Berlusconi e l’arte del non governo!

Mi rendo conto che è sempre più difficile fare ordine nel dormiente e quasi rassegnato flusso sinaptico che percorre la mia mente disegnando ghirigori caotici e spesso senza senso che in fondo non sono altro che la risultante di infiniti e piccoli vettori che galleggiano nella mente cosi come ormai da tempo si esprime  la società italiana attraverso la politica e gli uomini che la rappresentano.
In fondo Di Pietro, D’Alema, Bersani, Vendola, Fini, Casini, Bossi sono come i colori economici di una tavolozza di cartone su cui un pittore senza scuola (Il Cavaliere) si diverte a rappresentare quello che resta dell’Italia.
Il politico oggi è preoccupato unicamente di conservare la propria vita. Ciascun tende per natura ad agire in modo egoistico, pretendendo di avere diritto a tutto e comportandosi come un lupo nei confronti dei suoi simili. La condizione generale iniziale dell’umanità è quella di una guerra di tutti contro tutti.
Essa spinge a trovare un accordo con gli altri e fissare le condizioni per rinunciare al diritto naturale verso il tutto. Da questo è scaturito lo stato civile, che non è dettato da un fine morale, ma da uno eminentemente utilitario.
Per Berlusconi, i poteri non sono in realtà divisi, perché chi comanda è colui che detiene il potere, potere che  non  può essere realmente divisibile.
La democrazia oggi viene percepita come meccanismo di procedure, istituzionalizzazione delle mediazioni,  e non può più funzionare o almeno non appare più come un sistema credibile di garanzia e tutela del singolo, dotato di anticorpi per difendere se non addirittura migliorare la qualità della vita.
Probabilmente occorre ridefinire il concetto di politica intesa come praxis, come attività nella quale i rapporti fra gli uomini siano fondati sulla giustizia effettiva e l’uguaglianza reale, che però deve passare attraverso una ridefinizione dei suoi termini, dei suoi campi e delle sue sfere.

Anche prima del 14 dicembre, lo “scontro” non è più tra partiti, bensì tra elementi che ne fanno parte. Si è, così, verificato un depauperamento della classe politica italiana con ridotte capacità d’intervento là dove ce ne sarebbe tanto bisogno. A nostro avviso, sono venuti meno gli approfondimenti che abbiamo, da sempre, ritenuti necessari per ribaltare i problemi, che non mancano mai, anche sul fronte economico/sociale della politica. Da anni, ormai, il confronto tra le parti prende spunto da aspetti marginali che sono abilmente finalizzati per evitare d’affrontare il reale problema. Spesso, troppo spesso, il personalismo ha la meglio sul lavoro di squadra con effetti devastanti o, in ogni caso, inconcludenti.
La dignità umana, la maturità storica esigono l’elaborazioni di nuovi istituti nella democrazia sociale, nella democrazia politica, superando gli inadeguati strumenti del passato, con arditezza, coraggio, e fiducia negli uomini.
La politica dei giorni nostri è spenta, senz’anima, priva di generosità e di quegli slanci ideali, che la contraddistinsero in passato.
Governare è una tecnica, non essere governati è un’arte, e lo scopritore di questa arte è il Cavaliere di Arcore che ha fatto della spoliticizzazione il metodo più raffinato che ci sia per ridurre la partecipazione, eliminare le differenze e pervenire al controllo mentale dei governati.

Branca Vincenzo

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