I PRETI NON SONO TUTTI UGUALI

I PRETI NON SONO TUTTI UGUALI

Stabiliamo un principio: i preti sono esseri umani, quindi sono soggetti alle debolezze intrinseche dell’umana natura.

Tanto tempo addietro, i preti erano riconoscibili; quando incontravi uno di questi per strada, la prima cosa che notavi era il vestito, una tonaca lunga e nera, con un colletto bianco al collo (che si chiama pazienza) e di solito portavano anche una bella croce appesa al collo.

Oggi, incontri una persona per strada, vestita in borghese come tutti gli altri, scoprendo poi solo in seguito che si trattava di un prete, da ciò si può capire quanto sono cambiate le cose.

Io non ho mai visto un Papa in borghese!

Perché rendersi irriconoscibili? Portare la tonaca, come una volta, è segno importante, identificativo di quello che si è, della scelta che si è fatta.

Questo rilassamento di costume, nel caso specifico, denota anche un rilassamento culturale, cosa che si nota in determinate circostanze.

Ci sono preti che nelle omelie non fanno altro che chiedere denaro attraverso le offerte, che non conoscono la nostra lingua, dove i congiuntivi sono una cosa sconosciuta, sono logorroici e non hanno niente di carismatico.

Apprezzo molto i preti che vanno in missione in posti pericolosi a portare la parola di Dio.

Non apprezzo vedere preti nei bar a strafogare dolci, con le briciole che si fermano sulle pance prominenti e strapiene: grasse!

Una volta c’erano gli oratori, dove i ragazzi potevano giocare e anche ricevere un insegnamento cristiano; oggi vediamo i nostri ragazzi buttati nei bar o per strada a fare casino.

Il prete deve avere chiari i punti fondamentali della sua identità presbiteriale, cosa che in molti casi sta perdendo, deve essere un riferimento, mentre oggi appare sempre meno parroco e sempre più professionista.

“La doppia vita è una brutta malattia nella Chiesa”.

I Sacerdoti, ricorda ancora il pontefice, “sono stati eletti da Cristo non per fare carriera ma per svolgere il loro servizio”. A tal proposito, Francesco esorta a “predicare in modo semplice“, a “non essere intellettuali ma parlare al cuore”. Perché “le parole, senza l’esempio di vita, non servono”.

È l’ammonimento di Papa Francesco.

E ha aggiunto che “un presbitero che ha studiato forse tanta teologia e ha fatto una, due, tre lauree ma non ha imparato a portare la croce di Cristo non serve: sarà – ha spiegato Papa Francesco un buon accademico, un buon professore, ma non un sacerdote”.

Il prete deve essere misericordioso, di non essere ipocrita; deve toccare con mano le sofferenze dei malati, essere, può sembrare paradossale, un vero cristiano.

PATRIZIA DIOMAIUTO

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