Papa Giovanni XXIII volle nascondere al mondo la piaga della pedofilia nel clero?

Papa Giovanni XXIII è stato il 261º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, primate d'Italia e 3º sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Wikipedia

Papa Giovanni XXIII è stato il 261º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, primate d’Italia e 3º sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Wikipedia

Talvolta l’opinione pubblica tende a “catalogare” alcune personalità storiche, accettandone i lati positivi ed escludendo i negativi o viceversa.
In questo caso si parla di Sant’Angelo Roncalli, il Papa Giovanni XXIII o “il Papa buono”, come talvolta è conosciuto: proprio la sua bontà (che lui stesso, in vita, non accettava come definizione) è testimoniata in numerose occasioni (l’enciclica “Pacem in terris” ne è un esempio) ma è spesso orgogliosamente difesa, anche quando le prove sembrano contraddirla.

Si parla molto spesso della pedofilia nell’ambiente cattolico e si indica il Papa Benedetto XVI (al contrario di Papa Roncalli, lui è l’esempio di tutte le negatività) chi tentò di nascondere questa grave piaga: questo perché nel gennaio del 2005, la corte distrettuale di Harris County (Texas) ha imputato Joseph Ratzinger per “ostruzione alla giustizia” (riferendosi al caso dei religiosi pedofili americani), il processo non si è potuto svolgere poiché tuttora il Papa emerito ha l’immunità come capo di stato estero.
Curiosamente però fu lo stesso Ratzinger ad accennare a una vecchia istruzione pontificia, fino allora mai portata alla luce, attraverso la lettera “de delictis gravioribus”, che individuava i mali più grandi della chiesa moderna.
Eccone lo stralcio del testo originale.

« Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare «i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti», per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere «a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche», poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Uffizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici »

Da queste affermazioni, il mondo comprese cosa era la “Crimen sollicitationis”: un’istruzione scritta dal cardinale Ottaviani, approvata da Giovanni XXIII ma mai resa pubblica fino a allora.
Che significato ha questa scrittura ? è semplicemente un regolamento che istruisce come sanzionare quei religiosi che si macchino di pedofilia o violenza sessuale, nello specifico come i confessori lascino “speciali perdoni” agli ingenui peccatori.
Nulla di strano, anzi è un punto in più per Giovanni XXIII: peccato che lo scritto obblighi il segreto assoluto da parte del clero nei confronti dell’opinione pubblica, ossia vale a dire che la sacra chiesa deve restare inviolabile.
Nella prima parte il documento non ha nulla da eccepire:

« A norma costituzioni apostoliche e in particolare della costituzione Sacramentum Poenitentiae di Benedetto XIV del 1º giugno 1741, il penitente deve denunciare all’ordinario del luogo o alla Sacra Congregazione del Sant’Uffizio nello spazio di un mese il sacerdote del delitto di sollecitazione nella confessione; e il confessore deve, sotto obbligazione grave di coscienza, far presente tale dovere al penitente. »

« Colui che avrà commesso qualsiasi crimine di sollecitazione del quale parla il can. 904 sia sospeso dalla celebrazione della Messa e dall’ascolto delle confessioni sacramentali, e secondo la gravità del delitto sia dichiarato inabile a ricevere le stesse, sia privato di tutti i benefici, dignità, voce attiva e passiva, e sia dichiarato inabile a tutto ciò, e nei casi più gravi sia sottoposto a degradazione. »

E’la seconda parte, in cui il segreto è chiaramente prescritto:

« Nello svolgere questi processi si deve avere maggior cura e attenzione che si svolgano con la massima riservatezza e, una volta giunti a sentenza e poste in esecuzione le decisioni del tribunale, su di essi si mantenga perpetuo riserbo. Perciò tutti coloro che a vario titolo entrano a far parte del tribunale o che per il compito che svolgono siano ammessi a venire a conoscenza dei fatti sono strettamente tenuti al più stretto segreto (il cosiddetto” segreto del” Sant’Uffizio”), su ogni cosa appresa e con chiunque, pena la scomunica latae sententiae, per il fatto stesso di aver violato il segreto (senza cioè bisogno di una qualche dichiarazione); tale scomunica è riservata unicamente al sommo pontefice, escludendo dunque anche la Penitenziera Apostolica. [ossia: tale scomunica può essere ritirata solamente dal papa,] »

