Quando i riformisti erano denunciati: il dramma di Randolfo Pacciardi

Un eroe della resistenza anti-fascista che teorizzò il presidenzialismo e fu per questo denunciato

Un eroe della resistenza anti-fascista che teorizzò il presidenzialismo e fu per questo denunciato

Oggi l’idea di presidenzialismo è alla portata d’ogni forza politica: una proposta che tanti accettano, magari attenuata in un semi-presidenzialismo.
Fino a pochi decenni fa, auspicare il presidenzialismo voleva dire apologia del fascismo.

Randolfo Pacciardi è ormai dimenticato dai media e dai giornalisti, nonostante sia stato un eroico partigiano: è il destino di chi ha avuto il coraggio di andare controcorrente.
Toscano, egli fu oppositore di Mussolini fin dagli albori (evitò la cattura attraverso una rocambolesca fuga dai tetti): fu un eroe della guerra in Spagna del 1936, combattendo tenacemente contro la futura dittatura di Francisco Franco; la fama di soldato arrivò fino agli Stati Uniti, dove fu spesso invitato a narrare le sue gesta.
Fu il maggior esponente del Partito Repubblicano Italiano ed era autenticamente repubblicano in ogni azione e parola che diceva. Partecipò come ministro ai primi governi di De Gasperi.

E’ essenziale specificare il senso di libertà di Pacciardi per rendere grottesco il confronto con le accuse di fascismo a lui rivolte in seguito.

I problemi di Pacciardi cominciarono, quando si sciolse il “ Partito d’azione” ed alcuni suoi esponenti, La Malfa e Reale, confluirono nel “P.r.i.”
I nuovi arrivati espressero un ideal progressista, vicino al Partito Socialista, che gradualmente relegò all’opposizione il vecchio leone repubblicano (che al contrario era opposto ad una certa sinistra).
Il voto contrario al governo d’Aldo Moro del 1963 (il primo di centro-sinistra organico), ne decretò l’immediata espulsione.

Da questo momento Randolfo Pacciardi acquistò una posizione originale e di conseguenza fuori del coro: affascinato dal presidenzialismo di Charles De Gaulle e interessato ad un sistema elettorale maggioritario secco, fondò “L’unione democratica per la nuova repubblica”(movimento supportato dal giornale “La folla”).
Un movimento che ereditava la filosofia laica ma che ideologicamente appariva opposto alla sinistra, al punto che il Pacciardi, eroe della libertà, fu identificato paradossalmente come un “ conservatore/fascista”
Le elezioni politiche del 1968 rappresentarono una debacle per il neonato movimento: Pacciardi ottenne appena 63.402 voti e non fu nemmeno eletto.

Non aiutò la dichiarata militanza massone dell’ex leader repubblicano.
Nefasta fu la vicinanza di “ Primula Goliardica” (un’organizzazione studentesca d’estrema destra) e l’ammissione nelle liste del partito di figure legate al neofascismo (Dantini e Aliotti).
Addirittura nel 1974 Pacciardi fu accusato di aver partecipato ad un “ golpe bianco”, organizzato da Edoardo Sogno (un altro partigiano di stampo liberale): il golpe in realtà consisteva in una richiesta al Presidente Leone, di riformare l’Italia in senso presidenziale (con Pacciardi come Presidente della Repubblica).

Nel 1979 Pacciardi fu totalmente scagionato da quest’accusa: che per altro, di là di un’inquietante vicinanza all’esercito, semplicemente proponeva una repubblica di stampo presidenziale.

Ormai avvertendo la sconfitta del suo ideale, Pacciardi chiese di rientrare nel Pri e riuscì a farlo nel 1981.
Morì in silenzio, nel 1991.

Dovette ammettere la propria sconfitta e, umiliato dalle accuse più infamanti, ritornare mestamente all’ovile.
Se fosse sopravvissuto ancora qualche anno, avrebbe assistito alla “Seconda Repubblica”: avrebbe visto il suo “presidenzialismo” sdoganarsi e trionfare, tutti presidenzialisti e nessun fascista.

Non importa se nessuno citasse il suo nome, come puntualmente accade, probabilmente Pacciardi avrebbe in ogni modo gioito nel vedere la sua idea apprezzata da tutti.

Antonio Gargiulo

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