IL MODERNISMO SIMBOLICO DI MICHAIL BULGAKOV

“Completamente nuda, coi capelli arruffati sparsi al

vento, volava a cavallo di un grosso maiale che stringeva

una cartella tra gli zoccoli anteriori e con i posteriori

trebbiava forsennatamente l’aria. Il pince-nez, cadutogli

dal naso, volava al fianco del maiale attaccato alla

catenella, e di tanto in tanto baluginava alla luna,

spegnendosi poi, mentre il cappello continuava a scivolare sugli occhi del maiale. Guardando meglio Margherita

riconobbe nel maiale Nikolaj Ivanovic͟ Cap. XXI

Eugenio Montale si rivolse al romanzo ͞Il Maestro e

Margherita͟ di Michail Bulgakov come ͞un miracolo che

ognuno deve salutare con commozione͟, infatti questo è

considerato uno dei capolavori del romanzo modernista europeo. Scritto tra la fine degli anni

venti e la fine degli anni trenta (si suppone abbia avuto una gestazione lunga dodici anni, dal

1928 al 1940, durante i quali ci furono perlomeno tre stesure dell’opera), venne pubblicato

per la prima volta, con alcune parti censurate, nel 1966, mentre la versione integrale venne

pubblicata agli inizi degli anni settanta. Fu subito amato, divenendo in tempi brevissimi un

cult. Il periodo storico di ambientazione del romanzo è la Mosca degli anni trenta soffocata

dalla dittatura di Stalin. In una lettera del 1930 indirizzata al governo russo, lo scrittore palesa

il proprio scetticismo, si considera ͞condannato al silenzio͟, chiede al governo sovietico di

lasciarlo partire (autorizzazione mai concessa), visto che le sue opere sarebbero state

inevitabilmente condannate alla distruzione. E’ con questo stato d’animo che lo scrittore

inizia la stesura de ͞Il Maestro e Margherita͟, romanzo tanto complesso quanto originale nello stile e nella struttura narrativa. Al registro allegro-grottesco che anima le imprese del gatto

Behemot e del maggiordomo Korov’ev (chiamato anche Fagotto), si alternano altri due registri più seri: il tema del Maestro/artista soffocato nella sua libertà espressiva e il suo successivo

riscatto, e il tema della viltà, della sottomissione al potere, rappresentata nella seconda linea

narrativa del romanzo e incarnata nella figura di Ponzio Pilato (trasposizione del letterato

russo incapace di ribellarsi alla dittatura) nell’atto di conduzione del processo di Yehosua Ha-

Nozri (Gesù).

Nel romanzo è evidente una traccia autobiografica di Bulgakov, in quanto egli stesso, al pari

del Maestro, nel 1928 circa, diede fuoco alla prima stesura del romanzo, così come avviene

nel racconto da parte del Maestro ͞Estrassi dal cassetto del tavolo i pesanti manoscritti del romanzo e i quaderni di appunti e cominciai a bruciarli. Era tremendamente difficile, perché la

carta scritta brucia mal volentieri͟ Cap.XIII L’apparizione del protagonista).

Il romanzo si presenta quindi sia come critica all’apparato statale, che nega il libero percorso

intellettuale dell’artista, che come critica verso la società sovietica, intimamente corrotta,

come lo stesso Woland/Satana afferma: ͞…sono uomini come tutti gli altri. Amano il denaro,

ma è sempre stato così. L’umanità ama il denaro, di qualunque cosa sia fatto, di pelle, di carta, di bronzo o d’oro. Sì sono superficiali che farci, e la misericordia talvolta bussa ai loro cuori,

gente comune, in generale ricorda quella di prima…͟ Cap. XII La magia nera e il suo

smascheramento

Al pari di altri capolavori modernisti, nel romanzo ͞Il Maestro e Margherita͟ ricorre più volte il

tema della psicanalisi, in quanto ormai gli intellettuali e i letterati avevano avuto modo di

leggere gli scritti di Freud relativi all’attività onirica, alle ossessioni dell’uomo moderno e all’

ipnosi, come ad esempio: ͞..Adesso era chiaro che Woland si era introdotto nel varietà,

spacciandosi per artista, dopo aver ipnotizzato Stepa Lichodeev…͟e ͞…Ma l’inquirente era

certo che Berlioz si fosse gettato sotto il tram (o vi fosse caduto) per effetto di ipnosi͟ Cap.

XXVII. La stessa attività onirica del poeta Ivanovic e di Margherita ci fa talora pensare che il

libro scritto dal Maestro su Pilato sia il frutto di un’allucinazione.

Per quanto riguarda la struttura narrativa, la particolarità di questo capolavoro e che si

presenta come un ͞romanzo nel romanzo͟, è un racconto dove il narratore mette in atto un

gioco raffinato, generando una diegesi che si sviluppa su più livelli narrativi che si

interpretano a vicenda , dove le porzioni testuali del racconto secondo, che narrano delle

angosce, dei travagli interiori di Ponzio Pilato, conferiscono senso al racconto primo,

ambientato, come già si è detto, nella Mosca degli anni trenta.

Molti sono i personaggi che compaiono nel romanzo ed ognuno di loro ha una specifica carica

simbolica, in quanto ognuno riflette un determinato spaccato della società sovietica dell’

epoca, tanto da sembrare talora reali, pur avendo, alcuni di loro tratti palesemente fantastici.

