segretario per meno di un anno (a cavallo tra il 1992 e il 1993) ma il “karma” degli scandali non risparmiò neppure lui.
Le rapide dimissioni avvennero a seguito del coinvolgimento in “Tangentopoli”: incappò nel “celebre”processo Enimont, accusato di aver intascato trecento milioni d’euro per il Psdi (il reato si estinse per prescrizione).
Negli anni si rifece una vita politica, entrando prima nel “Popolo delle Libertà” ed infine passando all’opposizione col “Partito Socialista Italiano”.
La giustizia però lo colpì di nuovo e addirittura per concorso in associazione mafiosa: il pentito di mafia Massimo Ciancimino ( pur avendo ammesso di non conoscerlo) dichiarò di avergli pagato tangenti per novecento mila euro.
Vizzini si dimise dalla commissione anti-mafia, ma la procura di Palermo chiese l’archiviazione del procedimento.

Resta misterioso il motivo perciò Il “Partito Socialdemocratico” fu così bersagliato dai magistrati.
Le possibilità sono tre.

1-Un incredibile coincidenza, magari probabile perché alcuni segretari furono accusati in seguito al ruolo nel partito.
2-La possibilità che davvero il “Psdi” fosse un partito di malaffare, un improbabile conglomerato di figure losche.
3-Oppure il pensiero più malizioso: la possibilità che alcune forza anti-governative, abbiano voluto colpire il partito più debole, meno radicato e quindi maggiormente vulnerabile.

Rey Brembilla

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