Lo strano caso di Luigi Carlo Farini: un presidente del consiglio che impazzì

Lo strano caso di Luigi Carlo Farini: un presidente del consiglio che impazzì

Lo strano caso di Luigi Carlo Farini: un presidente del consiglio che impazzì

Talvolta gli storici tentano di nascondere le inevitabili ombre di un’epoca dipinta come rosea e trionfale: un caso esemplare fu la pazzia di Luigi Carlo Farini, avvenuta agli albori degli anni dell’Italia unita.

Farini era innanzi tutto un celebre medico, nato il 22 ottobre del 1812 a Russi(Ravenna).
Sin dalla gioventù, gli studi di medicina si associarono ad un grande impegno patriottico: fu temporaneamente espulso dall’università Bologna per aver inneggiato all’Italia libera e s’iscrisse alla “Carboneria” (in seguito alla “Giovine Italia”).
Fu protagonista in positivo nella lotta alle malattie endemiche dell’Italia pre-unitaria (la pellagra, il colera, la rabbia), provocate dalle numerose zone non bonificate: molto spesso riuscì a debellarle attraverso le cure più innovative.
Legato fortemente alla Roma dei Papi, lottò contro l’insalubrità della futura capitale: attraverso un controllo dei rifiuti urbani e l’analisi della potabilità idrica.
La sua fama raggiunge anche Parigi.

Nel frattempo si avvicinò alla politica: nel 1851 divenne per la prima volta ministro ed appoggiò l’invio delle truppe piemontesi in Crimea (importante pedina di Cavour per promuovere l’unità d’Italia).
Il 19 giugno del 1859 approdò a Modena, ove la sua vita ebbe una svolta importante: in seguito alla partenza in esilio del Duca Francesco V, assume il titolo di “regio commissario” (ed infine “dittatore”) della città emiliana, allargandosi fino a Piacenza e Cattolica( il territorio si estendeva fino al confine marchigiano); espulse alcune personalità legate al vecchio regime ed abolì il sistema feudale e la censura.
Il primo gennaio del 1860 gestì i vittoriosi plebisciti all’annessione italiana dei territori emiliani.

E’ in questo periodo emiliano che, il celebre medico prestato alla politica, fu colpito dai primi sintomi di follia: probabilmente l’ebbrezza del potere ebbe effetti nefasti.
Le ricchezze abbandonate dal Duca gli suscitarono indecorosi istinti predatori, degni dei barbari dell’antica Roma.
Furono trafugate 690.000 lire e furono fuse delle preziose argenterie antiche (in parte vendute a Torino ed in parte tenute ad uso privato): Farini inoltre trafugò tutte le chiavi del castello ed entrò nelle numerose stanze, impossessandosi d’ogni oggetto; raccontò alla stampa che il Duca era fuggito, portandosi via ogni cosa (“menato seco tutta l’argenteria e tutti gli oggetti di qualche valore, lasciando vuote financo le cantine”).
Appena ebbe notizia dei successi di Garibaldi nel meridione, non volle essere escluso dalla gloria e seguì il Re Vittorio Emanuele nel trionfale viaggio nelle terre appena conquistate.
Nominato “luogotenente delle province napoletane”, decise, di sua spontanea volontà e senza consultare il governo piemontese, di trattare la questione dei prigionieri di guerra napoletani.
Il Re indispettito lo sostituì.

Il culmine avvenne però quando Luigi Carlo Farini fu nominato presidente del consiglio, l’otto dicembre del 1862: il Re aveva attesa a lungo questa decisione, timoroso del comportamento squilibrato del politico ravennate.
Farini era poco esperto di politica e difatti l’effettivo potere era in mano al ministro delle finanze, Marco Minghetti.
Farini restò al governo sino al 24 marzo 1863: sapendo di una rivolta polacca nei confronti dello Zar Alessandro II, volle attaccare la Russia e minacciò (secondo alcuni con una pistola o un pugnale) Re Vittorio Emanuele II, contrario all’impresa.
Ovviamente il folle fu immediatamente destituito: il fatto fu celato per non allarmare un gruppo finanziario che voleva predisporre un prestito per l’Italia.
Il politico ormai impazzito andò in ogni caso a combattere in Polonia, a seguito dell’ex garibaldino Nino Bixio, ma fu sconfitto.
Al ritorno fu rinchiuso al manicomio di Novalese (Torino) ove morì in miseria e solitudine nel 1866.

Rey Brembilla

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