In Kirghizistan, per conoscere (ed evitare) gli show venatori

 

Un' aquila si avventa sul lupo durante lo "spettacolo" venatorio

Un’ aquila si avventa sul lupo durante lo “spettacolo” venatorio

Felice di ritrovarvi qui, amici viaggiatori.
L’estate sta volgendo al termine ma non per questo noi ci priviamo dell’adrenalina di preparare il nostro trolley, settimanalmente.
Questa volta vi porto in Kirghizistan, in Asia Centrale.
Spero che il luogo non vi deluda come, invece, è probabile che faccia la tradizione di cui sto per parlarvi.

Dirigiamoci a Biskek, capitale di questa Repubblica. Dicono che non sia male.
Intanto vi racconto..
L’evento che va tristemente in scena in questa zona riguarda gli animali, precisamente lupo, aquile, fagiani e cani. Quando la caccia diventa uno spettacolo, insomma. Macabro ed ingiusto.
La barbara tradizione trova la sua origine nelle culture tribali, quando veniva praticato il nomadismo. Il lupo, e la paura per le greggi, era solitamente esorcizzato mettendo l’animale a “nudo”,  al centro della piazza. Indifeso ed impotente, era così trasformato in un oggetto da ridere. Da predatore a preda.
Ed una cosa simbolicamente uguale (e direi anche più cruda) accade annualmente i primi giorni di maggio nella città rurale di Cholpon-Ata. Potremmo definirlo un festival della cultura bucolica, ovviamente in tema di caccia. Il lupo rappresenta l’apice di una serie di manifestazioni, purtroppo tutte a sfondo venatorio.
Ma cosa succede, in pratica?
Ve lo dico, ma continuiamo a passeggiare per Biskek. Così, tanto per alleggerire la cosa.
Un lupo (grosso ma anche no), catturato tramite una trappola, viene bloccato e posizionato al centro di uno spazio polveroso, ovviamente con una stretta museruola. Tanto per rendere il “gioco” ancor più meschino.
Lo sventurato animale non può saperlo, ma di fatto si ritrova al centro di quella che è a tutti gli effetti un’ arena. Ed il suo “show” viene anticipato da altre svariate esibizioni venatorie (ovvero, di caccia). Si possono vedere aquile reali incappucciate che, al momento opportuno, vengono sganciate dal manicotto di cuoio che li priva della vista, per essere lanciate su un povero fagiano che non merita certo un simile trattamento. Una sfida impari, se pensiamo alla goffaggine del fagiano contro anche solo gli artigli di un’ aquila reale. Gli spettacoli di caccia vanno così avanti per ore, finchè l’esibizione finale è dedicato al lupo attaccato dalle aquile ed infine dai cani. Sì, anche questi ultimi dovranno aggredire il povero lupo, ormai stressato dal terrore.

Dopo qualche tentativo e con l’ausilio di un lungo attrezzo, al lupo viene tolta la museruola. Ma resta legato al pavimento dell’ arena tramite una catena neppure tanto estesa. Da quel momento l’inerme animale può solo subire una lunga agonia che anticipa  quella che sarà per lui una morte liberatoria. Con la coda tra le zampe tremanti, viene a questo punto circondato dai cani. Non di numero elevato, in genere si tratta di due animali. Ma diciamo che dipende dal proprietario che partecipa al gioco.
E’ in questo modo che comincia la tortura.
Il lupo comincia ad essere aggredito, soprattutto alle zampe posteriori. Ed appena prova a difendersi, provando a mordere uno dei cani (come avviene anche per le aquile, eh) il cacciatore interviene subito per separarli. Ciò che colpisce in tutto questo, non è tanto la violenza fisica (che purtroppo non manca), quanto il messaggio che sembra trasparire da tale manifestazione. Il lupo appare totalmente soggiogato alla volontà dell’uomo. Che, a lupo legato ed indebolito, si sente forte e padrone di una vita solitamente selvaggia ed indomabile. E pericolosa, soprattutto.
L’uomo che, in questa circostanza, rende la bestiola indifesa e privata di ogni dignità. Un fantoccio da lasciare al pubblico lubridio. Ed in questo schifo morale, i cacciatori ridono, schiamazzano ed incitano i cani. Il lupo, dal canto suo, tenta di difendersi come può mostrando i denti. Finita la “festa“, viene in qualche maniera imbrigliato e trascinato via con una macchina. Finalmente, direi.

Ve l’avevo detto che sarebbe stato un argomento poco piacevole e, se vi può aiutare a non odiare questa terra per l’ evento discusso (legalissimo, per altro!), sappiate che in Italia c’è qualcosa di simile: in provincia di Brescia, nota per le sue tradizioni venatorie ma anche per il bracconaggio ai danni dei piccoli uccelli, esiste un luogo dove è stata esposta una “Madonna del buon bracconiere”. Ed ogni anno viene festeggiata, ricorrendo ad una gara di spiedi (in cui sugli spiedi vi sono uccelli arrostiti..). Il tutto in un posto dove vi è un roccolo più volte segnalato dal Corpo Forestale dello Stato, a dirla tutta. Ma qui andiamo a toccare un’altra pseudo-tradizione e non è il caso di caricarvi di altre “belle” usanze inventate dalle bestie. E con “bestie” mi riferisco all’uomo, ovviamente.
Non entro nel merito dell’ argomento caccia, non è il caso.
Ma un tal Gandhi ci diceva che la grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
Diamo un ultimo sguardo a Biskek e torniamo a casa, va’.

La Redazione

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