L’altro Lucio Battisti: il lato diverso del grande artista a sedici anni dalla morte

Lucio Battisti è stato un cantautore, polistrumentista, produttore discografico e compositore italiano

Lucio Battisti è stato un cantautore, polistrumentista, produttore discografico e compositore italiano

“Battisti scopiazza la sua musica” (Riz Ortolani).
«Battisti è un dilettante spaventoso» e «un pallone gonfiato» (Augusto Martelli).
«la sua voce è una lagna, uno strazio». (Aldo Buonocore).

Tre frasi di esperti di musica, che sembrano stridere con la fama del grande artista Lucio Battisti; la realtà è che oggi giorno il grande Lucio è dipinto come un artista universale, amato dalle generazioni per la sua musica: il lato umano ha fatto posto a quello artistico, nazional-popolare.
Questa non è l’unica immagine che Battisti voleva dare al pubblico: l’artista riccioluto era, prima di tutto, un personaggio scomodo, sia musicalmente sia umanamente.

Aveva un indubbio carattere difficile: ombroso, supponente, irascibile e alquanto spigoloso.
Le generazioni scorse ricordano il suo ultimo periodo di vita, dal 1980 fino alla morte, ove lui condusse un’esistenza da recluso, capace di reagire male a ogni tentativo di avvicinamento (celebre è un video su internet, dove lui mostra il dito medio mentre fugge velocemente a bordo della sua automobile): la sua famiglia allontanò malamente i fan dal cimitero e proibì con durezza numerose manifestazioni dedicate al compianto congiunto.
Quegli anni furono però solo l’apice finale di un graduale allontanamento dalla gente, provocata inizialmente dall’enorme fastidio che gli causavano i giornalisti.
Testimonianze varie raccontano di suoi atteggiamenti scontrosi, anche verso i suoi stessi colleghi: ad esempio riguardanti la gelosia eccessiva nei confronti dell’adorata moglie.
Romina Power racconta un episodio nella sua biografia (“autoritratto dalla A alla R”): durante il Festivalbar del 1969 (che li vide entrambi vincitori in due categorie, con “acqua azzurra, acqua chiara” e “acqua di mare”) lui confessò a lei che l’acqua era l’elemento comune, ma di qualità ben diversa.

I primi contrasti con i giornalisti nacquero durante Festival di Sanremo del 1969 (l’unico cui l’artista partecipò) dove il suo look e la sua voce furono sbeffeggiati: definirono la sua figura come impacciata, la voce simile a dei chiodi che stridono in gola e il look selvaggio, simile al barbaro Attila.
In Liguria conobbe la sua fidanzata e futura moglie, Grazia Letizia Veronese, che secondo alcuni lo plagiò: difatti da allora affiorò gradualmente il carattere dell’artista, che infastidito dalla curiosità della stampa, cominciò a reclamare la sua privacy (definendo i giornalisti come “ dannati curiosi”).
Alcune sue frasi furono eloquenti.:

«Noi gente dello spettacolo non riusciamo mai a farci gli affari nostri senza che interveniate voi […] a togliere anche quel minimo di riservatezza della nostra vita privata».
«Lucio Battisti deve essere giudicato per le canzoni che scrive e per le canzoni che canta».

Poco dopo, stufo (a suo dire) di un eccessivo interesse estetico nei suoi confronti, abbandonò i concerti al vivo, motivandosi con questa frase:

« Non faccio tournée né spettacoli perché mi sembra di vendermi, di espormi in vetrina: io voglio che il pubblico compri il disco per le qualità musicali e non per l’eventuale fascino del personaggio. »

Si concesse sempre meno a interviste e fotografie, sino al punto di paragonare la televisione all’olio di ricino e quindi provocare la conseguente rabbia dei giornalisti, che a loro modo passarono al contrattacco.
Dal 1972 furono fatte circolare voci che dipingevano Battisti come fascista, addirittura finanziatore di movimenti di estrema destra: scovando messaggi subliminali nei testi delle canzoni e sulle copertine degli album.
Lucio Battisti in realtà non cantava testi impegnati (a differenza di alcuni suoi colleghi contemporanei) e si dichiarava “anti comunista”: a una domanda di Bruno Lauzi rispose che queste dicerie “alimentano la leggenda”.

La “guerra” divampò quando nacque il figlio Luca e alcuni discutibili giornalisti fecero irruzione nella stanza della moglie per scattare fotografie: la comprensibile e brutale reazione del cantante, non fece che alimentare antipatia.
Le riviste non ebbero pietà: fu accusato di avere una relazione extra coniugale con l’attrice Zeudi Araya; “Novella 2000” disse che aveva paura delle ombre e lo definì tirchio, burbero e apatico; sempre il giornale scandalistico documentò l’affissione di una grossa multa sulla porta di casa sua; addirittura il “pacifico” “Tv Sorrisi Canzoni” testimoniò la presenza della famiglia Battisti in un angusto rifugio pieno di provviste (in realtà si trattava del trasloco in Brianza dell’artista).
Battisti ormai totalmente infastidito rifiutò un’intervista a Enzo Biagi e addirittura una richiesta di concerto per Gianni Agnelli, pronto a offrirgli due miliardi di lire di compenso.