Per citare R. Barthes, si potrebbe dire che questo racconto si configura più come un racconto

dello scrivibile, piuttosto che del leggibile e che, all’interno di esso, siano già presenti alcune

delle caratteristiche della narrativa contemporanea, quella che, sempre secondo Barthes, dà

modo leggendo un racconto non solo di passare da una parola all’altra, ma anche di passare

da un livello all’altro.

Tornando ai personaggi, un personaggio cha ha profonda valenza nel romanzo, è quello di

Margherita.la: donna viene introdotta nella diegesi e descritta quasi a metà del romanzo (Cap. XIII) direttamente dal Maestro (anche lui compare per la prima volta in quel capitolo), a

differenza degli altri personaggi che sono presentati, anche in maniera dettagliata, dal

narratore.

La figura di Margherita ci rimanda a quella figura di eroina salvifica presente nella letteratura

russa ottocentesca o alla ͞donna angelo͟ del dolce stil novo, ella infatti, al pari dell’eroina di ͞

Delitto e Castigo͟ di Dostoevskij, si sacrifica per amore, per salvare il suo amato e Margherita,

per questo, rinuncia alla sua vita in cambio dell’unione eterna con il Maestro nel regno delle

ombre. Il Cap. XIII inizia con una esortazione del narratore, che pertanto si mostra al lettore: ͞

Seguimi lettore! Chi ti ha detto che al mondo non esiste un amore autentico, fedele, eterno?

Sia mozzata la perfida lingua del mentitore! Segui me, mio lettore, e solo me: ti mostrerò un

tale amore!͟ A Margherita, donna sposata , trentenne, bella e intelligente, non mancava nulla, neppure il denaro. ͞…Insomma era felice? Mai neppure un istante!͟.

A lei mancava qualcosa e questo qualcosa era il suo amato, che lei chiamerà Maestro e per lui diverrà un angelo demoniaco pronta ad uccidere per salvarlo.

͞Lei si alzò e disse: – Dio, come sei malato. Perché, perché? Ma io ti salverò, io ti salverò͟ (Cap.

XIII) e ancora: ͞…So a cosa vado incontro. Ma vado incontro a tutto per lui, perché non ho più

speranza al mondo. Ma voglio dirle che se mi rovinerà, dovrà vergognarsene! Sì

vergognarsene! Perirò per amore!͟ (Cap. XIX).

Una particolarità del romanzo è rappresentata dal citazionismo e da rimandi ad altri testi

letterari, quasi una forma di intertestualità ante litteram. Infatti Woland/Satana appare al

lettore come un parente stretto del Faust di Goethe, quest’ultimo più volte citato nel testo.

Woland al Maestro: ͞…Possibile che non voglia come Faust, sedere sopra una storta nella

speranza di riuscire a plasmare un nuovo homunculus?…͟ (Cap. XXXII) oppure ͞Dostoevskij è

morto͟ ͞Protesto! – esclamò indignato Behemot –Dostoevskij è immortale!͟ (Cap. XXVIII).

Ulteriori rimandi sono al Don Chisciotte di

Cervantes e a Il Giardino dei Ciliegi di Checov.

Il romanzo Il Maestro e Margherita si è prestato più

volte alla traduzione filmica e la versione più nota,

per lo meno in Italia è quella del 1972 diretta dal

serbo Petrovic, dove Ugo Tognazzi interpreta il

ruolo del Maestro. Nella pellicola i cronotopi sono

scarsamente aderenti all’opera letteraria, infatti la

narrazione filmica è principalmente concentrata

sulla storia del Maestro, storia che rispetto al

romanzo assume per quella porzione testuale una

velocità molto rallentata, la narrazione filmica resa

in modo più articolato e dettagliato, forse troppo.

E’ ipotizzabile che questo sia stato espressamente

voluto da Petrovic, per sottolineare il fatto che anche lui, al pari del Maestro e dello stesso Bulgakov è stato ostacolato nell’espressione della

propria arte, considerata sovversiva nei confronti dell’apparato comunista jugoslavo, tanto

che questo risulta il vero leitmotiv del film. Per il resto il film è carente di intere porzioni

testuali, la storia è modificata e così è stata modificata la struttura narrativa, ovvero il film non ha dato spazio alle ampie digressioni temporali che caratterizzano il romanzo. La storia di

Ponzio Pilato anziché essere narrata da Woland è messa in scena e male, sotto forma di prove

teatrali. Il plot filmico procede per ordine cronologico. Tra le porzioni di testo ͞dimenticate͟

nel film c’è ͞Il volo͟ e ͞Il gran ballo di Satana͟ che, a mio avviso, avrebbero reso il film meno

noioso e molto più stupefacente, nel contempo senza marchiare strettamente il film al

genere fantastico. Quindi una traduzione intersemiotica che dirotta lo spettatore verso tutt’

altra storia.

Unica nota felice: la colonna sonora di Ennio Morricone (compositore da tempo prestato al

cinema) che accompagna le scene, musica chiaramente extradiegetica che va a simulare in un’

opera filmica la voce di un narratore extradiegetico in un’opera letteraria.

PATRIZIA DIOMAIUTO

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