Istat, crolla il potere d’acquisto delle famiglie

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Crisi del potere d’acquisto

Secondo i dati dell Fondo Monetario Internazionale, la situazione economica del nostro paese è fra le peggiori d’Europa (dopo di noi solo Slovenia, Cipro e Grecia), e al momento tale condizione non accenna a migliorare. La crisi finanziaria continua a mettere in ginocchio le famiglie italiane, il tutto sullo sfondo di una grande incertezza politica dovuta alle ultime elezioni, che rende la strada per la ripresa economica e non solo, ancora più instabile. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat ci informano del generale andamento negativo del Pil, soprattutto dello scorso anno, che ha generato un crollo del potere d’acquisto delle famiglie consumatrici pari al 4,8%. Nel quarto trimestre si e’ ridotto dello 0,9% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti del quarto trimestre del 2011, con una diminuzione della spesa di oltre 44 miliardi di euro.

 

L’Istat ci dimostra ancora che, conseguentemente al crollo del potere d’acquisto, si assiste anche ad un calo della propensione al risparmio pari all’8,2%, con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. La maggior parte delle famiglie italiane (51%) è costretta a rinunciare ad una grande quantità di beni e servizi per poter arrivare decentemente a fine mese, l’8% dichiara di non possedere un reddito sufficiente neanche per le spese indispensabili, solo l’1% riesce a concedersi dei piccoli lussi, il restante 40% può felicemente affermare di arrivare a fine mese senza particolari restrizioni.

 

Le novità non sono confortanti: dall’inizio della crisi nel 2007 il prodotto interno lordo è crollato di oltre 100 miliardi in termini reali e la produttività del nostro paese si è fermata; non solo, il rischio di ritornare ai livelli di 15 anni fa è sempre più alto. Il forte disagio sociale dovuto alla crisi e all’aumento della disoccupazione, ha indebolito inevitabilmente la domanda interna per investimenti e consumi.

 

A farne le spese ci sono anche le imprese, vittime di una forte pressione fiscale già dalla fine del 2012. Secondo Carlo Sangalli, presidente dell’associazione che raggruppa Cna, Confcommercio, Confesercenti, Casartigiani e Confartigianato “le imprese non ce la fanno più a reggere il peso della crisi, non ci stanno più ad essere considerate marginali, soprattutto perché tornare a crescere significa tenere insieme dinamicità dell’export e tonicità della domanda interna, ma significa anche tenere insieme politica industriale e politica per i servizi e l’artigianato”. L’Italia “è immersa nella caduta della domanda interna: i consumi inseguono, e provocano, la discesa del reddito familiare; gli investimenti restano sospesi in attesa che si sciolgano i dubbi sulle prospettive e su entrambi si stringe la morsa della riduzione del credito”.

 

“Nel commercio non si riesce più a fare impresa. Il 2013 si avvia ad essere un anno orribile, ben peggio del 2012″ sottolinea la Confesercenti. Secondo i dati del suo Osservatorio, la perdita di negozi svuota le città: sono ormai 500.000 gli esercizi sfitti in tutta Italia. E anche i pubblici esercizi vivono un momento disastroso: in questi due mesi ne hanno chiuso più di 9.500 tra bar, ristoranti e simili, per un saldo finale negativo di 6.401 unità”.

 Anna Panarella

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