La Leggenda del cacciatore di vampiri, recensione in anteprima

“La leggenda del cacciatore di vampiri”, nelle sale dal 20 luglio, è distribuito da 20th Century Fox

Tra le poche uscite estive di rilievo spicca “La leggenda del cacciatore di vampiri”, una pellicola che unisce due talenti indiscussi del cinema come Tim Burton (in qualità di produttore) e Timur Bekmambetov (regista), accomunati non solo dalle iniziali dei nomi ma anche da un genio visionario che innestandosi sulla fervida fantasia dello sceneggiatore Seth Grahame-Smith, dà vita ad un ritratto inedito e bizzarro di Abraham Lincoln, presidente degli Stati Uniti di giorno e cacciatore di creature delle tenebre di notte. Dimenticate però i vampiri romantici e sexy di Twilight e True Blood, perché quelli descritti nello script di Grahame-Smith (che è anche autore del romanzo da cui è tratta la pellicola, “Abraham Lincoln: Vampire Hunter”) sono creature mostruose, con denti aguzzi e assetate di sangue, la cui minacciosa essenza si nasconde dietro identità all’apparenza inappuntabili, quali banchieri, farmacisti, operai, proprietari terrieri. A combatterli, una delle figure storiche più amate, che molti considerano il più importante tra i presidenti che gli Stati Uniti abbiano mai avuto.

Tutto ha inizio quando Abraham Lincoln, ancora bambino, perde la madre Nancy colpita da una malattia di origine sconosciuta. In realtà solo il piccolo Abraham sa che la morte di sua madre è stata provocata dal morso di un vampiro, che di giorno si cela sotto le spoglie di tale Jack Barts (Marton Csokas), un proprietario di piantagioni a cui il futuro presidente giura vendetta. Una vendetta che qualche anno più tardi porterà l’ormai adulto Abraham Lincoln (Benjamin Walker) sulla strada di Henry Sturgess (Dominic Cooper), un uomo carismatico e misterioso che si offre di insegnare al ragazzo come dare la caccia e uccidere queste mostruose creature. Il giovane Abraham decide di farlo con l’attrezzo del mestiere di suo padre: un’ascia da taglialegna con una lama in argento. Tuttavia Henry nasconde un segreto che farà vacillare le certezze di Abraham mettendone momentaneamente in discussione la missione di killer di succhia-sangue al servizio dell’umanità. Sulla strada che lo porterà a diventare il sedicesimo Presidente degli Stati Uniti, Lincoln si batte non solo per liberare l’America dalla schiavitù ma anche per ripulire la sua nazione da quest’orda di vampiri capeggiati dal terribile e sanguinario Adam (Rufus Sewell), creatura millenaria che vuole colonizzare l’intero paese. Ma l’impresa è ardua perché questi mostri spietati si nascondono in tutto il paese, ancora diviso tra Nord e Sud, e il prezzo da pagare per portarla a termine potrebbe essere troppo alto.

Trasformare una delle figure più carismatiche e importanti del XIX secolo in un supereroe nazionale dalla doppia vita, è una sfida che poteva riuscire solo ad un folle scrittore come Seth Grahame-Smith già autore di un irriverente mash-up letterario con “Orgoglio e Pregiudizio e zombie” che unisce il classico romanzo di Jane Austen con elementi tipici del genere horror. La stessa filosofia anima anche romanzo e sceneggiatura de “La leggenda del cacciatore di vampiri” dove realtà storica si miscela ad elementi fantasy e horror, rendendo difficile l’identificazione del prodotto. Al di là delle numerose e più o meno fastidiose forzature narrative (si addossa ai vampiri la “colpa” di tanti eventi decisivi della storia americana: dal massacro dei nativi alla schiavitù degli afroamericani, utile a soddisfare la loro sete di sangue, fino alla celebre e cruenta battaglia di Gettysburg vinta dai soldati dell’unione solo grazie ad armi in argento, materiale a cui i vampiri sono allergici), il concept originale è vincente, ma soffre di una sceneggiatura a tratti debole e inconsistente che strizza eccessivamente l’occhio ad una messa in scena che accantona la verosimiglianza storica a favore di spettacolari scene d’azione dai ritmi forsennati, infarcite di improbabili evoluzioni ginniche a sfidare le leggi di gravità ed effetti speciali CGI, tra cui un estremizzato uso dello slow motion nelle scene di combattimento che ricorda “300”, del famoso “bullet time” di matrice Matrixiana, e un 3D quasi inutile. Assolutamente indovinata la scelta degli interpreti. Se la figura di Lincoln è affidata al quasi-esordiente Benjamin Walker (che si è sottoposto a un duro allenamento per perdere 15 chili, in modo da rappresentare al meglio la celebre magrezza del padre della democrazia statunitense), Dominic Cooper conferma il suo versatile talento creativo nel personaggio ambiguo di Henry Sturgess, mentre Rufus Sewell è un convincente e spietato villain. Concludendo, “La leggenda del cacciatore di vampiri” è un film di puro intrattenimento ludico senza troppe pretese di autorialità, adatto alla stagione estiva così carente di scelta.

Enrica Raia

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