La tensione culmina col clamoroso “divorzio” da Mogol, il celebre paroliere, che Battisti minimizza così:

« Il nostro rapporto è il rapporto di due persone di questo tempo che dopo tanti anni di lavoro assieme […] improvvisamente, per divergenze di interessi, si sono messi ognuno su una sua rotaia, su una sua strada, per cui adesso da quattro o cinque anni a questa parte ci vediamo al massimo un mese all’anno. […] È l’esperienza di due persone che stanno diventando completamente diverse. »

La motivazione principale sembra essere la divergenza sul percorso musicale che ognuno dei due voleva affrontare: più canonico per Mogol e molto sperimentale per Battisti.
La scintilla pare scoppiò per la volontà di Mogol di aumentarsi le quote di diritti d’autore e l’irremovibilità del cantante a compiere tale operazione: una volgare problematica di denaro.
In seguito Mogol attribuì la colpa a Grazia Letizia Veronese del deteriorarsi dei rapporti, anche umani: secondo lui, la donna ostacolava ogni tentativo di pacificazione (Mogol di lei affermò
: «Delle persone io dico bene, oppure taccio. […] In questo caso taccio»).
Da allora in poi Lucio Battisti ruppe definitivamente col mondo dei media.

A prescindere dalla figura umana di Battisti, la “scomodità” e l “originalità” del personaggio si può trovare anche nei suoi testi e arrangiamenti (già presenti durante il sodalizio con Mogol e non solo dopo, com’è comunemente risaputo), notevolmente all’avanguardia o contro tendenza: troppe volte il Battisti odierno è “prigioniero” delle gloriose e famose canzoni (un classico esempio è “ La canzone del sole”).
E’ giusto dividere i meriti di Mogol (paroliere) da quelli di Battisti (compositore e arrangiatore): considerando che entrambi furono un binomio inscindibile per tanti anni.
Dal punto di vista strumentale è giusto ricordare che Battisti si avvalse di giovani musicisti destinati a percorrere strada nella musica progressiva italiana (Gianni dell’Aglio, Franz Di Ciocco, Demetrio Stratos, Flavio Premoli, Franco Mussida, Alberto Radius, ecc.): troppe volte si parla di esponenti i progressivi nostrani (La Premiata Forneria Marconi, la Formula Tre, gli Area, ecc.), senza citare Lucio Battisti, che per primo li scoprì e ne esplorò le capacità musicali.
La presenza di giovani talenti si denota ascoltando pezzi contraddistinti da un sound originale per l’epoca (“il tempo di morire”, ”le tre verità”, ”la canzone della terra”, ecc.) o addirittura da esperimenti d’avanguardia come “umanamente uomo: il sogno” e “il fuoco” (il primo ha una melodia interamente fischiata, mentre il secondo è pura sperimentazione psichedelica).
Battisti inoltre sfornò album molto innovativi come il concept del 1970 ”Amore e non amore”, che include alcuni pezzi strumentali (dai nomi lunghissimi e spesso socialmente impegnati) in cui l’arrangiamento è ad alti livelli, alternati a brani leggeri ma molto originali.
Nel 1974, Battisti osò troppo, sfornando l’album “Anima latina”: un prodotto dal difficile ascolto perché zeppo di percussioni, suoni psichedelici e progressivi.
Le canzoni sono al di fuori da ogni metrica e melodia canonica: la parte vocale è abbassata di volume (in modo tale che l’ascoltatore sa spinto a prestare attenzione ai testi ermetici), non esiste un ritornello e spesso i testi sono molto poveri.
L’album pagò la scarsa orecchiabilità delle canzoni e di conseguenza la mancanza di un singolo trainante: fu un grosso insuccesso di critica.

Il ruolo di Mogol è altrettanto geniale: non scrisse testi politici impegnati (come tanti autori amavano fare allora) ma neppure zuccherosi.
Il paroliere sfogò il suo estro attraverso testi disparati, riguardanti anche la vita più spiccia e comune o mai battuta fino allora: “Supermaket”, ”dove arriva quel cespuglio”, “ al cinema”, “una donna per amico”, ecc.
Mogol si divertì a ironizzare sulla figura del maschio conquistatore, in particolare in due brani: “Dio mio no” (dove il protagonista maschilista vive con orrore la sua donna, che fa avance spinte verso di lui) ove accompagnato da una musica trascinante, Battisti simula anche un orgasmo con la voce; “Elena no”, ove l’uomo è costretto a fare il casalingo, totalmente comandato dalla moglie.
Mogol osò toccare (nell’Italia degli anni ’70) il tema della morte: in “Respirando”, dove è descritto l’attimo della morte in un incidente d’auto e in “No Dottore”, in cui un assassino (che ha appena ucciso la sua ragazza) è talmente in preda alla follia che non se ne capacita (l’interpretazione di Battisti è inquietante).
Talvolta i testi di Mogol sembrano scritti su misura per Battisti, quasi profetizzando la sua esistenza futura: ecco una canzone “ecologica” (“le allettanti promesse”, ove un gruppo di cittadine tenta vanamente di convincere un amante della campagna), un brano sull’ipocrisia e la scarsa comunicabilità (“gente per bene e gente per male”) e un testo profondamente anti consumistico (“è un canto brasileiro”).

Insomma volendo si può scoprire Lucio Battisti “diverso” e sicuramente inadatto alla musica da falò in spiaggia: oggi semi sconosciuto o apprezzato solo dai suoi fan accaniti.
Un Battisti scontroso, caratteriale ma forse anche più umano e capace di distaccarsi dalla figura di autore immortale, giustamente fisso nel firmamento della grande tradizione di musica italiana.

Antonio Gargiulo

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