Her, la recensione

Localndina di "Her", ultima pellicola di Spike Jonze.

Localndina di “Her”, ultima pellicola di Spike Jonze.

Il cinema ha da sempre provato a raccontare con i linguaggi più diversi l’amore, i sentimenti e le relazioni umane e proprio quando sembrava che sull’argomento si fossero esauriti tutti i temi ecco che arriva l’ultimo film di Spike Jonze, “Her”. Dopo “Essere John Malkovich”, “Il ladro di orchidee” e “Nel paese delle creature selvagge”, c’era una grande attesa per l’ultima fatica di Jonze, accolta un po’ dappertutto con caloroso entusiasmo.

Nella sua ultima pellicola il regista statunitense parla della delicatezza dei sentimenti e della fragilità delle relazioni umane, trasportandoci in un futuro non molto lontano dal nostro in cui l’uomo e la tecnologia vivranno in simbiosi e non potranno fare a meno l’uno dell’altro. In questo futuro non ben definito, ma che è molto simile al nostro, si dirama la storia di Theodore Twombly (Joaquin Phoenix), un uomo solitario e nostalgico, un tempo sposato e innamorato e che adesso deve fare i conti con un rapporto d’amore finito e un divorzio. Theodore è uno scrittore, ma non uno qualsiasi; egli scrive lettere d’amore per altre persone. In un mondo in cui gli uomini non riescono quasi più a comunicare tra loro esistono siti internet che si occupano di trovare le parole giuste da dedicare al proprio amato, al proprio figlio o genitore. Theodore viene pagato per fare questo, ma la sua vita ordinaria e solitaria cambia quando acquista un sistema operativo di ultima generazione, in grado di comunicare e relazionarsi con gli umani. Samantha, questo è il nome del  OS, sensuale voce femminile, arguta e divertente, che  a poco a poco si insinua nella vita di Theodore, spingendolo a scavarsi dentro, mettersi a nudo e scoprirsi innamorato come non era mai accaduto prima.

E tra Theodore e Samantha nasce una tenera e delicata storia d’amore, destinata a non avere futuro. Samantha, difatti, sebbene sia affamata di nuove esperienze, divertente e piena di sorprese è solo una voce tecnologica senza corpo. Eppure il sistema operativo prova dei sentimenti come qualsiasi essere umano. Grazie al OS Theodore apprenderà una lezione fondamentale sull’amore, sulla fragilità delle relazioni umane e su come le nostre scelte possano avere una grande influenza sugli altri, facendoli soffrire.

Il fulcro di tutta la vicenda è l’amore, sentimento dolce e amaro allo stesso tempo, che ci fa sognare ma anche sprofondare nell’abisso della nostra anima, costringendoci a prendere per mano le nostre solitudini e capire che forse nulla è più complesso del relazionarsi ad altre persone, o del provare a comprendere gli altri ed essere compresi. Oggi, inoltre, la tecnologia ha cambiato profondamente il nostro modo di comunicare e relazionarci agli altri, modificandoci socialmente e culturalmente, tant’è che è impossibile pensare di poterne fare a meno. In un contesto del genere è diventato molto più semplice comunicare a distanza anziché rapportarsi fisicamente a qualcuno, senza contare le numerose storie d’amore che nascono su internet. Ma tutto questo comunicare a distanza non aiuta a farci sentire più vicini e più umani, ma solo ad aumentare il divario che ci separa dalle altre solitudini.

E questa danza di solitudini e sentimenti profondi che si incontrano, si scontrano e poi si lasciano per intraprendere nuovi cammini è stata sapientemente raccontare da Jonze in una pellicola semplice e ugualmente complessa, tanto che risulta difficile provare ad incasellarla in un genere preciso. Un’opera profonda, intimista, divertente, che affronta il tema dell’amore e dei sentimenti in maniera delicata e introspettiva senza cadere nel melodrammatico o nei soliti cliché.

“Her”  è una pellicola intensa, non solo perché prova a raccontare di sentimenti in un modo del tutto nuovo al linguaggio cinematografico, ma anche perché ci fa sentire parte di essa, attraverso l’emotività palpabile di un protagonista sui generis eppure individuabile nell’intimo di ognuno di noi. L’intera pellicola ruota intorno all’interpretazione di Joaquin Phoenix, sorprendentemente bravo nel caratterizzare un personaggio delicato e poetico, in grado di evidenziarne le diverse sfaccettature. A questa straordinaria prova interpretativa si aggiunge quella di Scarlett Johansson (la voce di Samantha)  che, sebbene non appaia mai fisicamente sullo schermo, riesce ad essere ugualmente presente con la sua voce calda e suadente, facendo innamorare non solo Theodore, ma anche lo spettatore. Non sono da meno la regia e la fotografia, in grado di raccontarci (anche grazie alla musica e alla scelta dei setting) una storia potente ed evocativa, capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore.

Maria Scotto di Ciccariello    

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