« Prometto, mi obbligo e giuro che manterrò inviolabilmente il segreto su ogni e qualsiasi notizia, di cui io sia messo al corrente nell’esercizio del mio incarico, escluse solo quelle legittimamente pubblicate al termine e durante il procedimento »

La chiesa ovviamente volle puntualizzare, sostenendo che il segreto era dato solo quando il processo era in atto, ma chiaramente la precisazione fu scritta dopo e non fu certo puntualizzata sulla “Crimen Sollicitanionis”

« …Nonostante una certa cultura del segreto abbia pervaso queste materie nella Chiesa cattolica, non è questo documento [il Crimen sollicitationis] la causa. […]
Gli esperti di diritto canonico ritengono ci siano buone ragioni per mantenere la massima riservatezza nei casi di abusi sessuali. Essa permette ai testimoni di parlare liberamente, ai preti accusati di proteggere il loro buon nome fino a che non sia accertata la colpevolezza e alle vittime che non vogliono pubblicità di farsi avanti. »

Inoltre fu lo stesso cardinale Bertone in un’intervista, a mettere ancora più il dito nella piaga nella vicenda, rammentando come il vescovo non era tenuto a rivelare la pedofilia del sacerdote, seguendo il rigoroso segreto confessionale.

« …Giornalista: A queste nuove Norme, soprattutto da parte laica, è stata fatta una obiezione. Perché un vescovo che viene a conoscenza del comportamento di un proprio sacerdote, delittuoso per la Chiesa ma anche per l’autorità civile, non ne deve informare la magistratura civile?
Bertone: Le Norme di cui stiamo parlando si trovano all’interno di un ordinamento giuridico proprio, che ha un’autonomia garantita, e non solo nei Paesi concordatari. Non escludo che in particolari casi ci possa essere una forma di collaborazione, qualche scambio di informazioni, tra autorità ecclesiastiche e magistratura. Ma, a mio parere, non ha fondamento la pretesa che un vescovo, ad esempio, sia obbligato a rivolgersi alla magistratura civile per denunciare il sacerdote che gli ha confidato di aver commesso il delitto di pedofilia. Naturalmente la società civile ha l’obbligo di difendere i propri cittadini. Ma deve rispettare anche il “segreto professionale” dei sacerdoti, come si rispetta il segreto professionale di ogni categoria, rispetto che non può essere ridotto al sigillo confessionale, che è inviolabile.
Giornalista: Eppure si può pensare che tutto ciò che viene detto al di fuori della confessione non rientri nel “segreto professionale” di un sacerdote…
Bertone: È ovvio che si tratta di due livelli differenti. Ma la questione è stata ben spiegata dal cardinale Ersilio Tonini durante una trasmissione televisiva: se un fedele, un uomo o una donna, non ha più nemmeno la possibilità di confidarsi liberamente, al di fuori della confessione, con un sacerdote per avere dei consigli perché ha paura che questo sacerdote lo possa denunciare; se un sacerdote non può fare lo stesso con il suo vescovo perché ha paura anche lui di essere denunciato… allora vuol dire che non c’è più libertà di coscienza. »

Di là delle polemiche resta che Papa Giovanni XXIII quel documento lo divulgò, facendolo rimanere segreto per troppi anni: forse perché consapevole della gravità dello stesso ? forse per non rischiare di rovinare la sua reputazione di “Papa buono” ?
Qui non si vuole infangare la figura di un grande Papa, un uomo che parlava di pace, di tolleranza e che rivoluzionò la chiesa: qui si tratta di non osservare mai le personalità storiche in modo categorico, ma comprenderne le sfumature.
Benedetto VII creò scandalo, indossando indumenti che non si usavano da molti anni: pochi sanno che fu Giovanni XXIII a usare quei capi per l’ultima volta, pochi sanno che Giovanni XXIII usava la tiara tempestata di pietre preziose (che fu abolita da Paolo VI), pochi sanno che Giovanni XXIII usava il “plurale maiestatis” (che fu abolito da Giovanni Paolo I), pochi sanno che Giovanni XXIII usava la sedia gestatoria (che fu abolita da Giovanni Paolo II).

Fonte wikipedia

Antonio Gargiulo

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